Vanderbilt, la prima volta non si scorda mai

La squadra di Tim Corbin è campione Ncaa dopo una serie finale incertissima e terminata solo in gara-3 grazie ad un fuoricampo dell'esterno centro Joe Norwood (3-2), MVP assegnato al seconda base Dansby Swanson

Per uno strano scherzo del destino un fuoricampo dell'esterno centro John Norwood ha deciso gara-3 della finalissima Ncaa dopo che proprio la pochezza degli attacchi è stata ancora una volta la caratteristica principale delle College World Series. Da sottolineare che trattasi del primo titolo in assoluto per Vanderbilt (3-2 il risultato finale), un successo meritato per l'ateneo con sede a Nashville nel Tennessee a livello maschile. Grande la delusione per il coach di Virginia Bryan O'Connor, nativo di Omaha e lanciatore in passato per l'università locale di Creighton (la stessa del nostro Federico Castagnini), che sognava di vincere il titolo nazionale a casa sua di fronte a centinaia di amici e parenti. Delude fra i Cavaliers soprattutto la stella Mike Papi, solamente 2 valide per lui nel trittico finale e la "macchia" di aver rischiato l'espulsione in gara-2 per una carica sul terza base Tyler Campbell di Vanderbilt a partita già praticamente decisa. Un dato importante da segnalare è come Virginia sia uscita sconfitta da questa serie finale nonostante abbia battuto circa il doppio di valide rispetto agli avversari che però si sono dimostrati più bravi ad approfittare delle occasioni che hanno avuto a disposizione per segnare.
Andando a ripercorrere la storia di questa finale partiamo dalla prima sfida dove inizia meglio Virginia toccando con decisione il partente avversario Walker Buehler e può contare sull'ottimo Nathan Kirby almeno fino al 3 inning quando improvvisamente perde il controllo della partita concedendo in successione 5 basi ball, due valide e 5 punti prima di essere sostituito con il compagno Mayberry che non fa meglio e Vanderbilt piazza un big-inning da 9 punti che alla fine sarà decisivo, nonostante la rimonta di Virginia che però non evita la sconfitta di misura per 9-8.
Gara-2 è tutta un'altra storia con il pitcher dei Cavaliers, Brandon Waddell, che tira una complete game concedendo solo 2 punti agli avversari. Virginia vince per 7-2 portando la serie a gara 3. Grande merito della vittoria finale va a coach Tim Corbin che in 12 anni ha portato Vanderbilt ai vertici del baseball Ncaa e che ha avuto insieme ai suoi assistenti l'intuizione giusta spostando per gara-3 proprio John Norwood al numero 4 del line up che lo ha ripagato con l'homerun decisivo battuto contro Nick Howard, il primo closer dei Cavaliers.
Protagonista per Vanderbilt fra gli altri anche il lanciatore Adam Ravenelle autore di due salvezze decisive nelle vittorie dei suoi, ben spalleggiato dai compagni reparto Hayden Stone, Carson Fulmer (partente in gara-3), Brian Miller, Walker Buehler che proseguono alla grande la tradizione di buonissimi pitcher usciti da Vanderbilt negli ultimi anni, fra i quali citiamo anche Mike Minor di Atlanta, Sonny Gray di Oakland e David Price di Tampa. Oltre però al monte di lancio anche la difesa ha fatto la sua parte con il seconda base Dansby Swanson, autore di giocate da cineteca così come il terza base Tyler Campbell vera sorpresa della serie finale, subentrato al titolare Xavier Turner alle prese con problemi di eleggibilità, e capace di 2 doppi e 3 punti battuti a casa in gara-1.

Informazioni su Andrea Palmia 149 Articoli
Andrea Palmia è nato a Bologna il 4 aprile 1968 e vive nel capoluogo emiliano con la moglie Aurora e la figlia Lucia di due anni. Laureato in Pedagogia con una tesi sperimentale sui gruppi ultras, lavora dal 1995 come educatore professionale con utenti disabili mentali e fisici. Appassionato di sport in genere ed in particolare di quelli americani, ha sempre avuto come sogno nel cassetto quello di fare il giornalista sportivo. Dal baseball giocato nel cortile del condominio con una mazza scolorita alle partite allo stadio Gianni Falchi con i fuoricampo di Roberto Bianchi e Pete Rovezzi, il passo è stato breve. Fortitudino nel DNA, nutre una passione irrazionale per i "perdenti" o meglio per le storie sportive "tormentate" fatte di pochi alti e di molti bassi.

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