European Professional League, sogno o realtà?

In attesa, un giorno, di un'unica lega con i migliori 8 club, è necessario un ripensamento dell'attuale formula. Ma anche delle logiche legate alla massima competizione continentale che sposino le teorie del marketing e dello spettacolo

Ottobre 2008. La CEB, la Confederazione Europea di Baseball, annuncia in una newsletter che a conclusione degli Europei del 2010 in Germania avrà inizio la prima European Professional League in cui le migliori 8 squadre europee si sfideranno tra di loro. La notizia fa presto il giro del continente innescando anche alcune polemiche ai vertici delle organizzazioni europee del baseball: qualcuno sa, qualcuno non sa, qualcuno fa finta di nulla.
Giugno 2011. Sono trascorsi quasi tre anni, ma di quella European Professional League nessuna traccia. O meglio qualcosa c'è e si sta muovendo, nonostante i tempi della politica spesso non coincidano con quelli del business e, tanto meno, dei tifosi.
Ma andiamo con ordine. Durante la conferenza stampa conclusiva del Campionato Europeo dell'estate scorsa a Stoccarda, l'ex-manager dell'Olanda Stoeckel affermò che "è auspicabile la nascita di una lega professionistica europea per club: il tempo è giunto, i giocatori ci sono così come le strutture. Occorre solo che qualcuno investa". L'affermazione faceva ben sperare ad un imminente annuncio da parte della CEB. A poche settimane di distanza (il 3 settembre), anche l'olandese Robert Eenhoorn, in un'intervista esclusiva di Jakub Janda sulle pagine di Mister-Baseball.com, risponde ad una domanda dicendo aver "presentato alla MLB un piano per una lega europea alcuni anni prima e che questo insieme ad altri piani sono ancora in discussione".
Se non che, pochi giorni dopo (è il 17 settembre), sullo stesso sito e sempre a firma Jakub Janda a raffreddare gli animi ci pensa Martin Miller, presidente CEB nonché autore della newsletter di due anni prima, affermando che "la European Professional League rimane uno dei nostri obiettivi principali. Il progetto ha subito un leggero rallentamento a causa dei cambiamenti intervenuti presso la IBAF (Federazione mondiale) e del confronto con la MLB, così la EPL non diverrà realtà prima del 2013". Come per dire che per almeno altri due anni il format prescelto per la massima competizione continentale per club rimarrà lo stesso: due gironi di qualificazione contemporanei prima dell'estate, quindi le Final Four a metà settembre. E resteranno le solite anomalie così care al nostro sport: di forma e di formato.
Forma: la ratio sottostante la selezione delle partecipanti ai due gironi della European Cup. In tutti gli sport (anche l'hockey su prato) viene utilizzato un criterio oggettivo: il ranking europeo (o mondiale) delle squadre nazionali. Ciò significa: 3 squadre per le nazioni più forti, 2 per le immediate inseguitrici e così via. Senza nulla togliere al grande merito di San Marino, qualcuno potrebbe spiegarci perché una formazione della Repubblica del Titano sia di diritto rappresentata nelle European Cup indipendentemente dalla propria posizione nella classifica finale del campionato?
Formato: non si capisce perché i gironi di qualificazione alle European Cup, i cosiddetti Qualifier European Cup, si debbano disputare l'anno prima. Non si potrebbe disputarli ad inizio stagione e fare in modo tale che le vincitrici accedano direttamente alle European Cup di maggio/giugno dello stesso anno? Sembra impossibile. Le vincitrici dei 4 gironi di qualificazione dovranno scontrarsi invece, a settembre (fine stagione), con le due formazioni ultime qualificate dalle European Cup di maggio per decidere chi, l'anno dopo, farà parte della cosiddetta "elite" europea per club e chi no. Senza dimenticare che magari una formazione vincitrice ai Qualifier di quest'anno potrebbe avere un roster non all'altezza delle European Cup dell'anno successivo…
In tutti gli sport, a me noti, di solito i gironi di qualificazione anticipano i gironi di semifinale e quindi di finale, seguendo una logica "piramidale". Una motivazione, ma spero non sia così, potrebbe essere collegata ai costi di trasferta. Ad oggi, infatti, le trasferte per un club che disputi le coppe europee sono ipoteticamente al massimo due: qualificazione ed eventuale Final Four oppure qualificazione e play-off/play-out.
Ipotizziamo ora di rendere il tutto più "normale". Ad esempio, utilizzando il criterio del ranking per Nazionale e prevediamo 6 gironi (invece degli attuali 4) da 4 squadre ciascuno di qualificazione per i club di seconda fascia (chiamiamo questa fase "Top 24") a primavera, ad inizio dei rispettivi campionati. Le prime classificate (6 in totale) accederanno a 4 successivi gironi (invece degli attuali 2) a maggio/giugno contenenti anche le 10 società di prima fascia (totale 16, Top 16): ovvero 2 per Italia, Olanda, Germania, Spagna, Francia. In definitiva 4 gironi con 4 squadre ciascuno. Le 4 vincenti andranno alle Final Four di settembre. A conti fatti le trasferte sarebbero 2+1. Solo in caso di accesso alle Final Four, ma grazie alla suddivisione in più gironi, si ridurrebbero le spese di albergo e di trasferta: le città coinvolte sarebbero infatti molte di più (11 invece delle attuali 7) – anche a beneficio della diffusione di questo sport – e, grazie anche alla composizione da sole 4 squadre di ciascun girone, basterebbero due giorni di sfide più uno di recupero (3 totali), invece degli attuali 5. Questo significherebbe anche meno ferie da prendere per i giocatori stessi. Non dimentichiamoci infatti che nella maggioranza dei casi si tratta di studenti e lavoratori.
Alcuni numeri. 11 città coinvolte, 34 club, 680 tra atleti e coach (media 20 per squadra), 60 camere d'albergo occupate per ciascun girone ovvero 780 camere occupate in totale a fine torneo (supponendo che ci sia sempre una formazione padrone di casa e che gli atleti dormano in due per camera), oltre 5.000 tra pasti e cene servite in totale, etc etc… Mi chiedo quindi, se con questi numeri, sia proprio così difficile immaginare il coinvolgimento di sponsor interessati ad una competizione europea espressione del top baseball continentale. Nessuno spera in ingenti somme di denaro, ma mi chiedo se una compagnia aerea low cost (una Easyjet oppure Ryanair per fare un esempio) non possa offrire, in cambio della visibilità del proprio marchio, tariffe scontate (non dico gratis) alle società per le trasferte più lunghe. Oppure se non abbia senso coinvolgere anche una catena alberghiera diffusa in tutto il continente, ad esempio Ibis Hotel, che offra pernottamenti a prezzi interessanti, ovvero uno o più media partner (Eurosport ad esempio), colossi alimentari come Coca-Cola (Gatorade) o Nestlé (acque minerali) e sponsor tecnici come Nike, Adidas, Wilson, etc etc…
Per fare tutto ciò, occorre – non solo che l'economia "giri" – ma anche un po' di umiltà da parte del movimento continentale: affidando queste attività a professionisti specializzati nel marketing e nella comunicazione, come ad esempio società che fanno della ricerca delle sponsorizzazioni sportive il proprio business. Cercano sponsor, gestiscono diritti televisivi, curano il marketing e la vendita del prodotto "sport", ne curano la comunicazione a 360°. Costano? Certo. Ma quanto possono far guadagnare o risparmiare? Esistono anche delle clausole dette di "success fee", in cui il committente paga tutto l'importo della consulenza se l'operazione va a buon fine…
Nessuno spera che il baseball europeo possa eguagliare per notorietà e soldi la Euroleague Basket, la CEV Champions League di pallavolo o la Heinneken Cup di rugby; ma quantomeno la Euro League di pallanuoto (trasmessa in diretta TV nel nostro Paese da Sportitalia, sponsor Arena, Mikasa, Omega) oppure la Euro Hockey (su prato) League (sponsor: Volvo e ABN AMRO) oppure la Champions League di pallamano (sponsor Velux, Sharp, Adidas e trasmessa tramite web-tv in tutto il continente). Questo si, che è lecito però chiederselo.
Chiudo con una citazione. "Non ci sono opportunità di ricavi per le formazioni partecipanti, solo costi e fee di iscrizione. Non c'è abbastanza lavoro di relazioni pubbliche da parte della CEB e c'è solamente copertura televisiva delle Final For, nemmeno garantita.". Questo è quanto ha affermato il picthing coach Martin Brunner per spiegare la scelta da parte dei Buchbinder Legionaere di Ratisbona di non partecipare, anche se titolati per farlo, all'attuale European Cup. Affermazioni che dovrebbero far riflettere tutto il movimento continentale, anche alla luce del fatto che i tedeschi sono un esempio in quanto a organizzazione e comunicazione/marketing degli eventi da loro ospitati. Basti pensare ai recenti Mondiali, agli Europei e alle ultime gare di Coppa Campioni disputate a Solingen ad inizio giugno.

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Nato nel 1980, metà trentino e metà vicentino (ma veronese d'adozione), vive e lavora a Milano dove si occupa della comunicazione nel Sud-Europa per Boston Consulting Group (BCG), la multinazionale della consulenza aziendale. Grande appassionato di tutto ciò che è USA, dallo sport ai "dunkin' donuts", dai grattacieli della East Cost alle spiagge assolate della West. Marco scopre il baseball all´età di 10 anni quando, complice un regalo della madre insegnante, inizia a calpestare lo storico diamante della Polisportiva Praissola sotto la guida del "mitico" Bissa. Gli anni dell´università lo allontanano dalla terra rossa, prima a Feltre e poi a Milano. Ma è con il conseguimento della laurea in Relazioni Pubbliche allo IULM di Milano e il conseguente viaggio-premio a Boston che si ritrova e decide di curare la comunicazione dei Dynos Verona. Due anni favolosi, densi di soddisfazioni e ricordi indimenticabili, impegnato nella promozione del sodalizio scaligero sulla stampa locale e sportiva. Per Baseball.it scrive del "batti e corri" giocato nella sua terra, il Nord-Est, ma non disdegna di "intrufolarsi" anche in questioni a carattere nazionale e internazionale.

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