Baseball in bianco e……nero

La storia della Negro League Baseball

Come ogni sera avevo dato la buonanotte ai miei piccoli, Federico e Carlo, ed ero pronto ad immergermi nel magico mondo della PlayStation2. Da qualche giorno mi ero regalato per il mio compleanno la versione 2004 di ‘All Star Baseball”, un gioco davvero ben fatto, con un realismo impressionante. Mentre curiosavo tra le varie opzioni di gioco notai che era possibile disputare partite amichevoli anche tra squadre diverse da quelle della MLB attuale: vi era infatti una squadra ‘All Stars” composta dalle stelle del presente, una ‘Legends” composta dai grandi giocatori del passato (Babe Ruth, Cy Young ecc..) ed infine una davvero speciale: una squadra composta dalle stelle della Negro League! Iniziai a giocare una partita scegliendo tra gli stadi il ‘Polo Ground” di New York, e mi sembrò di fare un viaggio nel tempo, avendo l’impressione di essere davvero lì, in quello stadio, nei lontani anni ’20…..
Il primo campionato regolarmente organizzato si disputò nel 1920, ma la storia della Negro League inizia molto tempo prima: nel 1867, appena due anni dopo la fine della Guerra Civile, le squadre di baseball erano composte esclusivamente da bianchi, per cui l’ingresso dei giocatori di colore era continuamente ostacolato. Nei successivi 25 anni soltanto una cinquantina di giocatori riuscirono a giocare in una squadra di baseball, ed il primo fu Bud Fowler, il quale nel 1878 divenne il primo giocatore di colore a disputare un campionato nell' International League come lanciatore. Cinque anni dopo fu imitato da Moses Fleetwood ‘Fleet” Walker, ricevitore della squadra di doppio A di Toledo, nelle minors; quando in seguito nel 1884 i Toledo Blue Stockings si unirono all' American Association (formatasi nel 1881), Walker ed il fratello Weldy divennero i primi giocatori di colore della storia del baseball a disputare una partita di Major League; ci vorranno più di sessant’anni per vedere un altro giocatore nero nelle majors….Nel 1885 fu così formata la prima squadra professionistica di baseball formata da giocatori di colore, i Cuban Giants di New York. La prima vera organizzazione di una lega tra giocatori di colore arrivò però solo il 13 febbraio 1920 quando Rube Foster creò la ‘Negro National League” formata da otto squadre: Chicago American Giants, Chicago Giants, Dayton Marcos, Detroit Stars, Indianapolis ABC’s, Kansas City Monarchs, St. Louis Giants ed appunto i Cuban Stars. Negli anni successivi nacquero diverse squadre che si organizzarono in un’altra lega, la Eastern Colored League, e nel 1924 fu disputata la prima World Series tra i Kansas City Monarchs (campioni della Negro League) e l’Hilldale Club (campioni della Eastern League), conclusasi con la vittoria dei Monarchs per 5 gare a 4. Nel 1928 la Eastern League si sciolse, ed alcune delle squadre entrarono nella Negro League. Nel 1930 morì Rube Foster, ex lanciatore e ‘padre” della Negro League, dopo una lunga degenza in ospedale. Ma la gravissima crisi finanziaria americana culminata con il collasso della borsa del 1929 non diede scampo neanche al baseball, e nel 1931 la Negro League disputò la sua ultima stagione. Dopo alcuni tentativi di ricostituirla, nel 1933 Gus Greenlee organizzò una nuova Negro National League con la partecipazione di sette squadre, e quattro anni più tardi fu formata una lega che comprendeva le squadre dell’ovest e del sud degli Stati Uniti modificando il nome in ‘Negro American League”. Negli anni a venire tantissimi giocatori di colore mostrarono una grande abilità nel giocare a baseball, spesso superiore a quella dei colleghi bianchi; purtroppo per motivi razziali non poterono mai confrontarsi con loro; non era un problema di regolamento, in quanto non esisteva nessuna norma scritta che impedisse alle società di tesserare giocatori di colore, ma era soltanto uno spregevole “modus vivendi” dell’America di quel tempo, avallato dal giudice Kenesaw Mountain Landis, all’epoca commissario della Lega, il quale dichiarò che ‘sarà bandita ogni persona la cui presenza è dannosa al gioco”; mai fu spiegato il motivo per cui un giocatore di colore fosse dannoso al baseball…Per questi motivi il 1946 resterà per sempre una delle date più importanti del baseball e della storia stessa: Jackie Robinson divenne infatti il primo giocatore di colore dell’era moderna a rompere le barriere razziali, entrando a far parte dell’organizzazione dei Brooklin Dodgers, una squadra di bianchi. Dopo neanche un anno Robinson era già stato chiamato in prima squadra, nella MLB, vincendo il titolo di ‘Rookie of the Year”. Rotto quel vergognoso muro, ci fu spazio anche per tutti gli altri giocatori di colore, anche se il processo di integrazione non fu semplice, ed episodi di razzismo si continuarono a verificare negli anni a venire: nel 1960 faceva parte della squadra dei Chicago Cubs il forte esterno Lou Brock, un giovane dal talento enorme la cui sola sfortuna era quella di giocare in una squadra dove vi erano già tre esterni di colore. Quando il general manager John Holland decise di cedere Brock alla squadra di St. Louis, il coach dei Cubs Buck O’Neill entrò furioso nell’ufficio di Holland chiedendo spiegazioni: ‘vedi quel cestino, disse Holland, è pieno di lettere, lettere scritte da tifosi che vengono allo stadio pagando il biglietto, e sai cosa c’é scritto?….Cosa volete far diventare la nostra squadra, i Kansas City Monarchs? Mandate via questi negri!” O’Neill uscì disgustato da quella stanza, ed immaginate la sua soddisfazione quando vide Brock diventare uno dei giocatori più forti e veloci della storia della MLB, il cui nome spicca all’interno della Hall of Fame dopo una carriera strepitosa.
Nel 1952 tramontò definitivamente la storia della Negro League, una lega che diede comunque luce a campioni straordinari, ragazzi che nonostante la diffidenza e l’ignoranza della gente giocavano la loro partita, spesso quando le squadre dei bianchi erano in trasferta, suscitando sempre l’ammirazione ed il rispetto del loro pubblico. Tra i tanti giocatori che hanno fatto la storia della Negro League, Leroy Paige e Josh Gibson furono quelli che lasciarono maggiormente il segno: Leroy Paige rappresentava per la Negro League quello che Babe Ruth era per la Major League, un autentico fuoriclasse. Soprannominato ‘satchel” per la dimensione dei suoi piedi, iniziò la sua carriera da lanciatore nel 1926 con la squadra dei Chattanooga Black Loockouts; trovare statistiche credibili sulla sua carriera è abbastanza difficile, ma la leggenda vuole che abbia vinto più di 1500 partite con l’incredibile record di 300 shutout! Giocatore girovago (a quei tempi i giocatori erano pressoché dei mercenari, andando a lanciare nella squadra che gli offriva l’ingaggio migliore in una partita), Paige ebbe i massimi risultati con la squadra dei Kansas City Monarchs, con la quale vinse quattro pennant della Negro American League ed una World Series nel 1942. Alla veneranda età di 42 anni Paige divenne in seguito il ‘rookie” più anziano della storia del baseball, debuttando nella MLB con la maglia dei Cleveland Indians e contribuendo con un record di 6-1 alla partecipazione degli Indians alle World Series del 1948. Nel 1971 Paige divenne così il primo giocatore di colore della storia del baseball ad entrare nella Hall of Fame.
Per quanto riguarda invece Josh Gibson, entrato nella Hall of Fame nel 1972 esattamente un anno dopo Paige, spese la sua carriera come ricevitore, affermandosi come uno dei più grandi battitori di quel tempo. Le sue statistiche, anche in questo caso tra realtà e leggenda, raccontano di 962 fuori campo realizzati, con una media battuta di .391 in 17 anni di carriera. La rivista Sporting News del 3 giugno 1967 riportò che durante un incontro di Negro League disputatosi allo Yankee Stadium, Gibson colpì un fuoricampo che raggiunse l’incredibile distanza di 580 piedi! Morì tragicamente a soli 35 anni, pochi mesi prima del debutto di Robinson nella MLB, ma lasciò in tutti il ricordo di un ragazzo straordinario, con una grande dedizione al baseball ed alla vita.
Pensate per un attimo ad immaginare una MLB senza Hank Aaron, Willie Mays, Roberto Clemente o Barry Bonds: i giocatori di colore hanno contribuito a rendere il baseball uno dei giochi più affascinanti del mondo, ed ai giorni nostri è incredibile pensare che gli si impedisse di giocare a baseball calpestando la loro dignità di sportivi e, principalmente, di uomini. Ora, grazie soprattutto alla forza ed al coraggio di Jackie Robinson, possono giocare a testa alta su tutti i campi da baseball, raccogliendo l’applauso e l’ammirazione di tutti gli appassionati del nostro sport.

Ricordo che tanti anni fa, quando ero bambino, rimasi molto impaurito da una scena di un film sugli zombie, al che mio padre mi disse:” non è dei morti che devi aver paura, quelli non possono più far male a nessuno, ma dei vivi…..”

Informazioni su Francesco Paolo Falanga 83 Articoli
Sposato dal 1999 con Ester, Paolo ha due maschietti, Federico di 2 anni (lanciatore destro!) e Carlo di un anno (battitore mancino!), che spera prendano la sua stessa passione per il baseball.Commercialista di professione, adora la sua famiglia e la casa con le quali passa tutto il tempo possibile.Come hobby ha la televisione (è un divoratore di eventi sportivi in TV), internet e viaggi, ha passato molto tempo negli Stati Uniti dove ha avuto la fortuna di visitare molti stadi di baseball e di vivere da vicino l'educazione sportiva degli americani.Ha collaborato saltuariamente con qualche rivista in America ed è un grande tifoso dei San Francisco Giants. (Spera di rendersi utile al sito cercando di trasmettere quelle stesse emozioni che prova ancora oggi nel vedere una partita del 'meraviglioso gioco del baseball'....

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