'Daboliu' Bush e gli italo americani

Interessante confronto culturale con gli italiani d'America, che sostengono: “Chi difende la vera cultura italiana siamo noi”

Sto seguendo alla televisione un discorso elettorale di George 'daboliu' Bush, presidente degli Stati Uniti, in diretta da Orlando. Qui in Florida, dove mi trovo al seguito della nazionale, il nostro è abbastanza popolare. Almeno a giudicare dalla folla in delirio che continua a gridare "4 more years" ('altri 4 anni': insomma, vogliono che 'daboliu' sia rieletto). Camicia azzurra, senza cravatta, sorriso poco intelligente come al solito, 'daboliu' sta elencando tutti i successi del suo Governo con compiacimento. E sta promettendo meno tasse. Anzi, di bloccare le tasse al livello di oggi e non se ne parli più. Scelgo poi alcuni passi che meritano la vostra attenzione:
1) L'Esercito americano è e resterà un esercito di liberazione
2) Senza quel che fa l'America, il mondo nel prossimo decennio vivrebbe una tragedia
3) A lui di quello che pensano all'estero non interessa granchè e terrà tutta la sua campagna elettorale in America
4) L'11 settembre è una lezione che non dimenticherà
5) Ha un nuovo sito internet: www.georgewbush.com ("E' facile da ricordare persino per me", ha scherzato 'daboliu')
6) Convincete i vostri vicini di casa ad andare a votare

Perchè sto ascoltando Bush?
E' successo che ieri mi sono ritrovato in mezzo ad un gruppo di Italiani d'America (tutti nati in Sicilia) e li ho trovati concordi nel dire "Teniamoci Bush, quello che viene potrebbe essere peggio". Così mi sono incuriosito e ho deciso di approfittare del discorso di 'daboliu' in diretta televisiva. Che, lo ammetto, è molto ben preparato sotto tutti i punti di vista. Non fosse per il fatto che durante le pause George muove le labbra come un pesce dopo che lo avete pescato (avete presente Bearzot durante il Mondiale 1982? Uguale!), sarebbe quasi convincente. Non fosse per lo strano 'tic' e per il contenuto del discorso, naturalmente.

Con gli Italiani d'America non abbiamo parlato solo di Bush.
Ci siamo naturalmente occupati di baseball, anche perchè nel ristorante Paolo's non si può prescindere dal farlo. Ci sono su tutte le pareti foto di Tom La Sorda e cominciano ad apparire quelle di Giuseppe Norrito (figlio del titolare) con la maglia dell'Italia. Abbiamo parlato anche di me. "Ma tu, sei italiano?" mi ha chiesto una signora.
Ovviamente ho risposto di sì, provocando un attimo di silenzio. Poi è arrivata l'affermazione chiarificatrice: "Mah, hai un accento così strano".
A quel punto mi sono reso conto di essere l'unico presente a non parlare in siciliano o con accento siciliano. A rappresentare l'Italia erano infatti con me il Consigliere Federale Enzo Savasta (di Messina) e Anthony Billisi, ultimo arrivato del gruppo azzurro. Il giovanotto si esprime in effetti o in Inglese o in dialetto siciliano. A volte con un interessante 'mix' dei due idiomi a me non sempre comprensibile. A meno che non si parli di baseball.

Forse la sparo un po' grossa, ma mi vien da dire che il Vecchio Gioco è l'unica attività nella quale la cultura di matrice italiana è accettata senza riserve in America. Più della ristorazione (gli anglosassoni resteranno sempre convinti del fatto che loro nei ristoranti italiani sono destinati ai tavoli peggiori) e della moda (al contrario del baseball e della ristorazione, non è "per tutti"). Quella italiana è, non a caso, l'unica comunità di origine europea che il baseball lo considera un suo patrimonio.
Non tornerò a parlare qui di grandi scrittori italo americani come Don De Lillo e John Fante. Vi porterò però l'esempio di uno scrittore americano di origine greca. Si chiama Jeffrey Eugenides e nel suo bellissimo "Middlesex" scrive, riportando le impressioni di un emigrante greco: Gli Stati Uniti abbondavano di bamconote e fortissimi battitori di baseball(…). Con due parole, Eugenides ci fa capire che per l'emigrante l'abbondanza di banconote è una situazione stranissima e non a caso associa questa abbondanza al baseball, qualcosa di completamente alieno alla sua cultura.
"Middlesex", per la cronaca, ha vinto il premio "Pulitzer".

Un'ultima cosa mi ha colpito dell'incontro con gli Italiani d'America. Salutandomi mi hanno detto: "Ormai i veri italiani sono qui in America. Qui siamo legati alle nostre tradizioni. Voi in Italia potete dire la stessa cosa"?
Sinceramente, non ho saputo cosa rispondere.

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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