A proposito del bronzo dell’Italia…

Un’analisi approfondita sul terzo posto raggiunto dalla Nazionale di baseball ai recenti Europei in Piemonte e su altre poco fortunate esperienze azzurre in precedenti tornei continentali. Solo mancanza di programmazione? E quale futuro ci attende?

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Per l'Italia solo un bronzo agi Europei 2021
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Il terzo posto della Nazionale di baseball all’Europeo è un fallimento. Non è il caso di girarci attorno. Ve lo dice uno che di fallimenti delle Nazionali di baseball ne ha visti. Ero l’inviato di Baseball.it a Bonn quando la Russia (2001) eliminò gli azzurri, che erano i grandi favoriti per il titolo, alla fine di una semifinale disgraziata. Ero al mio secondo anno alla FIBS quando (2003) la Svezia eliminò l’Italia nei quarti di finale. Ero a Praga quando (2005) gli azzurri persero la finale con l’Olanda subendo un pesantissimo 15-1. Ero a Barcellona quando (2007) gli azzurri finirono addirittura sesti ed ero in Olanda (2016, il mio ultimo anno alla FIBS) quando l’Italia finì terza.

A dirla tutta, la sconfitta con la Russia nel 2001 la definirei più un incidente di percorso, che un fallimento. Ricordo ancora gli occhi stralunati di Jim Davenport quando mi avvicinai mentre si cambiava le scarpe (andava in campo con gli spikes) e, con una certa faccia di bronzo, iniziai l’intervista con un “l’impossibile dunque è accaduto” che mi avrebbe dovuto far mandare a quel paese. Ma Jim Davenport era un gentiluomo.

Gli altri sono proprio fallimenti. E quello più simile all’eliminazione in semifinale con Israele resta la sconfitta con la Svezia. Anche quel giorno ad Amsterdam giocavamo contro un lanciatore 40enne. A Bonn 2 anni prima gli azzurri lo avevano battuto 11-1 in 7 riprese. Rivedo quel pitcher svedese, di cui non ricordo il nome, dirmi a fine partita: “Non penso che l’Italia sia veramente venuta qui per giocare, oggi”. La frase mi colpì molto. In effetti, pensai, all’Europeo l’Italia di solito non va per giocare, ma per battere l’Olanda. Curiosa attitudine, per altro, visto che con l’Olanda non vinciamo quasi mai. Non all’Europeo, almeno, visto che su 36 edizioni gli olandesi ne hanno vinte 24 e noi solo 10.

Va aggiunto che in quel 2003 l’Italia si rifece con gli interessi, dominando il torneo di Qualificazione Olimpica, chiuso con una memorabile vittoria contro l’Olanda al Pim Mulier di Haarlem. Che è uno stadio nel quale vincere è bellissimo. Anche perché se vinci bene, gli olandesi ti applaudono.

Io in quella Qualificazione Olimpica mi dedicavo alle radiocronache delle partite dell’Italia. Eravamo in un’era pre social media, pre streaming video e persino pre play by play sul sito. Così lo streaming audio mi era parsa una bella cosa. Io nasco orgogliosamente radiocronista. Alla fine mi si avvicinò uno degli steward e mi disse in spagnolo: “Io sono di Curaçao e capisco l’Italiano. Hai fatto una radiocronaca molto onesta. Bravo”. La frase è inserita nella top 10 delle mie soddisfazioni nel baseball.

L’Italia non reagì particolarmente nel 2005. Dalla Repubblica Ceca volammo negli USA per una serie di partite contro la Nazionale di College della quale è lecito riportare pochi ricordi. Incluso un programma di viaggio delirante, che portò il sottoscritto, il fotografo Ezio Ratti, Sal Varriale e gli allora rookie Leo Zileri, Ale Maestri e Stefano Bazzarini a prendere un aereo dal Connecticut a Durham-Raleigh in piena notte.

La debacle del 2007 invece fu frutto di diversi errori di programmazione. Ero influente consigliere del manager Giampiero Faraone e non nego che fui io a convincerlo a convocare il catcher Matt Ceriani e il lanciatore Peppino Norrito. Altri lo convinsero a escludere Tony Fiore e a portare in Spagna Seth Lafera infortunato. La rotazione dei lanciatori fu un disastro. Giovanni Carrara e Ale Maestri furono utilizzati per dominare la Gran Bretagna. Non entrarono in campo nelle sconfitte con Francia e Spagna. Faraone e il suo staff conclusero qui la loro avventura azzurra. Soffrii parecchio per l’allontanamento di Giampiero, verso il quale ho sempre nutrito un grande affetto e una stima immensa. Ma quell’episodio doloroso pose le basi per gli esaltanti anni di Marco Mazzieri. Dal 2007 al 2017 l’Italia vinse 2 Europei consecutivi (2010 e 2012) e si qualificò per il secondo turno del World Baseball Classic 2013.

Mazzieri era il manager del fallimento del 2016, quando l’Italia perse con la Spagna e l’Olanda e non giocò la finale. Ma quell’Italia diede comunque tutto.

Vista l’Italia all’Europeo 2021, penso che la Federazione non debba esitare. Il baseball italiano si merita un altro cambio radicale.

Anche per Mike Piazza provo affetto. Mi ha accolto a casa sua a Miami, quindi quello che sto per scrivere mi fa soffrire. Eppure lo devo scrivere: la sua gestione ci ha mostrato un manager piuttosto assente e, penso sia la conseguenza, una programmazione all’acqua di rose.

Onestamente, non si sa cosa l’Italia si aspettasse da Mike Piazza, che il manager non lo ha mai fatto. Ma la domanda giusta è: cosa si aspetta la FIBS dal manager della Nazionale?

A giudicare da quel che ha detto il vice presidente Mignola al Consiglio Federale, più o meno quello che ha avuto. Riporto testualmente dal sito federale: “Il carisma e l’esperienza di Mike (Piazza) sono un tesoro prezioso per i nostri ragazzi e insieme a questo staff completamente nuovo rappresentano l’occasione di cambiare una mentalità che in molti casi è ancora troppo legata al passato e alle sue metodologie. Nessuno può pensare che succeda in un giorno, ma la strada è questa, senza ombra di dubbio.”

Lasciatemi dire che ci vuole del coraggio, per dire “la strada è questa” alla fine di una stagione nella quale hanno perso tutte le Nazionali di baseball, a parte la Under 12. La Under 15, la Under 23 e la Nazionale maggiore hanno tutte mancato la finale.

La verità dunque è che le cose non sono mai andate così male. E il mio timore è che non potranno che peggiorare, visto che i migliori giocatori italiani si misurano in un campionato sostanzialmente amatoriale.

A ragazzi che giocano poco più di 20 partite a stagione, come facevano i loro nonni negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, non so che tipo di vantaggio possa dare “l’esperienza di Mike Piazza”. Lui come giocatore accumulava attorno a metà marzo il numero di partite che i suoi ragazzi di oggi giocano in un’intera stagione italiana. E comunque, quando avrebbe potuto trasmettere la sua esperienza, Michele, visto che con i “nostri ragazzi” in campo non ha mai lavorato? Sia chiaro, se mi sbaglio smentitemi.

Insomma, lasciatemi essere ancora più diretto, a cosa punta la FIBS con le Nazionali di baseball?

Lasciatemi porre un’altra domanda diretta: che scopo aveva la CEB, quando ha deciso di aumentare le partecipanti all’Europeo a 16? Perché il risultato più evidente che ha ottenuto è stato ridurre le partite (potenzialmente) di alto livello a 3 o 4 in tutto il torneo. Dico potenzialmente, perché Israele-Italia, con i pitcher azzurri che hanno concesso 13 basi ball, tanto di alto livello non è stata.

Per dire, con la formula precedente a 12, per arrivare in finale si dovevano giocare 8 partite. Di queste almeno 5 erano contro avversari di livello. Qui ne sono bastate 6. Solo 2 contro avversari importanti.

Dalla CEB mi diranno quello che mi ripetono da quando ho i calzoni corti: “bisogna dare la possibilità agli altri Paesi di crescere”. Il proposito è nobile. Ma prendere atto della realtà è anche meglio. E la realtà dice che 34 Europei su 36 li hanno vinti l’Olanda e l’Italia. La Spagna vinse in casa nel 1955 (per capire quanto tempo è passato: mio padre non aveva ancora chiesto a mia madre di uscire). Il Belgio vinse nel 1967 (a quel punto, i miei genitori avevano iniziato ad uscire, ci avevano preso gusto, si erano sposati ed ero nato io. Che però non andavo ancora all’asilo), quando né l’Italia né l’Olanda si iscrissero.

Se le cose non sono mai andate così male non è che sia solo per colpa della FIBS. Perché sarò diretto ancora una volta: il movimento molto di diverso non si aspetta. C’è in effetti chi ha già riportato in auge il vecchio refrain che ad agosto non si può giocare perché “gli addetti delle società hanno pur diritto alle ferie”. Sono partiti gli elenchi dei fenomeni non convocati. E’ tornato d’attualità il super classico “come fanno i nostri ragazzi a venir fuori, con tutti questi stranieri che gli portano via il posto”.

Non cambierà mai nulla. E forse è meglio così. Perché il prossimo cambiamento potrebbe essere ricordato come il Cretaceo-Paleocene del baseball.

 

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.