Jesus Matos, "el Rey de los ponches"

Il pitcher dominicano della Fortitudo Bologna sta viaggiando verso gli 800 K nel campionato italiano e il quarto trionfo in 6 anni nella classifica degli strike-out

Dritta veloce in mezzo al piatto, ancora una dritta da 92 miglia, poi un'altra fastball stavolta sul filo esterno e una curva. Strikeout. Così, in quattro lanci, Jesus Matos ha messo a sedere Paul Macaluso al sesto inning di gara1 tra Bologna e Reggio Emilia (giovedì della settimana scorsa) confezionando il suo centesimo strikeout stagionale. Successivamente, il pitcher dominicano della Fortitudo ha lasciato altri due battitori avversari al piatto (Robert Lee e Pete Farina) portandosi a quota 102. E mettendo nel mirino il quarto trionfo in sei anni nella classifica degli strikeout. Lo insegue a quota 89 Tiago Da Silva, grande rivelazione del campionato 2008 e bellissima conferma di quest'anno, ma vien difficile pensare che il giovane lanciatore italobrasiliano del San Marino possa recuperare – nei tre turni soltanto che mancano alla conclusione della regular season – i 13 strike-out che lo separano dal brillante Matos attuale.
Già vincitore in questa "specialità" nel 2004 quando firmò 150 eliminazioni al piatto (a pari merito con il prestigioso Jaime Navarro leader carismatico del Grosseto), Jesus Matos si è ripetuto nel suo straordinario 2005 (141 K in regular season, più quelli dei trionfali playoff della Fortitudo) e nel 2006 (primo anche lì con 136).
"El rey de los ponches". Il re degli strikeout. L'uomo nato 35 anni fa a San Pedro de Macoris, terra di giocatori di baseball, fabbrica di campioni, sta viaggiando verso gli ottocento K della sua luminosa carriera italiana. Ne ha già collezionati 788 (e ci riferiamo sempre e soltanto ai "numeri" di regular season, quelli che determinano ufficialmente le classifiche, senza pertanto calcolare i K confezionati nei playoff dove la Fortitudo arriva regolarmente ogni anno e quelli in Coppa dei Campioni). Jesus a quota ottocento potrebbe arrivarci addirittura già domani sera, sul diamante di Godo: dodici strikeout in una sola partita sono alla sua portata, ricordando i 15 che collezionò la magica notte di ottobre 2005 in gara7 dell'Italian Series tra Bologna e San Marino.
Nessuno come Matos, negli ultimi sei campionati. Sul piano della continuità ad alto livello. "Numero uno" per le statistiche. Arrivò in Italia nel 2004. In cinque stagioni e… mezza, ha totalizzato (fra regular season e playoff) 61 partite vinte. Contro 21 perse. Che significa una percentuale di vittorie pari al 74,4{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71}. Performance da fuoriclasse. E i 788 strikeout sono stati ottenuti in 705 riprese lanciate.
Ma il dato che di Matos maggiormente impressiona è il basso numero di basi per ball, appena 113. Ne concede una ogni 6.2 inning. E' la fotografia di un grandissimo controllo e di una disarmante naturalezza nel trovare la zona dello strike.
Una "macchina da strikes", Matos. Fin troppo. Talvolta gli viene rimproverato, infatti, di non selezionare i lanci nella maniera più efficace. Nel senso che in certe situazioni varrebbe la pena lanciare qualche ball in più, magari concedere a volte un passaggio gratis anziché rischiare una secca "legnata" per voler tirar dentro il più possibile.
Jesus lo sa che dovrebbe "variare" maggiormente ed essere più scaltro nelle scelte tattiche, ma quando è lassù sul mound la tentazione di tirare strike – sempre o quasi – è troppo forte. Regalare una base su ball non fa parte del suo principio, del suo spirito. Lo disturba. E così, a volte, tende a tirare una palla in mezzo al piatto quando sarebbe più prudente, più saggio un "lancio sporco". Questo è il… difettuccio che ha accompagnato la carriera del pitcher dominicano, fin da quando – negli ultimi anni novanta e nei primi anni del Duemila – giocava in squadre affiliate alla Organizzazione dei Colorado Rockies. Supponiamo che sia questo il motivo che gli ha fatto perdere il treno per la Major League. Altrimenti… non lo avremmo mai visto in Italia.
Curioso come Matos venne tesserato dalla Fortitudo Bologna. Non era la prima scelta. Mauro Mazzotti, che guidava allora la squadra bolognese e che aveva vinto lo scudetto del 2003, stava cercando il nuovo pitcher partente straniero. E organizzò un try out nella Repubblica Dominicana. Si presentò anche Matos. Il "provino" non andò bene. Tuttavia Mazzotti aveva intravisto in quel ragazzo un potenziale interessante, gli concesse una seconda opportunità e quella volta Jesus fu decisamente più convincente. Però Mazzotti già inseguiva un'altra idea. Rientrato in Italia, il manager della Fortitudo ritenne opportuno "andare sul sicuro". Non voleva avventure e così scelse per la sua Italeri un lanciatore che già conosceva il campionato italiano e che pertanto era garanzia di affidabilità: Gabriel Ozuna. Questi aveva prodotto ottime cose nella stagione precedente giocando con la casacca del Nettuno. Si parte. Il destino è in agguato. Prima amichevole pre-season della Fortitudo Italeri, c'è Ozuna sul monte quando una secca battuta proietta la pallina addosso al pitcher spaccandogli il braccio. Stagione finita per Ozuna prim'ancora che cominciasse. Un contrattempo imbarazzante. Inizia una ricerca affannosa per trovare un nuovo lanciatore. Il tempo stringe. Ed ecco che Mauro Mazzotti, ad un certo punto, si ricorda di quel ragazzo dominicano che s'era presentato al try out dicendo: "Tengo uno slider como un machete". Frase suggestiva, rimasta fortemente impressa in Mazzotti. Il manager della Fortitudo lo contatta, lo fa arrivare a Bologna. Jesus ha fame. Fame di gloria. Non ha avuto quella buona sorte che avrebbe meritato, giocando nei campionati minori professionistici, in Dominicana, in USA, in Canada. Cerca qui la consacrazione. E' motivatissimo. Ha talento, braccio, orgoglio. E questo slider micidiale. Si propone alla grande. In campionato lui, semisconosciuto, ingaggia un duello spettacolare con il famoso Jaime Navarro, superstella del Grosseto, lanciatore pagatissimo nei suoi anni ruggenti in Major League. In Coppa dei Campioni l'uomo di San Pedro de Macoris spinge la Fortitudo, in quel 2004, fino alla finalissima (perduta contro il fortissimo Rotterdam). Magistrale la partita contro gli olandesi del Bussum, lasciati a zero.
E memorabile la partita decisiva della serie finale – sul filo del rasoio – per lo scudetto 2005. "Jesus Matos quella domenica lanciò con una tranquillità e una padronanza non comuni", racconta Marco Nanni, che allora era il vice di Mazzotti e in questi ultimi anni è il capoallenatore della Fortitudo. "Fu una partita stretta, difficile. Il controllo, tecnico e mentale, di Jesus su quella finalissima fu totale. Una performance che non è facile da vedere neanche negli Stati Uniti".
Prestazioni di grande spessore. Matos ne ha fatte tante nelle sue sei stagioni italiane. Una indimenticabile è datata fine luglio 2006, quando sfiorò il perfect game. Ricorda Nanni: "Giocavamo al Falchi, contro Parma. Jesus letteralmente dominante, in un crescendo spettacolare. Dall'inizio fino all'ottava ripresa ottenne 24 out consecutivi, la metà da solo, l'altra metà con l'ausilio della difesa. Stavamo vincendo 5-0, ma al pubblico il punteggio finale non interessava più, tutti erano concentrati sul nostro lanciatore dominicano che stava per realizzare qualcosa di straordinario. Il perfect game è un evento rarissimo".
Significa non concedere nessuna battuta valida, nessuna base su ball, nessun punto. Completando la partita. I vecchi appassionati di baseball, fedeli frequentatori del Falchi fin dalla costruzione dello stadio bolognese, assicuravano che un perfect game non si era mai visto su questo campo. Matos stava per entrare nella leggenda. Ma…
Ma in apertura di nono inning Pier Paolo Illuminati rompe l'incantesimo, batte la prima valida per il Parma e infrange il grande sogno di Matos. "In realtà – osserva Marco Nanni, acor oggi con un certo disappunto – Jesus venne messo in difficoltà da una chiamata poco felice dell'arbitro, il quale invertì uno strike in ball. Ci sarebbe voluta più attenzione in quel momento da parte dell'arbitro. Non ti stai giocando la "no hit". Jesus si stava giocando il perfect game, pertanto anche una base su ball avrebbe rovinato l'impresa".
Quella chiamata dell'arbitro di casabase condizionò Jesus che, per non rischiare la base su ball, lanciò in mezzo al piatto. Fu pronto Illuminati a colpire la pallina, battuta valida, e addio alla partita perfetta di Matos. "Peccato, Jesus l'avrebbe meritata. Ma rimane l'immagine di una prestazione enorme".
Anche adesso, che ha 35 anni ed ha perso un po' la potenza e la freschezza d'una volta, Matos sa essere ancora protagonista. E in certe partite dominante. Un maestro dello slider. E' un tipo di lancio di medio-alta velocità che effettua una rotazione laterale e, in certi casi, passa da una parte all'altra della zona dello strike.
Non ci sono dubbi. Valutato nell'arco di più anni, il lanciatore straniero "partente" della Fortitudo è stato il migliore in queste stagioni. Ovviamente l'anno più esaltante è stato il 2005, quando chiuse la regular season con un fantastico 0.88 di media PGL per poi essere nei playoff l'eroe dello scudetto.
Però, a livello d'una singola stagione, Jaime Navarro (Grosseto) fa fatto qualcosa di colossale. Sbalorditivo quel 18-2 totale fra regular season e playoff (cioè 18 partite vinte e 2 perse) realizzato nel magico 2004 del club maremmano. Navarro ha lanciato per Grosseto tre anni, chiudendo l'avventura italiana con 28 partite vinte e 12 perdute (percentuale di vittorie del 70{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71}). Discorso analogo per David Rollandini, altro superlativo interprete di quel massiccio Grosseto del 2004. Rollandini fece registrare uno strepitoso 14-1 in regular season, con 1.16 di media pgl. Finì la stagione con 15 vinte e 2 perse (Matos fece 16-4). Decisamente meno brillante la seconda stagione italiana dell'italoamericano del Grosseto: 9 partite vinte e 4 perse nel campionato 2005, fra regular season e playoff (1.63 la sua media pgl dopo due stagioni).
Lo 0.88 di media pgl (ERA) confezionato da Jesus Matos nella regular season 2005 venne abbassata l'anno successivo da Brian Looney che ottenne 0.75 con la casacca di Rimini. Però il raffronto che stiamo facendo riguarda lanciatori "partenti", mentre Looney è stato prevalentemente un rilievo, anzi un closer. I numeri infatti dicono che soltanto 4 volte in tre anni ha cominciato una partita, mentre per 12 volte è salito sul monte entrando dal bullpen.
A livello d'una sola stagione formidabile la percentuale di vittorie del 93.8{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71} fatta registrare da Jason Simontacchi nel Rimini del 2000.
Se Jesus Matos va considerato il più forte pitcher straniero dal 2004 a oggi, quali sono stati in assoluto i "più grandi"? Partiamo per un lungo viaggio mandando indietro – ma non troppo – la macchina del tempo. Ci tuffiamo in una "valutazione" a partire da metà anni settanta. Ebbene: le statistiche (ma non soltanto i "numeri") mi fanno pensare a Richard Olsen e a Craig Gioia. Considero loro i più grandi.
Olsen, soprannominato a Grosseto "il Divino", è stato un lanciatore di classe enorme e di spiccata personalità. Nelle sue 7 stagioni in Maremma "il Divino" ha vinto 92 partite perdendone solo 14. Percentuale di vittorie dell'86.8{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71}. Braccio da strikeout, realizzò 1045 K in 975.2 riprese lanciate. Il suo anno boom è stato il 1985: 17 partite vinte e 2 perse, 199 eliminazioni al piatto in 183 inning.
Prima di Olsen ha furoreggiato in Italia, con la casacca di Parma, Craig Gioia. Nella ruggente Germal che in quegli anni dominava in Europa, Gioia vinse 39 partite giocando per tre stagioni. Ebbene, in tre anni perse soltanto 4 volte (mediamente una sconfitta all'anno). Chiuse la sua esperienza nel baseball italiano con una percentuale di vittorie del 90.7{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71} e con 0.80 di media-pgl. Infilando 425 strikeout in 370 inning. La sua stagione più esaltante? Il 1978: 17 vittorie, 1 sconfitta, 172 K in 149 riprese lanciate, con 0.54 di pgl.
Né si può dimenticare Daniel Miele, altro oriundo "super" della Germal Parma. Il totale delle 5 stagioni italiane di Miele (una a Grosseto, 4 a Parma) parla di 50 partite vinte e 8 perse. Percentuale di vittorie dell'86.2{a532ea87065a226235aa5e2ec0f60c65de6c3e3f1fcc40dde38c3952df1a8e71}. Non era propriamente un pitcher da strikeout: 449 in 504.2 rl. Media pgl 1.53. Clamoroso il suo 1976: concluse da lanciatore imbattuto il campionato di Serie Nazionale, sul monte della Germal firmò 16 vittorie. Nessuna sconfitta.

Informazioni su Maurizio Roveri 192 Articoli
Maurizio Roveri, giornalista professionista, è nato il 26 novembre 1949. Redattore di Stadio dal 1974, e successivamente del Corriere dello Sport-Stadio, fino al gennaio 2004. Iscritto nell'Albo dei giornalisti professionisti dal luglio 1977. Responsabile del basket nella redazione di Bologna, e anche del pugilato. Caporubrica al Corriere dello Sport-Stadio del baseball, sport seguito fin dal 1969 come collaboratore di Stadio. Inviato ai campionati mondiali di baseball del 1972 in Nicaragua, del 1988 in varie città d'Italia, del 1990 a Edmonton in Canada, del 1998 in Italia, nonché alle Universiadi di Torino del 1970 e ai campionati Europei del 1971, del 1987, del 1989, del 1991, del 1999. Dal 2004 al 2007 collaboratore del quotidiano "Il Domani di Bologna" per baseball, pugilato, pallavolo.  

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