Puntata 2 del nostro diario dello ‘Spring Training’

In tempo reale dalla ‘Cactus League’ interviste a Rich Aurilia, Kurt Ainsworth e Shawon Dunston

Prima che vi racconti del giorno numero 2, lasciatemi parlare della mia prima serata in Arizona.
Dopo aver lasciato lo stadio mi sono fermata a comprare qualcosa da mangiare. In albergo ero così stanca che mi sono addormentata senza rendermene conto. Così ho deciso di uscire per fare una passeggiata, giusto per svegliarmi. Il tempo era splendido. Si stava benissimo: una serata da maniche corte!
Ho fatto un giretto attorno all’albergo e ho notato una ‘Jacuzzi’ vicina alla piscina. Ho capito subito quale sarebbe stato il mio programma! E’ stato grandioso: immersa nell’acqua calda a guardare il cielo dell’Arizona, che splendeva di stelle.
Dopo questa pausa ho ripreso la camminata. Ho percorso un viale per 800 metri, fino ad un negozio dove ho comprato qualcosa per fare uno spuntino dopo la partita di oggi.
Camminando tra gli alberghi di lusso ho visto qualcosa che mi ha fatto ridere ad alta voce. In mezzo a tutta questa ricchezza c’era un particolarissimo ‘strip mall’ (uno ‘strip mall’ è una serie di piccoli negozi concentrati in pochissimo spazio, n.d.t.). Eccovi la lista dei negozi: un ristorante messicano, un negozio di armi, una palestra, un solarium, due sexy shop con annesso negozio di video, un negozio di strumenti musicali e un posto specializzato nel cambiare assegni. Avete capito: arrivate qui dopo aver incassato l’assegno del vostro stipendio, lo cambiate, mangiate, vi abbronzate, vi mettete in forma ed è il momento per sesso, pistole e rock’n’roll!! Cosa si può chiedere di più? L’Arizona è un posto molto interessante.
Sono tornata verso il mio albergo. Improvvisamente ho visto un veicolo che arrivava dietro di me a tutta velocità, così istintivamente mi sono spostata sulla destra, perché mi sembrava molto grande. Era davvero grande! Era una limousine, ma non una ‘limo’ qualsiasi. Era un ‘Hummer’, e sarà stato un bel 10 metri! Cos’è un ‘Hummer’? L’esercito degli Stati Uniti lo aveva concepito per scopi militari. E’ un veicolo terrestre che può diventare anfibio. Oggi questi mezzi sono in vendita e non è disponibile solo la versione ‘verde militare’, li hanno costruiti in tanti colori diversi! Può essere un veicolo di rappresentanza. Pensate che bello, arrivate al vostro matrimonio scendendo da un ‘Hummer’!

Eccoci al giorno numero 2.
Arrivo allo stadio alle 8. La stampa ha accesso agli spogliatoi a quell’ora al mattino. Entro e incontro amici che non vedevo da anni. Mike Murphy, da 40 anni il responsabile della ‘clubhouse’ dei Giants, mi saluta con un grande ‘Ciao, Claire! Cosa succede?’ mentre espira il fumo del suo sigaro. Tutti i suoi collaboratori fumano il sigaro.
Entro nello spogliatoio, dove i giocatori si stanno cambiando. Molti stanno ancora facendo colazione, seduti ai tavoli sparsi tutti attorno.
Mi avvicino all’interbase dei Giants Rich Aurilia. E’ nato a Brooklyn da una famiglia originaria della Sicilia. Gli chiedo un consiglio per i ragazzi italiani che vogliono iniziare a giocare a baseball: Guardate il maggior numero possibile di partite risponde Rich Il baseball è uno sport difficile e ci vogliono anni per impararlo. Non demoralizzatevi se non siete subito bravi. Dovete avere pazienza. Parlando di giocatori, dovreste essere orgogliosi del fatto di essere italiani. Nelle ‘Major’ ci sono stati grandi campioni di origine italiana, pensate a Joe Di Maggio. Il baseball è una parte fondamentale della cultura italo-americana negli Stati Uniti.
Lascio Rich e mi avvicino a Kurt Ainsworth, un lanciatore che faceva parte della nazionale americana che ha vinto le Olimpiadi di Sydney. Gli chiedo che opinione si è fatto della nazionale italiana: Avevano degli ottimi battitori. L’Italia gioca al livello di una delle migliori squadre di ‘Singolo A’ americane. Peccato che avessero uno staff di lanciatori debole. Ad esempio, non avevano un vero ‘numero 1’, come ad esempio Contreras di Cuba o il nostro Sheets. Ma credo che siano andati bene, considerato che in Italia non si gioca a baseball da molto.
Che effetto fa rappresentare il proprio paese ad un’Olimpiade? E’ fantastico. La nostra squadra era piena di orgoglio per questo. Ci dicevamo continuamente che eravamo obbligati a vincere, dopo tutto il baseball lo abbiamo inventato noi! Comunque, l’Olimpiade è un’esperienza che mi ha cambiato la vita..

E’ il momento della riunione di squadra. Naturalmente la stampa non può stare a sentire quello che i tecnici hanno da dire ai giocatori, così decido di uscire e di sedermi nel ‘dug out’. Mi godo la vista dalla panchina per 20 minuti, poi iniziano ad arrivare i giocatori per il pre partita.
Inizialmente si dividono in 2 gruppi per scaldare il braccio. Osservo in silenzio: il suono è bellissimo!
Poi si dividono in gruppi a seconda dei ruoli; alcuni iniziano a prendere palle a terra, mentre altri provano lo ‘swing’ battendo dal ‘tee’. Poi portano la ‘gabbia’ e uno dei coach inizia a tirare il ‘batting practice’.
Per me, è come guardare un balletto: movimenti fluidi, rotazione di braccia, piedi che si muovono a ritmo…a quello delle canzoni di Jimi Hendrix, per la precisione, che escono dall’altoparlante dello stadio.
Mi giro e vedo che a fianco a me è seduta una leggenda della letteratura sportiva, un uomo che fa parte della ‘Hall of Fame’ sia del baseball che del basket. Che onore!
Sto parlando di Leonard Coppett. Ha iniziato a scrivere di baseball nel 1949 a New York. Ha visto tantissime partite e oggi ama ancora di più questo sport. Dentro di lui c’è la storia del baseball.
Mi si avvicina un giornalista che mi racconta di essere di origine siciliana. Così ci lanciamo in una discussione sulla cucina italiana, che è davvero meravigliosa ma mi fa venire una gran fame. Saliamo in tribuna stampa per il pranzo. Si vede benissimo da qui e c’è anche l’aria condizionata. Per la verità, non sono sicura che da qui si percepisca veramente quello che succede in campo, ma per il momento mi godo il cibo gratis e l’aria condizionata, poi al ‘play ball’ tornerò al mio posto in tribuna.
L’addetto stampa dei Giants distribuisce le statistiche sulla squadra e i singoli giocatori. Sono molto dettagliate, un bell’aiuto per chi deve scrivere articoli tecnici tutti i giorni. Ci sono anche le statistiche sulla squadra ospite. E’ mezzogiorno e la partita inizierà tra un’ora. Penso che giocatori e coach sono qui già da 4 ore.
Scendo negli uffici dei Giants per incontrare gli amici con cui lavoravo. Stando a loro, le cose non sono cambiate affatto. Così torno a sedermi in tribuna.

Le squadre sono in campo. Guarda un po’, il ‘partente’ dei BREWERS di Milwaukee è proprio Ben Sheets, il vincitore della finale olimpica contro Cuba.
Parlando d’altro, il mio amico Shawon Dunston compie 38 anni proprio oggi. L’ho incontrato e gli ho dato il mio bigliettino d’auguri. Siamo amici dal 1996 e posso dirvi che Shawon è un ‘uomo spogliatoio’.
Anche a lui ho chiesto un consiglio per i bambini italiani: Giocate con impegno ma, allo stesso tempo, divertitevi. Non pensate ai soldi: se giocherete bene, i soldi saranno una conseguenza. Beh, Shawon, un consiglio del genere lo si può dare a chiunque, non solo a chi vuol giocare a baseball…
Comunque, vi posso dire che dopo due riprese complete sto bruciando viva! Oggi c’è ancora più caldo di ieri e sento i pantaloni appiccicarsi alle gambe. E’ il momento di bere una coca cola. Mentre sono al bar, penso che a volte il sudore espelle i liquidi più velocemente di come noi li introduciamo bevendo! Con questo caldo, sai che affari per i venditori di birra? Anche perché in uno stadio americano cibo e bevande sono cari. La mia coca ‘grande’ costa 4 dollari (quasi 9.000 lire, al cambio di oggi, n.d.t.) e non si può nemmeno portare dentro cibo acquistato fuori, così bisogna rassegnarsi a pagare il prezzo che chiedono.
Al settimo, con tutte le riserve in campo, arriva un fuoricampo dei Giants. Che bello! Quasi come la brezza che arriva da ovest a rinfrescarmi. E’ difficile che la vita dia momenti migliori di questo…
Al nono eravamo sul pareggio, quando i Brewers hanno segnato altri 2 punti e ci hanno mandati a casa. Beh, non era il caso di andare agli ‘extra-inning’, no?

A fine partita riempio la mia bottiglia d’acqua. Sembra che io non riesca a dissetarmi, oggi.
Osservo i tifosi che si preparano fuori dagli spogliatoi per la solita caccia all’autografo. E’ un po’ triste, perché alcuni di loro non sanno neanche a chi stanno chiedendo di firmare la pallina che hanno recuperato. Io ho sempre pensato che se disturbi un giocatore per chiedergli un autografo, dovresti almeno sapere chi è. E’ una questione di rispetto. Ed è anche solo la mia opinione…
Beh, per oggi è tutto. Inizierò l’articolo di domani con i dettagli della mia seconda serata in Arizona….

traduzione di Riccardo Schiroli

Informazioni su claire 65 Articoli
Claire Matthew è nata e cresciuta nella 'Marin County', poche miglia a nord di S. Francisco.Da bambina ha osservato a 'Candlestick Park' i vari Willie Mays, Willie Mc Covey e Juan Marishal esibirsi con la maglia dei San Francisco Giants. Così, dalla più tenera età, si è innamorata del baseball e ha iniziato a scambiare figurine con i suoi fratelli Chris e Paul.Successivamente il baseball è diventato una professione. Per 5 anni ha lavorato proprio per i Giants come 'coordinatrice degli eventi promozionali' presso l'ufficio 'vendita biglietti'.Il suo secondo amore sono le gare automobilistiche. Claire è stata coinvolta in competizioni di ogni livello, lavorando per diverse 'scuderie' come addetta alle pubbliche relazioni e alle sponsorizzazioni.Oggi è una libera professionista nel settore delle pubbliche relazioni. Il suo ufficio è a Greenbrae, nella California del nord. E' specializzata nell'organizzare eventi per la raccolta di fondi e nell'ottenere spazi sui media per le organizzazioni coinvolte negli eventi.E' la madre 'single' di Alison (20 anni) e Rhianna (19).

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