La mia candidatura per ridare visibilità al baseball

“Scendo in campo per appoggiare attivamente Massimo De Luca, il baseball ha bisogno di una guida che conosca e abbia frequentato un certo tipo di mondo. La vetrina del nostro sport è sempre stata il mio obbiettivo di osservatore. E da questo parte la mia eventuale avventura”

Henk Seppen (www.honkbalsite.com)
Rick van den Hurk intervistato dai media giapponesi
© Henk Seppen (www.honkbalsite.com)

Dopo l’ufficializzazione del giornalista e conduttore TV Massimo De Luca come candidato alla presidenza della FIBS (Assemblea elettiva a Firenze il 7 novembre prossimo), pubblichiamo questo articolo del nostro storico collaboratore Elia Pagnoni per conoscere più da vicino le sue motivazioni personali – e di altri accreditati colleghi della stampa – mettendosi in gioco “per sviluppare i nostri sport e riportarli con impegno ai livelli che meritano”.

Molti mi chiedono perché improvvisamente abbia deciso di candidarmi come consigliere federale. In effetti la sorpresa è stata tale anche per me, che mai avrei immaginato di tentare un’avventura del genere. La risposta infatti è una sola e ha una sola origine: Massimo De Luca. Se non me l’avesse chiesto lui, certamente non mi sarei mai imbarcato in questo viaggio.

E allora perché ho detto di sì. Primo per il rapporto di stima e di amicizia che mi lega a Massimo da lungo tempo. E questo poteva già bastare per impedirmi di dirgli di no. Poi perché, se Massimo ha avuto il coraggio di mettersi in gioco per aiutare il baseball, accettando l’invito di un gruppo variegato ma accomunato dalla volontà di sviluppare i nostri sport e riportarli con impegno ai livelli che meritano, anch’io davanti al suo invito non me la sono sentita di tirarmi indietro. Ma così come De Luca era lontanissimo dall’ipotizzare questa avventura, altrettanto l’idea era lontana da me.

Otto anni fa, quando Massimo si candidò nella cordata che faceva capo a Claudio Carnevale, poi battuti da Riccardo Fraccari a Salsomaggiore, scrissi su Baseball.it il 23 settembre 2012 che “una candidatura congiunta di due uomini del livello di Claudio Carnevale e Massimo De Luca il baseball italiano non la avrebbe più rivista per altri quarant’anni. Praticamente quelli che sono passati dall’elezione del primo Beneck”, invitando il baseball italiano a non farsi scappare l’occasione. Sbagliai, illudendomi che il movimento potesse cogliere l’opportunità, ma sbagliai anche nella mia previsione perché in effetti Massimo De Luca ha fatto passare solo otto anni per rimettere la faccia davanti al mondo del baseball e del softball italiani, un mondo che nel frattempo, stando a quanto mi ha detto un importante dirigente di una squadra di vertice della serie A1, si è ulteriormente rattrappito e impoverito di società, di uomini e di idee.

Ma se l’altra volta avevo appoggiato la candidatura di De Luca solo prendendo posizione da opinionista, questa volta mi devo schierare attivamente al suo fianco. Lo faccio a titolo personale, certo che chi me l’ha chiesto (non solo Massimo, ma anche alcuni esponenti del suo gruppo, tra cui ci sono pure altri colleghi giornalisti) l’ha fatto con lo stesso scopo per cui è stata proposta la presidenza a De Luca. Credo che il nostro (il suo e in subordine il mio) compito fondamentale sia quello di ridare visibilità a questo sport. Personalmente non so e non posso occuparmi di questioni tecniche o economiche, ma un minimo di idea di come funzioni il mondo del batti e corri e delle sue società me lo sono fatto in quarant’anni di appartenenza a questo ambiente. Ho seguito molte riunioni di società, ho partecipato a troppi inutili tentativi di creare una lega dei club, fin dai tempi di Notari e Zangheri, ho visto all’opera (e qualche volta anche criticato da giornalista) Bruno Beneck, che a mio parere è stato l’ultimo presidente ad aver dato una dimensione di vera popolarità a questo sport, vendendolo anche oltre quelle che erano le sue potenzialità effettive. Ma Beneck, guarda caso, arrivava dal mondo della televisione e del giornalismo, proprio da quella Domenica Sportiva di cui lo stesso De Luca è stato direttore e conduttore in anni più recenti,mentre Bruno ne era stato il regista. Questo per dire che forse il baseball ha bisogno di una guida che conosca e abbia frequentato un certo tipo di mondo.

D’altra parte, quanti eventi sportivi di successo sono nati da idee di giornalisti. La Champions league di calcio, la più importante manifestazione sportiva d’Europa, è stata ideata da Gabriel Hanot, che era il direttore de L’Equipe. La coppa del mondo di sci la inventò un giornalista svizzero, Serge Lang.  E il Tour fu creato da Henri Desgrange, direttore de l’Auto. Persino il campionato italiano di baseball è stato in fondo lanciato da un giornalista, perché Max Ott aveva in tasca la tessera di corrispondente dall’Italia del New York Times durante la guerra. Questo non per esaltare la categoria (che francamente è composta anche da qualche cialtrone), ma forse essere giornalista aiuta anche ad avere una visione meno provinciale della situazione. Capire che non ci si può accontentare di piccole cose di nicchia, eventi organizzati in luoghi e orari assurdi. Non si possono assegnare scudetti alle due di notte di un martedì come è successo qualche anno fa, così come non si possono “nascondere” la Nazionale o personaggi come Mike Piazza, Alex Liddi o Chris Colabello. Nel mio piccolo penso di aver contribuito anch’io a lanciare qualche evento, come quando proposi a Notari l’organizzazione della Supercoppa europea tra le vincitrici di coppa Campioni e coppa delle Coppe che si disputò negli anni Novanta come anteprima del campionato. Un modo per accendere i riflettori sulla stagione.

Alla base della mia candidatura, dunque, c’è la speranza di portare qualche idea in un mondo che sembra quasi rassegnato. Inventarci qualcosa per rialzare la testa, al di là delle difficoltà economiche che attanagliano tutti e che conosco bene. Frequentando quotidianamente le difficoltà di una società come il Milano 1946, alle prese con problematiche di ogni tipo, che per me è stata anche una scuola di vita. Problematiche che purtroppo conosco da quarant’anni, da quando cioè sono entrato in questo club, e in questo mondo, come giovane addetto stampa.

Io credo, e condivido questo pensiero con Massimo De Luca, che il baseball possa avere bisogno di noi, ma soprattutto ha bisogno di mettere attorno a un tavolo quasi permanente molti esponenti qualificati di questo movimento, siano essi imprenditori, dirigenti, tecnici, giornalisti, uomini di marketing, tutti quelli che riterremo importanti per la nostra causa. Sarebbe facile dire che vorremmo un campionato di vetrina con tante squadre, tre partite alla settimana o anche di più, una Nazionale che possa dominare in Europa, un settore giovanile basato sul reclutamento nella scuola, un’accademia nazionale e tanti centri federali regionali, e chi più ne ha più ne metta. Sta di fatto che di programmi elettorali ne ho visti tanti, poi la realtà è sempre diversa. A me basta l’esperienza di aver sempre visto l’organizzazione dei campionati discussa in riunioni frettolose, una volta l’anno, un paio d’ore la domenica mattina con la testa già sul treno che ci deve riportare a casa. Una votazione veloce e arrivederci all’anno prossimo… Ma si può gestire così un campionato? Forse anche in questo è l’ora di cambiare marcia, magari con l’aiuto delle tecnologie che ci consentono di collegarci in qualsiasi momento da qualunque posto.

Qualcuno si chiederà chi mai ci sia dietro la candidatura di De Luca. Ebbene Massimo non è davanti o dietro o sopra nessuno: è semplicemente un’opportunità che si offre al nostro baseball/softball. De Luca non è un “programma” (perché ci sono sempre quelli che vogliono vedere il programma…, che pure c’è ad è ampio e articolato), è principalmente un signore che si mette a nostra disposizione; il vero programma, cioè il da farsi, glielo dobbiamo costruire attorno tutti noi. E mi piacerebbe che fossero le società di vertice a contribuire in modo principale, perché non si è grandi solo vincendo gli scudetti ma esprimendo anche una leadership che aiuti il resto del nostro mondo. Non credo a chi si presenta con la ricetta giusta in tasca, credo nel lavoro di gruppo, nel concorso di idee, nello sfruttare le competenze. Nel nostro movimento abbiamo persone preparate che devono far parte di questo gruppo, indipendentemente che siano vincitori (delle elezioni) o vinti. Perché, come dice Massimo De Luca, questa candidatura non è contro qualcuno, ma per qualcosa, cioè per aiutare il baseball.

Personalmente infatti non ho nulla contro Andrea Marcon, se non le legittime critiche che gli ho sempre fatto da giornalista, così come i meriti glieli ho sempre riconosciuti. Ma chissà se, rileggendo il suggerimento che davo a Fraccari nell’articolo che citavo in apertura, gli verrà qualche idea… Non posso certo essere considerato fraccariano come non sono marconiano, ho avuto modo di attaccare entrambi anche se di entrambi credo di aver sottolineato le scelte giuste e in certi casi coraggiose. Come ho fatto in precedenza con Notari e avrei voluto fare con Dalla Noce che secondo me sarebbe potuto essere un buon presidente. Fortunatamente ho avuto sempre la possibilità di scrivere del nostro sport anche oltre le pagine del Giornale, grazie all’amico Filippo Fantasia e al sito Baseball.it da lui diretto, per cui basta andare nell’archivio della testata (cliccando sulla mia firma) per rileggere come la penso. Ovviamente sui temi che riguardano la “vetrina” del baseball che è sempre stata il mio obbiettivo di osservatore. E dai quali potrei partire nella mia eventuale avventura federale.

 

Informazioni su Elia Pagnoni 51 Articoli
Nato a Milano nel 1959, Elia Pagnoni ricopre attualmente il ruolo di vice capo redattore dello sport al quotidiano "Il Giornale", dove lavora sin dal 1986. E' stato autore di due libri sulla storia del baseball milanese.