"Il baseball italiano è in coma, ma può uscirne"

Il bomber Roberto Bianchi parla dello stato attuale del nostro sport, del futuro e di possibili azioni di rilancio: "Una Second Division fortissima, tanta promozione e la valorizzazione dei giovani attraverso Accademie locali"

E' stato il re dei fuoricampo in campionato (288) e in Nazionale (46), il bomber che faceva tremare le gambe ai pitcher avversari e che a 47 anni ha deciso di tornare al baseball dopo una pausa lunga cinque anni. Mentre Roberto "Whitey" Bianchi, 949 partite giocate in serie A e finito nelle mire di Baltimore Orioles, California Angels, Cincinnati Reds, LA Dodgers e Cleveland Indians, svolge appieno il ruolo di hitting coach dello United, la franchigia lombardo-piemontese impegnata nella serie A federale, l'Hall of Famer non disdegna di dare uno sguardo a quanto accade alla Italian Baseball League e dintorni. Ed in questa intervista esclusiva a Baseball.it, Bianchi descrive il momento attuale del nostro baseball, su cosa occorrerebbe investire per un pieno rilancio e propone anche qualche interessante "invito all'azione".

La IBL è partita tra luci ed ombre, ma secondo te qual è in verità lo stato di salute del baseball italiano?
"Non dico agonizzante ma in coma. Credo però con buone speranze di uscire da questo stato. La IBL potrebbe essere una cosa allettante per il fatto che offre più possibilità alle varie società satelliti di aggregarsi e quindi di avere uno scopo comune: il punto di riferimento potrebbe essere la squadra top e quindi con un interscambio di opinioni, di giocatori, un interscambio di tecnici e di tutto quello che è proprio nell'entourage della prima squadra. Se la IBL viene vista sotto questo aspetto secondo me non può che essere positiva, poi è chiaro bisogna vedere all'atto pratico come si stanno organizzando i club. Fino a poco tempo fa le società delle varie città pensavano esclusivamente al proprio orticello, a gettare un semino alla volta e a farlo crescere, mentre così si pensa ad un grande campo dove se prima servivano 10 macchine per raccogliere, qui una con sola, grande macchina riesci a raccogliere tutto quello che di buono viene prodotto. Poi se qualcuno dei giocatori ha delle piccole chance così è subito pronto a poterle esprimere. Prima c'erano vari ostacoli, tipo la squadretta che se andava via il migliore rimaneva a terra, c'erano tutte queste piccole grandi difficoltà che con la IBL spero vadano a scemare".

Quindi a tuo avviso la IBL rappresenta davvero la terapia giusta per curare il baseball italiano, insomma l'unica via da intraprendere per risollevare le sorti del nostro sport?
"Sotto questo punto di vista sì. Sotto il punto di vista dell'interesse sperò di sì ma purtroppo penso di no. Perché purtroppo questo sport non riesce a creare un interesse che deve essere sicuramente grande per riavvicinare il pubblico, i media. Occorre creare qualcosa di più…"

Ad esempio?
"Io non uno stratega del marketing, però ho visto come sono strutturati gli stadi in America, ho girato abbastanza il mondo. Sicuramente – parlo anche da papà – farei fatica a portare mio figlio a vedere una partita di baseball nonostante io ami questo sport in maniera esagerata. Ma non perché io non lo voglia portare, ma perché se ce lo porto adesso come adesso la seconda volta che glielo propongo è difficile che qualcosa lo possa stuzzicare, diciamo nell'interesse…"

E cosa servirebbe dunque per poter "stuzzicare"?
"Servirebbe chiaramente uno spettacolo ad altissimo livello. E poi che tutto quello che c'è intorno venga valorizzato, non il solito bar che offre il classico caffè e gelato ma per esempio qualcosa di più coinvolgente: potrebbero esserci delle promozioni, tipo il cappellino per i bambini, una doppia partita nello stesso giorno con eventi e iniziative collaterali tra le due sfide… Ripeto non faccio marketing, sono delle piccole cose che mi vengono in mente così su due piedi, occorrerebbe mettere in campo delle cose molto semplici, come queste, ma che nessuno ha mai fatto. Tutti continuiamo ad andare avanti così, mi ci metto anch'io, con la speranza che qualcosa cambi, ma chi vive sperando… sicuramente con la IBL qualcosa si può fare. Ma il vero cambiamento a livello d'interesse dov'è? Che non c'è la retrocessione? La gente purtroppo che non ci sia la retrocessione, a meno che non sia la squadra dove gioca tuo figlio, il fidanzato o il marito, in verità non gli importa nulla…"

Qualche rimpianto per il caro vecchio campionato all'italiana di una volta?
"Penso che bisognerebbe creare una A2 fortissima, o Second Division che dir si voglia, però curata e con tanto interesse intorno come se fosse la IBL First Division, quindi con stranieri, tecnici, giocatori motivati. Eppoi la IBL la vedrai più come un richiamo, un circo itinerante che va in giro per l'Italia o per l'Europa. E perché non dar vita ad un campionato a livello europeo, la famosa European League: per dire 3 giorni di partite contro l'Olanda, 3 giorni di partite contro la Germania, però con delle squadre che siano forti e degne di essere viste. Potrebbe essere una soluzione, però d'altronde se vogliamo, se vogliono portare la gente allo stadio, bisogna inventarsi qualcosa. Spero di sbagliarmi, ma rispetto all'anno passato che si chiami A1, IBL o Serie Nazionale, il risultato finale per la gente è sempre lo stesso. Occorre creare uno stimolo nuovo anche per i giocatori che possono rendere di più. Inoltre, occorrerebbe parlare anche di opportunità di investimento, devono girare soldi ma per avere soldi, devi chiaramente dare qualcosa in cambio. Devi andare sui giornali, radio, tv… ma in questo momento non si può vendere il prodotto baseball perché non ha riscontro. Ho visto partite con poche decine di spettatori. Se togliamo mogli, fidanzate, genitori, amici intimi, gli appassionati sono molto pochi. E se poi parliamo del futuro di questo sport, ovvero i bambini, i ragazzi, quelli che si devono appassionare adesso, anche qui i numeri sono molto bassi. Ce ne sono pochi e anche qua a Milano è lo stesso. Purtroppo non c'è una scuola che permette ai ragazzini di arrivare ai 16-17 anni, o 18 come ho avuto io la fortuna, per essere pronti a giocare in una serie che da stimoli."

Cosa si potrebbe appunto fare per i giovani?
"Promozione è la parola d'ordine. Tutto arriva comunque dall'alto… nel momento in cui hai lo show al top, tutti poi vogliono giocare. Come io ho voluto giocare a baseball quando vidi la mia prima partita, perché mi appassionai subito. Parlo della mia esperienza ma al 90{90330d1a4ee05e33d58c46d3ea39f2b212ff7869461952227c824aceb8e18497} è così, perché se un genitore porta a vedere una partita di baseball e il bambino si emoziona talmente tanto, il giorno dopo ti chiede di andare a comprare il guanto e di andare a giocare. Non basta solo partire dall'alto e andare verso il basso, ma cercare anche il contrario dal basso all'alto, ti devi incontrare a metà. Altrimenti si rischia di cadere dall'alto fino in fondo, ma se non hai una base solida…"

Quindi il successo del baseball dipende molto dalle nuove leve…
"E' inevitabile, non possono sperare che il baseball cresca con dei quarantenni che vanno a vedere le partite."

Ma secondo te il baseball italiano è oggi in grado di esprimere talenti? Un po' come eravate voi anni fa, tanto per non fare nomi, Bianchi, Carelli, Trinci, Bagialemani, Fochi etc etc
"Noi abbiamo avuto la fortuna e la possibilità di fare all'età giusta delle bellissime esperienze fuori dalla normalità. Giocavano 10 dieci mesi all'anno, andavano in giro in tutto il mondo a giocare contro gente dieci volte migliore di noi, non ci stavamo a perdere e quindi l'alternativa era rimboccarsi le maniche. Abbiamo avuto la fortuna di giocare per tanti anni con il Club Italia, con la Nazionale, la P.O., i club, tutto questo ci ha permesso di accumulare un'esperienza che adesso un ragazzo per arrivare a fare la medesima esperienza non gli basterebbero 15 anni in questa lega. Bisogna quindi dar loro l'opportunità, senza necessariamente mandarli sempre in giro per il mondo. Però bisogna dargli un personaggio che gli insegni. Perché purtroppo questo sport qui è troppo difficile per improvvisare. Il rapporto che c'è tra mazza e palla non c'è in nessun altro sport. Per eccellere non bisogna raggiungere la perfezione, ma occorre andarci molto molto vicino. Se vogliamo farli crescere, i tecnici buoni dobbiamo metterli al fianco di ragazzini che sono delle spugne, che assorbono tutto. Non si può pensare ad un ragazzo di 25-26 anni, è vero può migliorare, ma basta. Un ragazzino a 8-9 anni quando arriva a 25 ed ha avuto una preparazione adeguata con un tutor si trova con un bagaglio esperienziale di circa 15 anni. E meno male che c'è l'Accademia. Questo è un segnale importante… ma perché non la fanno anche le società? Là ci sono solo pochi eletti, invece facendosi un'Accademia in casa con a fianco i grandi campioni locali come hanno fatto a Nettuno… deve essere così, non si può sperare che il livello di gioco possa crescere se i ragazzini arrivano all'età in cui devono fare sfracelli e invece sono molto indietro rispetto a quei 4-5 oriundi che vengono qui da noi."

E le strutture, le facilities, quando contano in questo scenario?
"Sono molto importanti. Entrare in uno stadio bello ti da tanti stimoli. Come quando ai nostri tempi si scendeva in campo a Grosseto o con la Nazionale allo stadio Latino-americano. Il problema è che alcune realtà sono ben attrezzate, altre no. Devi giocare 12 mesi all'anno, soprattutto i giovani. Allenarsi, allenarsi, allenarsi. E lavorare sui fondamentali. Su questo noi come giocatori italiani siamo purtroppo indietro rispetto a cubani, giapponesi, americani, rispetto agli stessi olandesi che hanno un'organizzazione tale che gli permette di mandare in giro per l'Europa e per il mondo i giovani a giocare e migliorare."

Informazioni su Filippo Fantasia 667 Articoli
Nato nel 1964 ad Anzio (Roma) è giornalista pubblicista dal 1987. Grande appassionato di sport USA, e in particolare di baseball e basket, svolge a tempo pieno attività professionale a Milano come Responsabile Ufficio Stampa e Relazioni con i Media italiani e internazionali presso importanti corporate. Nel corso degli anni, ha collaborato con diverse testate nazionali e locali tra cui Il Giornale, La Stampa, Il Resto del Carlino, Tuttosport, Guerin Sportivo, Il Tirreno, Corriere di Rimini, e con testate specializzate come Play-off, Newsport, Sport Usa, Baseball International e Tuttobaseball. In ambito radio-tv ha lavorato per molti anni come commentatore realizzando anche servizi giornalistici per diversi network ed emittenti quali Radio Italia Solo Musica Italiana, Dimensione Suono Network, RDS Roma, Italia Radio e Radio Luna. Ha inoltre condotto programmi e realizzato speciali legati ad importanti avvenimenti sul territorio per alcune televisioni locali. Nel 1998 ha ideato e realizzato il video "Fantastico Nettuno" dedicato alla conquista dello scudetto tricolore della squadra tirrenica di cui è stato per oltre un decennio anche capo ufficio stampa. Significative sono state anche le esperienze professionali negli USA, grazie agli ottimi rapporti instaurati con gli uffici di Media Relations di diversi club (in particolare dei Boston Red Sox) e con le redazioni dei quotidiani Boston Globe e Boston Herald che gli hanno permesso di approfondire i diversi aspetti legati alla comunicazione sui media del baseball professionistico americano. E' stato il primo Responsabile Editoriale di Baseball.it nel 1998, anno di nascita della testata giornalistica online, incarico che ha dovuto momentaneamente abbandonare per impegni professionali, tornando poi in seguito ad assumere il ruolo di Direttore Responsabile. Nell'ottobre del 1997, ha curato il primo “play-by-play” in diretta su Internet del baseball italiano durante le finali nazionali del massimo campionato. Nell'estate del 1998 ha fatto parte del team dell'Ufficio Stampa del Campionato del Mondo di baseball.

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