Mazzotti e la strategia vincente del San Marino

Il giemme neo scudettato ripercorre la cavalcata tricolore ma non solo: “Gli ultimi due anni sono stati molto difficili”

Lauro Bassani (PhotoBass)
L'abbraccio commosso tra Doriano Bindi e Tiago Da Silva a fine partita
© Lauro Bassani (PhotoBass)

Buongiorno Mazzotti, come si sta il giorno dopo uno scudetto? Direi molto bene, come succede in questi casi il mio telefonino non ha mai smesso di squillare, tutti i complimenti ricevuti mi hanno fatto piacere, sono arrivati da molta gente del nostro mondo, altri che non sentivo da tempo. Ma più in generale mi è piaciuta la serata di mercoledì: una bella cornice di pubblico allo stadio, due medagliati sammarinesi alle Olimpiadi che hanno vissuto la partita con noi. Un bello spot in generale in una stagione un po’ avare di momenti per esaltarsi“.

Otto scudetti in carriera, divisi equamente tra manager in campo e giemme dietro le quinte: è vero che lo scudetto più bello è sempre il prossimo?Gli scudetti sono un po’ come dei figli, fai fatica a dire quale è stato il più bello o più difficile. Io, Bindi, Ceccaroli e altri avevamo già assaporato questa gioia con ruoli differenti, ma sono particolarmente contento per alcuni personaggi come i nostri coach Del Santo e Medina o il nostro bullpen-catcher Gigi Angelini, tutti al loro primo scudetto che rimarrà un ricordo indelebile. Poi. certo. da manager non posso dimenticare lo scudetto del ’99 a Rimini in una bella incredibile contro Nettuno o quello di Grosseto nel 2007 con 6000 persone allo Jannella e vinto anche in quel caso alla settima“.

Parliamo di mercoledì notte. Si può dire che abbiamo visto un Mazzotti non euforico ma finalmente rilassato?Sono stati due anni molto difficili, trascorsi a cercare e trovare un giocatore dietro l’altro. Nel 2020 dovevamo ingaggiare elementi che non potevano arrivare da continenti che non fossero l’Europa, scoprire giocatori che non si conoscevano. La squadra era comunque forte ma non andò bene. Quest’anno avevamo deciso di prendere il secondo straniero a campionato in corso, abbiamo scoperto una realtà come quella messicana che vivevamo di rimbalzo, ma anche lì non è semplice andarli a prendere e portarli qua, hanno tante piccole regole, i giocatori possono essere messi fuori e poi riattivati. L’esempio è Tiago: l’idea di riportarlo a San Marino l’avevamo da tempo, speravamo arrivasse prima ma finchè non è salito sull’aereo non eravamo tranquilli. Ed è finita come avevamo pensato anzi come ha detto Albanese, questa notte l’ho pensata tante volte”.

Diego Gasperoni
Tiago Da Silva, MVP delle Italian Baseball Series, saluta il pubblico del Serravalle (foto Diego Gasperoni)

Due giocatori citati da Mazzotti, la batteria vincente di garauno e garaquattro. Partiamo da Tiago: si poteva vincere lo scudetto anche senza questo fenomeno?Penso di sì, anche se sarebbe stato più difficile. Penso di sì perchè il nostro attacco ha sempre fatto parecchi punti (sette fuoricampo nella serie con sette battitori diversi, ndc) e battuto molte valide contro un monte di primissimo livello come quello della Fortitudo“.

Proseguiamo con capitan Albanese che potrebbe aver giocato la sua ultima partita.A Simone darei l’Mvp alla carriera, alla fedeltà, è l’anima e il cuore di questa squadra. E’ uno di quei giocatori sui quali noi facciamo affidamento per far capire al gruppo l’appartenenza al San Marino, dove si arriva, dove si gioca, quali sono i principi della nostra squadra. Parlando di Albanese, vorrei citare anche Lorenzo Morresi, il più giovane del gruppo, partito per gli States poco prima delle finali, ma che ha permesso ad Albanese di arrivare quasi intonso al tour de force delle sfide scudetto. Morresi ha mostrato il suo valore come catcher ma anche come prestazioni in attacco, culminata con la valida da pinch-hitter da veterano nella decisiva garadue di Nettuno“.

Diego Gasperoni
Albanese sulle spalle di Celli mentre festeggiano con i compagni lo scudetto 2021 (foto Diego Gasperoni)

Già, le gare decisive, quest’anno si contano sulla punta di una mano.Lasciando perdere la prima fase, diciamo di rodaggio, una specie di spring training, abbiamo interpretato le partite contro Nettuno come se fossero due vere e proprie semifinali. Siamo stati bravi a vincere la prima, bravi ma anche fortunati a raddrizzarne un’altra sul filo di lana. Poi nel prosieguo della Poule Scudetto noi abbiamo lasciato una sola partita per strada a Godo, loro hanno fatto peggio, d’altronde non poter mai sbagliare ti fa giocare un po’ più teso“.

Pensavate che ci fosse realmente un tabù-Fortitudo?Nelle ultime due finali, quelle che abbiamo perso, loro hanno sempre avuto qualcosina in più sul piano tecnico. Sarà il fatto di essere abituati a giocare le finali, il roster lungo che permetteva di rimpiazzare giocatori acciaccati, la realtà è che tutte queste componenti hanno giocato a loro favore. Nel 2020 comunque l’abbiamo buttato via noi, nonostante gli infortuni di Solbach ed Hernandez si poteva vincere“.

E pensavate pure di avere in casa un tabù-scudetto visto che mancava dal 2013?Negli anni abbiamo perso giocatori molto importanti, da Granato a Mazzuca, da Ramos a Tiago, allo stesso Avagnina, pilastri attorno alla quale era costruita la squadra. Andarono via anche Vasquez e Duran, si poteva trovare anche di meglio? Forse, ma è sempre un rischio. Quest’anno si trattava di giocare un campionato di livello basso, abbiamo allestito una squadra che fosse in grado di giocare alla grande tutte le partite che contavano e cioè quelle concentrate nell’ultimo mese“.

Diego Gasperoni
Simone Albanese e Doriano Bindi (foto Diego Gasperoni)

Non possiamo dimenticare il lavoro di Doriano Bindi.Nel 2016 abbiamo voluto cambiare guida tecnica, fisiologicamente era giusto farlo, per dare ai giocatori anche un’altra voce. I cicli finiscono, nel dopo-Bindi a volte siamo stati meno bravi, a volte sfortunati, poi abbiamo deciso di tornare nella nostra “confort zone” richiamando Doriano che intanto era andato in pensione ed era più libero dagli impegni del lavoro. Abbiamo così creato una struttura diversa rispetto a come era prima, Bindi pensa alla partita e al rapporto con i giocatori, al resto ci pensa lo staff, logicamente tutto in grande armonia e in un clima di collaborazione“.

Il futuro?Quando sarà passata l’onda dell’entusiasmo, con Antolini, Macina e lo staff penseremo alla squadra che vorremo fare. So per esperienza che quando si vince uno scudetto, l’inverno successivo è un po’ più difficile a livello di trattative, ma cercheremo di accontentare tutti“.

 

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Carlo Ravegnani, nato a Rimini il 31 gennaio del 1968, ha iniziato la carriera giornalistica a 20 anni nell'allora Gazzetta di Rimini, "sostituita" dal 1993 dall'attuale Corriere Romagna dove lavora come redattore sportivo. Collaboratore per la zona di Rimini del Corriere dello Sport-Stadio, il baseball è stata una componente fondamentale nella sua vita: dapprima tifoso sugli spalti dello Stadio dei Pirati poi giocatore nel mitico Parco Marecchia e poi nel Rimini 86, società che ha fondato assieme a un gruppo di irriducibili amici. Quindi giornalista del batti e corri sulla propria testata e alcune saltuarie collaborazioni con riviste specializzate oltre che radiocronista delle partite dei Pirati assieme all'amico e collega Andrea Perari. Negli ultimi anni è iniziata anche la carriera dirigenziale, con la presidenza (dal 2014) dei Falcons Torre Pedrera. La passione è stata tramandata al figlio Riccardo che gioca lanciatore e prima base negli stessi Falcons.