Arbitri

Addio a Santino De Franceschi, una vita in campo e la sua “scuola”

Alla sua “scuola” teneva più di tutto. Perché dicevi arbitri e automaticamente dicevi Nettuno, come per un lungo periodo è stato anche in campionato. Ora che le squadre sono polverizzate e un titolo sulle sponde del Tirreno non arriva da oltre 20 anni, quella “scuola” esiste ancora e chi l’ha portata avanti – già quando era in campo, ma anche fuori – è stato lui, Sante De Franceschi, per tutti Santino. Se ne è andato questa mattina, a 79 anni, e il mondo del batti e corri non può far altro che piangerlo.

Un signore, un gran signore, in campo e fuori. Quando lasciò il suo posto dietro casa base, nello stesso stadio di Bologna dove 40 anni prima aveva iniziato, ci fu una meritata standing ovation. Mondiali, europei, la semifinale olimpica di Barcellona ’92 (Cuba-Usa, mica uno scherzo…), la Hall of Fame, ma anche l’umiltà di andare  ad accompagnare un esordiente in una partita giovanile. Perché la “scuola” doveva andare avanti e infatti è ancora un esempio che viene seguito in tutta Italia, qui gli arbitri continuano a formarsi ed eccellere. Ebbene quella volta, in campo, da modesto manager, c’era chi scrive. Non è che con gli arbitri ci fosse gran feeling, se poi le cose non andavano bene come spesso accadeva con quella formazione, se c’era una cosa da contestare si usciva dal dug-out per farlo notare. “A Gianni….” – disse dal diamante con una faccia che era eloquente molto più del richiamo verbale. “Hai ragione Santi’….” e feci mesto ritorno in panchina. Aveva detto a me che stavo commettendo un errore, protetto quel ragazzino dietro casa base, usato lo stesso metodo che per anni, con i grandi campioni che abbiamo avuto modo di vedere sui nostri diamanti, aveva utilizzato uscendo sempre come il migliore. Dava sicurezza a chi scendeva in campo, sapevi che se la zona dello strike era quella non sarebbe cambiata e se aveva fatto una chiamata stretta difficilmente aveva sbagliato. Poi capitava, siamo tutti fallibili, ma finiva lì. Tranne una volta, quando in un derby Anzio-Nettuno giocato in quello che oggi è il “Reatini” restò k senza girare un giocatore verdeazzurro, il quale uscendo incavolato promise “levo l’assicurazione”. Sì, perché Santino nella vita era titolare di un’agenzia di assicurazioni. Diciamo il peccato, non il peccatore, perché siamo certi che alla fine, quel contratto  non è stato mai rescisso.

Grazie Santino, per come hai arbitrato, per la “scuola”, per l’esempio. Ti sia lieve la terra.

Gianni 23

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Gianni 23

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