San Marino, le voci del trionfo

Doriano Bindi e Mauro Mazzotti raccontano il sesto scudetto arrivato sul Titano

Diego Gasperoni
Fernando Baez con la bandiera sammarinese in mezzo al campo: una scena che si è ripetuta a un anno di distanza
© Diego Gasperoni

Si dice che una vittoria è ancora più bella se sofferta, dunque il sesto scudetto del San Marino è bellissimo. Perché è stato tanto sofferto, forse ancor più rispetto a come si immaginavano sul Titano, anche se dirigenza e staff tecnico sammarinese temevano una squadra come il Parmaclima. E avevano ragione. Doriano Bindi non lo dice, ma a fine partita gli si leggeva negli occhi quella soddisfazione per aver conquistato uno degli scudetti più belli dei suoi sei.

“Ricordo bene lo scudetto contro Rimini nel 2012, anche quello vinto con una valida all’ultimo inning, ma era comunque garasei e quando siamo andati alla bella (con Nettuno e ancora contro i Pirati, ndc) la partita decisiva l’abbiamo comandata fin dall’inizio. Questa invece è stata sofferta, infinita, a tal punto che pensavo che fosse diventata una partita maledetta”.

Bindi (ma anche Poma del resto) ha giocato spesso queste Italian Baseball Series con il “libro in mano” scegliendo spesso il bunt appena il primo uomo dell’inning si presentava in base. Una scelta che soprattutto al 12° inning di garasette è stata decisiva (bunt valido di Batista e subito dopo quello di Ferrini). “Cinque partite su sette in questa serie si sono decise alla fine, quando giochi per fare un punto in più del tuo avversario, devi badare al sodo”.

A metà di garaquattro, quando Bindi si è presentato sul monte per togliere la pallina a Quevedo, il pitcher non l’ha mandata giù. Forse però era un segno che dovesse essere proprio lui il pitcher vincente della bella. “Ci sta quando un lanciatore viene sostituito soprattutto in una finale scudetto. Con lui ho parlato, ci siamo subito chiariti e ha lanciato una super partita domenica. Così come Centeno che ha fatto più di 250 lanci nella finale e nella settima è stato straordinario”.

Un paio di massime del baseball le regala il general manager di San Marino, Mauro Mazzotti, frasi che sintetizzano alla perfezione uno scudetto arrivato al 12° inning di garasette. “Vincere non è semplice, ma ancor più difficile è confermarsi. Perchè tutte le avversarie vogliono battere i campioni d’Italia. E quando si dice che un buon monte di lancio batte il box di battuta, la dimostrazione è arrivata in una finale con partite spesso a punteggio basso e quattro giorni di riposo per i pitcher rispetto alla regular season dove lanciano a distanza di una settimana”.

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Carlo Ravegnani, nato a Rimini il 31 gennaio del 1968, ha iniziato la carriera giornalistica a 20 anni nell'allora Gazzetta di Rimini, "sostituita" dal 1993 dall'attuale Corriere Romagna dove lavora come redattore sportivo. Collaboratore per la zona di Rimini del Corriere dello Sport-Stadio, il baseball è stata una componente fondamentale nella sua vita: dapprima tifoso sugli spalti dello Stadio dei Pirati poi giocatore nel mitico Parco Marecchia e poi nel Rimini 86, società che ha fondato assieme a un gruppo di irriducibili amici. Quindi giornalista del batti e corri sulla propria testata e alcune saltuarie collaborazioni con riviste specializzate oltre che radiocronista delle partite dei Pirati assieme all'amico e collega Andrea Perari. Negli ultimi anni è iniziata anche la carriera dirigenziale, con la presidenza (dal 2014) dei Falcons Torre Pedrera. La passione è stata tramandata al figlio Riccardo che gioca lanciatore e prima base negli stessi Falcons.