“Viaggio tra i diamanti italiani”: l’Europeo di Parma

Il ricordo appassionato del vecchio stadio, teatro di tanti trionfi, che chiuse dopo la stagione 2009 e l’apertura del nuovo “Cavalli”, all’interno del complesso Il Quadrifoglio, poi intitolato ad Aldo Notari, il suo creatore

Corrado Benedetti
Il glorioso stadio "Europeo" di Parma nel 2004 prima di Italia-Cuba
© Corrado Benedetti

Tra il 2005 e il 2006 la città di Parma ha speso 52.6 milioni di euro per costruire un nuovo ponte sul torrente Parma (per noi parmigiani, si chiama ‘La Parma’, onde non confondere il torrente con la squadra di calcio, Il Parma). All’allora Sindaco Pietro Vignali, recentemente riabilitato dalla giustizia penale ma che nessun tribunale potrà mai assolvere dall’accusa di incompetenza, posso dire grazie. A titolo personale, intendo. Quel ponte è molto utile per recarmi dalla zona nord della città, dove vivo, alla zona ovest.

Scollinato il ponte, superate un paio di rotatorie di quelle che rappresentavano la passione della Giunta Vignali, mi imbatto negli uffici dell’Authority Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). E tutte le volte mi trovo a cercare di ricordare com’era la zona quando al posto degli uffici dei funzionari dell’Unione Europea c’erano gli stadi del baseball, del rugby e una piscina coperta.

Lo stadio Europeo, poi ‘Nino Cavalli’, è il luogo dove è nata e si è sviluppata, come tifoso prima e cronista poi, la mia passione per il baseball. Ci entrai la prima volta un pomeriggio del week-end pasquale del 1975. Ricordo che il mio amico Paolo mi convinse con 2 solidi argomenti. Il primo, necessario ma non sufficiente, fu il prezzo del biglietto d’ingresso: 500 lire. Costava meno dei cinema di seconda visione. La chiave per convincermi fu la visione dello stadio dall’esterno. Le tribune in cemento prefabbricato mi sembrarono modernissime.

A quei tempi, l’unico stadio che frequentavo era l’Ennio Tardini, la casa del Parma calcio. Al Parma (sto facendo ricorso ancora allo slang di noi parmigiani) mi aveva iniziato a portare lo Zio Luigi, che in realtà era lo zio di mia madre. Lo Zio Luigi aveva l’abitudine di piazzarsi in una posizione tra una delle porte e la bandierina del calcio d’angolo. Posti rigorosamente in piedi. Anche perché di posti seduti non ne esistevano nell’autunno del 1970, quando debuttai come tifoso (Parma-Alessandria 0-1, per la cronaca). Con la promozione del Parma in serie B, aggiunsero tribune in tubolari e legno. Scomodissime e lontanissime dal campo.

Fu il paragone con quei tubolari, che mi fece considerare l’Europeo qualcosa di modernissimo. Anche se, lo aggiungo per amore di verità, dopo l’ingresso provai una certa delusione. Avevo infatti dovuto constatare che la tribuna in cemento armato copriva solo uno spicchio del campo.

Quel giorno lanciava Michele Romano: e, se non ricordo male, Giorgio Castelli gli batté un fuoricampo. La Cercosti Rimini vinse quella partita, tutta la serie per 3-0 e anche lo scudetto.

Ma che bello era quell’Europeo. Anche se dietro le tribune c’era un sostegno apparentemente inutile. E che si rivelò invece utilissimo quando lo stadio lo coprirono. Accadde un sacco di tempo dopo, prima del Mondiale italiano del 1988. Anno in cui si completò anche il secondo ampliamento dello stadio. Il primo venne fatto in occasione del Mondiale 1978 e posso dire che lo seguii giorno per giorno, recandomi allo stadio in bicicletta per tenere sotto controllo i lavori.

Andiamo con ordine. Quando vi entrai la prima volta, l’Europeo era già tale. Nel senso che aveva ospitato il Campionato Europeo 1971, inclusa una memorabile vittoria per 1-0 degli azzurri contro gli allora imbattibili arancioni. Che per altro si rivelarono alla fine se non imbattibili, almeno più forti, visto che vinsero la finale per 2 partite a 1. Non c’ero in quel settembre del 1971. Non c’ero nemmeno il 5 settembre del 1973, quando l’Italia sconfisse gli Stati Uniti alle riprese supplementari.

C’ero il 26 agosto del 1978, quando Cuba sconfisse 6-0 l’Italia di Silvano Ambrosioni nella seconda partita del Mondiale 1978. E naturalmente c’ero la sera in cui Cuba sconfisse gli Stati Uniti 5-3. Doveva essere il 2 settembre del 1978. E all’uscita non ritrovai il mio prezioso motorino Garelli. O meglio, ritrovai la catena con cui l’avevo (secondo me) assicurato a una cancellata, opportunamente scassinata.

Quel giorno del 1978 la gente si era sistemata ovunque, anche sui lampioni dell’illuminazione. Io ero arrivato allo stadio con ore di anticipo. Per questo a un certo punto avevo dovuto cedere al richiamo della natura. Ero sceso verso i bagni, costruiti dagli allievi della scuola edile di Parma (e per la verità, mai veramente completati) e al mio ritorno non mi era stato possibile riguadagnare il posto che mi ero procurato fin dal pomeriggio. Aveva seguito l’ultima fase della partita in piedi, in mezzo a un gruppo di ragazze che timidamente scandivano il coro U-SA, U-SA. Ma erano sovrastate da uno stadio tutto per Cuba. Era il 1978 a Parma, dopo tutto.

Esattamente 10 anni dopo, l’intero pubblico era insorto, scandendo Iu-Es-Ei (l’Inglese si studiava da un po’ nelle scuole) dopo che Cuba aveva rimontato la nazionale americana partendo da una clamorosa topica dell’arbitro italiano Parentini su un arrivo in prima. Faccio fatica ancora oggi a capire come fu possibile per l’arbitro (albitro, direbbe Parentini) chiamare salvo quell’arrivo in prima.

Allora mi aggiravo già per lo stadio con un accredito stampa (che non era stato facilissimo ottenere, ma questo lo riserviamo per un altro articolo) ed ero nel capannello che Aldo Notari arringò così: “Tutti bravi, a criticare l’arbitro. Vorrei vedere voi, al suo posto”.

Da quel 1988, l’Europeo pieno di gente l’ho rivisto solo altre 2 volte. Una fu per la gara che assegnò lo scudetto 1991 al Parma. L’avversario era il Verona. Di squadre campioni d’Italia all’Europeo se ne sono viste prima (1976, 1977, 1981, 1982, 1985) e dopo (1994, 1995 e 1997) quel giorno del 1991.

L’altra volta, che è poi l’ultima, in cui vidi l’Europeo pieno fu l’amichevole tra Italia e Cuba dell’agosto del 2004. E quella volta la vidi addirittura dal campo, guidando come addetto stampa della FIBS una troupe giapponese alla caccia di una intervista con Tony Castro, figlio di Fidel.

Che capienza avesse veramente l’Europeo non l’ho mai saputo. Se riprendo in mano i quaderni da aspirante cronista che diligentemente redigevo (e diligentemente ho tenuto) c’è quasi sempre scritto che “questa sera c’era un pubblico fantastico di 5.000 persone”. Ma quella sera del 2004 di persone ce n’erano veramente 5.000. Me lo confermarono gli occhi luccicanti dell’allora presidente del Parma Rossano Rinaldi, che contava l’incasso dei suoi sogni.

Condannato a morte da tempo, lo stadio Europeo, ormai da anni ‘Nino Cavalli’, ha chiuso dopo la stagione 2009. Contestualmente, ha aperto il nuovo ‘Cavalli’, all’interno del complesso Il Quadrifoglio, poi intitolato ad Aldo Notari, il suo creatore.

Il nuovo ‘Cavalli’ è nato sulla base dello stesso progetto dell’Europeo. Stando a Notari, che sul tema mi indottrinò durante diverse convocazioni nel suo ufficio con poltrone in pelle (quasi sicuramente umana) nel sottoscala dell’Europeo stesso, l’Europeo era sorto sulla base di un progetto da lui importato da Cuba. Mentre lo diceva, l’allora presidente IBAF stendeva sotto i miei occhi le carte del progetto.

Il nuovo ‘Cavalli’ nacque quindi nel 2009 sulla base di un progetto cubano di almeno 18 anni prima. Quando si dice delle occasioni che il baseball italiano ha perso di svoltare verso la modernità.

Lo stadio nato antico ha comunque cominciato a coprirsi di gloria fin da subito. Nell’autunno del 2009 è stato tra gli impianti del quarto Mondiale ospitato dall’Italia. E nel 2010 ha tenuto a battesimo un altro Parma Campione d’Italia. Come dire che la vita, nonostante tutto, continua.

 


Puntate precedenti

Il “Kennedy” di Milano

Il “Casadio” di Godo

 

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.