Olimpiadi, inizia la festa e il baseball sta a guardare

A Londra è scattato il countdown per l'avvio della 30esima edizione dei Giochi, ma c'è amarezza per l'esclusione del baseball. Se la Major non molla i suoi assi, impossibile rientrare. Ora la palla a Fraccari e all'IBAF

Venerdì sarà una giornata triste per il baseball. Mentre ci arrabattiamo nel nostro campionato invisibile, a Londra esplode la grande festa dello sport mondiale a cui noi, non solo intesi come Italia ma come sport, non siamo invitati. Dopo vent'anni il baseball subisce l'onta dell'esclusione dal programma dei Giochi, cosa mai vista in precedenza come ricorda Roberto Perrone sul Corriere della Sera: uno sport, due includendo il softball, buttati fuori senza tanti complimenti e già bocciati anche per la prossima edizione, quella di Rio de Janeiro 2016.
Per fortuna, almeno, baseball e softball hanno eliminato quella ridicola situazione di candidarsi alle Olimpiadi come due sport separati, come se la pallavolo maschile si presentasse come sport diverso da quello femminile, solo perché le donne hanno la rete più bassa. Fraccari e il suo omologo presidente della federazione mondiale del softball hanno deciso di unire gli sforzi e presentarsi alla corsa per la riammissione alle Olimpiadi del 2020 come un'unica disciplina, in versione maschile e femminile. Capirai che sforzo di fantasia, ma sembra che l'intesa non sia nemmeno stata così semplice.
Ma questo è solo uno dei difetti che hanno portato il baseball all'esclusione dai Giochi. Il vero nodo, al di là di qualche problema di troppo col doping che abbiamo avuto in passato (a cui persino la nazionale italiana ha contribuito), è la posizione refrattaria della Major League di fronte alla partecipazione ai Giochi. Le grandi leghe americane, chiuse ostinatamente nel loro aureo isolamento, non hanno mai accettato di sospendere per un breve tempo il loro campionato per mandare i migliori atleti del pianeta ai Giochi. Uno sforzo richiesto ogni quattro anni, risolvibile con l'anticipo di una settimana dell'opening game e il posticipo di otto giorni delle World Series. Un sacrificio che in cambio potrebbe valere una presenza da protagonisti sulla più grande platea sportiva mondiale. Eppure i signori delle Major non ci sentono proprio.
Se ai Giochi venissero mandate quanto meno le nazionali del Classic, l'interesse delle Tv e dei media di mezzo mondo avrebbe un'impennata enorme. Se invece il Cio si vede arrivare ai Giochi, oltre ai soliti pseudo dilettanti cubani, le squadre di studenti americani o di dopolavoristi giapponesi e coreani, capisce che il business non esiste. E siccome il Cio si muove solo nella direzione in cui vede i soldi (ovvero audience e diritti Tv), non può certo eccitarsi per i tornei di baseball che si sono visti da Barcellona '92 a Pechino 2008.
E' inutile girare intorno al nocciolo della questione: se le Major League non mollano i loro assi, il baseball non tornerà mai più ai giochi. E d'altra parte, perché il basket manda i suoi Dream Team pieni di stelle NBA? Perché l'hockey manda i grandi protagonisti della NHL ai Giochi invernali? Perché è stato ammesso il golf che può portare i grandi professionisti del circuito? Ecco, il Cio pretende – giustamente – che alle Olimpiadi si presenti il meglio di ogni sport, almeno nelle discipline in cui lo si può fare, e chi si adegua ha il giusto risalto.
Adesso la palla della riammissione ai Giochi è in mano a Riccardo Fraccari e all'Ibaf, ma la partita si giocherà proprio su questo fronte: il presidente mondiale dovrà convincere le grandi leghe che se vogliono cercare di rendere questo sport veramente planetario devono fare qualche sacrificio anche loro. Magari per averne poi un ritorno in chiave di reclutamento e di merchandising. D'altra parte il grande successo del Classic dovrebbe dimostrare proprio questo, ma forse gli americani non hanno capito completamente nemmeno le potenzialità di questo torneo. Il fatto che paesi come Giappone, Corea, Venezuela, Dominicana, Messico e tanti altri (per non parlare ovviamente degli Usa) possano vedere le loro nazionali vere alle Olimpiadi farebbe salire vertiginosamente le quotazioni commerciali di questo sport agli occhi di Rogge e compagni.
Il rugby, che sembrava lo sport più chiuso del mondo, governato per un secolo dai parrucconi britannici, arrivò a giocare il suo primo campionato mondiale solo nel 1987, andando oltre le tradizionali tournée di stampo ottocentesco. Ma da quel momento in poi il mondiale di rugby ha moltiplicato edizione dopo edizione il suo fascino e il suo valore commerciale. Tanto da riuscire ad arrivare alle Olimpiadi (dal 2016) almeno con la versione surrogata del rugby a sette. Il baseball governato dagli egocentrici americani è rimasto invece in coda al gruppo. E se le Major League non si svegliano, resteremo sempre l'oggetto misterioso dello sport mondiale.

Informazioni su Elia Pagnoni 51 Articoli
Nato a Milano nel 1959, Elia Pagnoni ricopre attualmente il ruolo di vice capo redattore dello sport al quotidiano "Il Giornale", dove lavora sin dal 1986. E' stato autore di due libri sulla storia del baseball milanese.

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