Hai voglia a dire Lega…

Ci sono i presupposti per la nascita della Lega? Ce lo chiediamo dopo che nel 2002 la FIBS ha siglato il primo vero contratto di sponsorizzazione della sua storia

Il dibattito sulla Lega che spesso ricorre nel forum mi ha stimolato alcune riflessioni. Opinioni puramente personali di qualcuno che, al baseball e alla comunicazione, ha dedicato la vita.

“Il marketing è la scienza che studia la gestione del consenso”. E' una definizione che mi ha sempre affascinato da quando il Professor Carlo Carlì la pronunciò in un'aula dell'Università di Parma. Doveva essere il 1987.
La definizione la trovo comunque quanto mai attuale. Soprattutto se penso alla strategia di comunicazione che ha portato l'attuale presidente del Consiglio a vincere le elezioni o se guardo alle politiche di marketing sportivo del terzo millennio.
Prendete l'Inter: è ovvio che l'individuazione nel Milan del nemico da abbattere è una strategia, arriverei quasi a dire una finzione. Nel concreto, il Milan è forse la società con cui l'Inter fa più affari, ma pubblicamente i rossoneri sono dei 'mostri' che vivono in un 'inferno' dove impera il 'conflitto di interessi'. Il Milan, da parte sua, al giochino ci sta e affide le repliche alle dichiarazioni di personaggi insignificanti (dal punto di vista del 'potere') come il vice presidfente dell'Inter Facchetti, a dichiarazioni di personaggi altrettanto insignificanti, come il direttore di Milan Channel Mauro Suma.
Prendete la Juve: verificato che alla storiella dello 'Stile Juve' simil sabaudo non credeva più nessuno e che la spregiudicatezza di altre società (Milan, Parma e Inter soprattutto, negli anni '80 e '90) rischiava di rendere irraggiungibili i migliori calciatori, ha costruito le sue fortune di immagine dicendo ai suoi tifosi: “noi siamo sempre quelli (Bettega Vice Presidente, icona bianconera) ma ci siamo adeguati ai tempi perchè la Famiglia Agnelli non può più spendere quel che spendeva (Chiusano presidente, legale della Famiglia; un top manager del gruppo come Giraudo a far quadrare i conti). Gli Agnelli però ci sono vicini (Umberto è sempre allo stadio) e in compenso sul mercato torniamo i primi, perchè abbiamo preso il più bravo di tutti (Moggi)”.
In poche parole, Juve e Inter dicono ai tifosi quel che i tifosi vogliono sentirsi dire. Cioè, gestiscono il consenso.
Mi rendo conto che sto prefigurando una strategia di comunicazione che fa fare al vecchio 'dolus bonus' della pubblicità (quasi messo k.o. dalla pubblicità comparativa, per altro) la parte del leone, ma la direzione presa è proprio questa. E l'azione, forse ingenua in apparenza, ha avuto conseguenze devastanti quando le risposte non sono state fatte a tono. Un esempio chiarirà quel che intendo.
Il Milan risponde infatti a tono all'Inter (con parole vuote a parole vuote). Alle ultime elezioni i competitori dell'attuale Presidente del Consiglio hanno provato a rispondere alle parole vuote con argomentazioni politiche. E si è visto com'è andata. Certo, si può sostenere che quelle argomentazioni politiche erano deboli, ma non credo sia questo il punto.
Un altro esempio riguarda la pubblicità comparativa. Che risultato otterrebbe chi si mettesse a pestare i piedi per dire che non è vero che il tal detersivo 'lava bianco che più bianco non si può? Secondo me, disastroso. La risposta adeguata sarebbe, ad esempio, 'il nostro bianco, oltre a essere bianco che più bianco non si può, è anche profumato'.
Viceversa, ad una compagnia telefonica che sostiene di praticare i prezzi più bassi (che, al contrario del 'bianco che più bianco non si può', sono numeri) si può rispondere comparandoli con i propri, effettivamente più bassi.

Mi dilungo su questa strategia di comunicazione basata sul 'dolus bonus' perchè trovo che sia la stessa che Aldo Notari ha usato nel mondo del baseball italiano.
Più che al mio stimatissimo professore di marketing, in questo caso vorrei fare riferimento ad un poeta inglese di tanti secoli fa. Fece dire Milton a Lucifero in 'Paradise Lost': “E' meglio essere servi in Paradiso o regnare all'Inferno?”.
Questa è la domanda che Notari implicitamente ha posto a tutto il suo Consiglio Federale a partire dal 1984. All'inizio anche con una certa logica: erano gli anni della crisi post presidenza Beneck. Una crisi che venne fatta ben più grande di quanto non fosse, ma non è di questo che voglio parlarvi.
Col passare degli anni questo basso profilo ha avuto sempre meno senso, ma il baseball italiano non se ne è accorto. Anche perchè Notari continuava a dire ai suoi elettori quel che volevano. Non so di preciso cosa, ma vado per deduzione, visto che lo votavano.
La forza di Notari erano i grandi club, che in fondo non sopravvivevano malissimo, visto che continuavano a vincere, a primeggiare in Europa, a vedere i loro giocatori vincenti in azzurro. E tutto sommato anche a fare discreti affari, perchè i primi anni di 'play off' alle finaliste hanno portato soldi veri e in contanti.

Notari è caduto perchè ad un certo punto non è stato più in grado di dire alle società quel che volevano: ovvero vi lascio gestire la serie A1. Nello slang politico del baseball la frase ad hoc sarebbe stata: “Faccio nascere la Lega”.
Notari fece invece tutt'altro e il suo Consiglio federale partorì uno statuto in cui la Lega assumeva le caratteristiche di organo della FIBS (come il CNC o il CNT o l'Ufficio Stampa, per intenderci).

Siamo così ai giorni nostri.
Leggendo il forum capisco che c'è una generalizzata approvazione verso un generico progetto di Lega delle società di A1. Qualcuno si spinge più in là e lascia capire di concepire la Lega come un organo assolutamente autonomo, quasi concorrente alla Federazione, che dovrebbe gestire il Campionato di A1 in toto. Nessuno però spiega con che soldi.
Non si ha l'impressione che le società navighino nell'ora e la base di partenza di una Lega oggi si calcola in centinaia di milioni (di lire).

Dirò di più: il baseball italiano è un pericoloso ibrido, nel quale si muovono entità (associazioni sportive, cooperative, società di capitali…) che investono fino a 1 miliardo delle vecchie lire ogni anno con l'unica speranza di…spenderlo tutto. Non ci sono ritorni concreti, il campionato è valutato ufficialmente 10.000 euro come diritti televisivi, si gioca in stadi poco accoglienti e quasi sempre vuoti e nella sostanza non si fa nulla per migliorare questo stato di cose.
Qualcuno può azzardare che, in queste condizioni, la Lega come entità a fine di lucro (perchè tale, è bene ricordare, sarebbe) può nascere?

Al di là dei termini, serve un progetto. Un progetto comune, intendo.
Serve che le società si guardino negli occhi e dicano a cosa vogliono puntare. Non un generico “gli stadi pieni” o “il ritorno dello spettacolo”. Qualcosa di concreto: uno standard medio di qualità degli stadi da raggiungere in un certo numero di anni, una parte del bilancio coperta da incassi o da soci sostenitori da raggiungere in un certo numero di anni, un numero di giocatori formati nel proprio settore giovanile o in un 'farm system' a cui si è contribuito in maniera fattiva. Senza contare la possibilità di ottenere sensibili riduzioni di costi trattando unitariamente convenzioni con trasportatori, albergatori, fornitori di attrezzature sportive.
In un'ottica come questa, la Federazione va vista come una ricchezza, non un nemico da combattere. Perchè la Federazione ha struttura, personale, professionalità interne ed esterne a disposizione, il cui costo sarebbe un vero e proprio freno alla nascita della Lega.

Se qualche lettore pensa che io stia parlando in teoria, invito a riflettere sul fatto che un esempio di questo genere esiste già. Le società di A2 si sono riunite e hanno individuato un obbiettivo comune, ovvero ridurre al minimo i costi delle trasferte in Sicilia. E, con la FIBS come garante, hanno raggiunto il risultato che si erano prefisse.

Prima di chiudere, qualche precisazione.
Al di là delle definizioni accademiche, il verbo 'to market' in Inglese significa sostanzialmente 'vendere'. Tutti sanno che per vendere è necessario far sapere che si ha qualcosa da vendere. Il cliente di una società di baseball sono gli spettatori, gli appassionati. E' possibile che si pretenda di tenerli all'oscuro di notizie da ottobre ad aprile e che in Italia le trattative di mercato siano più segrete dei nomi dei Carabinieri infiltrati nelle organizzazioni mafiose?

Spero che quel che ho scritto faccia sorgere un dibattito sereno. Chiunque voglia discutere direttamente con me, può scrivermi. Chi vuole parlarne nel forum può a sua volta (e naturalmente) farlo.
Solo, cerchiamo di capire che discutere non basta. E'necessario fare.

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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