Storie di Major: l’eccentrico “Rube” Waddell

Nominato nella Hall of Fame nel 1946, ancora oggi è ricordato per i 349 strike-out in una sola stagione (record imbattuto fino al 1965). Proverbiale la sua passione per i pompieri che lo portava a offrirsi sempre come volontario in caso di incendi. Morì a 38 anni

National Baseball Hall of Fame
George Edward "Rube" Waddell indotto nella Hall of Fame nel 1946
© National Baseball Hall of Fame

E’ un inverno gelido quello del 1911 in Kentucky e la cittadina di Hickman subisce una drammatica inondazione del fiume. Non un fiume qualsiasi, il Mississippi. Gli abitanti lavorano giorno e notte per cercare di arginare l’acqua ovunque. Tra di loro un uomo enorme, alto e possente, che sta immerso per ore nelle acque gelide a portare sacchi di sabbia. Quell’uomo si ammalerà di una grave polmonite e guarirà quel tanto che basta per giocare un paio di stagioni nel baseball minore, chiudendo la sua carriera in una piccola squadra del Minnesota. Durante la sua ultima partita, colleziona 12 strike out in 9 inning. Dopo il primo strike a quello che sarà il suo ultimo battitore, gira le spalle al catcher, che inavvertitamente gli ritira la palla senza guardare, colpendolo sul collo. Il lanciatore la raccoglie, tira gli ultimi due strike con due fastball incandescenti e se ne va dal campo. Morirà il 1 aprile del 1914 in Texas, per tubercolosi, a soli 38 anni. Si chiamava “Rube” Waddell ed è tuttora uno dei più eccentrici giocatori mai entrati nella Hall of Fame della Major League.

George Edward Waddell nacque il 13 ottobre del 1876 a Brandford, Pennsylvania. A 3 anni sparisce da casa e viene ritrovato in una caserma dei pompieri, dove era stato accolto e coccolato per 4 giorni. Da bambino passa un sacco di tempo a tirare sassi alle papere, poi comincia a lavorare come minatore. Nel 1897, a 21 anni, senza aver mai giocato in una squadra vera e propria viene chiamato per i try-out e debutta lanciando per i Louisville Colonels contro i campioni del mondo Baltimore Orioles.

Il suo talento si intravede negli anni successivi, in cui cambia varie squadre, ma viene consacrato nel 1903, ai Philadelphia Athletics. Il suo manager Connie Mack, si gode le sue fastball e le curve impressionanti. Conclude la stagione con 444 inning lanciati ed un record di 35-15. Accumulerà più di 20 vittorie a stagione per i primi 4 anni con gli A’s.

Tra le sue varie stranezze, Rube ha firmato solo contratti in cui i soldi gli venivano dati subito ed in contanti e non di rado si metteva nei guai, spesso ubriacandosi pesantemente per giorni e sparendo. Una volta era lanciatore partente e Mack non riusciva a trovarlo. Neanche Mr. Newhouse, che la società pagava appositamente per seguire Waddell ovunque e aiutarlo nei problemi in cui si cacciava. Venne trovato alla fine del secondo inning impegnato in una partita a biglie con dei bambini, vicino allo stadio. Mr. Newhouse cercava di anticipare le sue mosse, pagando i bar della zona per non dargli da bere, ma seguendolo nei boschi durante interminabili svaghi di caccia o pesca (in un’altra barca), passatempi amatissimi da Waddell.

La stagione 1905 fu strepitosa per Rube, con statistiche impressionanti, degne di quello che rimarrà uno dei lanciatori più dominanti nella storia (era un mancino): 27 vittorie e 10 sconfitte, 287 strike-out ed una media PGIL di 1.48 che gli fecero vincere la “Triple Crown”. Però fu anche una stagione turbolenta: risse per questioni di soldi, un mandato di arresto a Boston per cui per un periodo non potè recarsi con la squadra a giocare lì. Alle tanto attese World Series di quell’anno, non lanciò per l’infortunio alla spalla che si procurò cadendo dopo essersi spintonato con un compagno di squadra, con cui stava litigandosi un cappello di paglia. Questo infortunio fece molto scalpore e portò a delle indagini per capire se c’era dietro il giro delle scommesse, sospetto mai accertato.

Non di rado lasciava il monte di lancio (tra le acclamazioni del pubblico) per andare a parlare con qualche bambino sugli spalti o rispondere a qualche spettatore che aveva detto qualcosa che non gli andava bene. Famoso il pugno in faccia che diede ad un tifoso che lo aveva offeso dalla tribuna. L’alcol peggiorò la sua instabilità, finchè Connie Mack esasperato fu costretto a venderlo ai St. Louis Browns nel 1908, dove lanciò a buon livello prima di entrare nel mondo delle Minors. Il famoso sabermetrico Billy James gli attribuisce anche altri problemi come una forma di autismo, disordine dell’attenzione e un ritardo mentale.

La sua passione per i pompieri rimane proverbiale: si offriva sempre come volontario in occasione di incendi e venne visto uscire di casa di corsa, per seguire l’autobotte in emergenza e chiedere di poter aiutare.

Rube si sposò tre volte, e probabilmente un’altro paio di cui aveva un vago ricordo per l’ubriachezza del momento. L’alcol fu il suo fedele compagno di vita, così come il catcher Ossee Schrecongost, che aveva acquisito rispetto proprio per la quantità di superalcolici che riusciva a reggere. La loro amicizia durò fino al matrimonio di Ossee, che cambiò le sue abitudini e lo rese più responsabile: inaccettabile per il suo amico di bevute e baseball. Eppure negli ultimi anni della sua vita fu aiutato economicamente da Mack e proprio da Schrecongost.

Waddel concluse la sua carriera nella MLB con numeri eccezionali: 2.316 strike out, 50 shut-out, 2.16 di media PGL e il record di 193-143. Il suo primato di 349 strikeout in una sola stagione resisterà fino al 1965 quando il grande Sandy Koufax ne realizzò 382.

Guardando alla sua carriera dal 2020, si nota come sia stato forse il primo giocatore con una solidissima base di tifosi personali, a prescindere dalla squadra che supportavano. Mack anni dopo disse che Rube si sentiva più felice dopo aver spento un incendio, mentre la gente lo applaudiva e gli offriva da bere, che su un campo da baseball. “Rube ha più qualità di qualsiasi lanciatore io abbia mai visto. Una palla veloca meravigliosa e una curva impressionante. Ma è totalmente privo di ogni senso di responsabilità”.