La Federbaseball europea senza più una "casa"

Con un post pubblicato l'ultimo giorno del 2013 su Internet, la CEB ha annunciato la chiusura dell'ufficio di Francoforte, senza più un recapito postale, telefono e fax. Sempre più a tinte fosche il futuro del baseball continentale

Una notizia di poche righe. "IMPORTANT. The CEB office in Frankfurt was closed on 31st Dec 2013! Please note that the regular mail address, phone and fax number does not exist anymore! The only way to contact CEB office is by email office@baseballeurope.com". Questo il breve testo pubblicato alle 16.56 del 31 dicembre 2013 sul sito ufficiale della Federazione europea. Così, mentre molti si accingevano a festeggiare la conclusione del 2013 speranzosi in un nuovo anno ricco di opportunità (anche per il nostro amato sport), il gotha del baseball continentale decideva di chiudere il suo solo ufficio di rappresentanza. Sia chiaro, già un paio di anni or sono, la CEB aveva deciso di ridurre l'impegno dell'unico dipendente da full time a part time: troppo costoso per le poche cose da fare, avranno pensato. Ora il problema non si pone più, siamo nell'epoca del "cost cutting" e della "spending review", giusto?
Mi chiedo – ma sono solamente pensieri in libertà – cosa succederebbe se la UEFA chiudesse i suoi uffici a Ginevra, oppure la FIBA (pallacanestro) quelli di Monaco o la CEV (pallavolo) quelli in Lussemburgo? A cosa serviranno mai tutti questi uffici? Costi, persone, trasferte… Semplice. Una parola sola, per quanto non piaccia ai più, soprattutto nel nostro sport: marketing. Questi uffici servono come rappresentanza di un movimento nei confronti delle istituzioni, servono per incontrare i rappresentanti dei media e delle televisioni, servono per gli sponsor, servono per decidere i calendari, il format delle manifestazioni, servono per riunirsi. Nell'epoca di Internet tutto ciò potrebbe sembrare "vecchio", sorpassato. Ma se vere potenze dello sport non chiudono i propri di uffici un motivo ci sarà pure.
La chiusura della sede di Francoforte è solo l'ultimo atto prima di calare il sipario sull'esperienza continentale del nostro sport. Un movimento, il nostro, incapace di trovare quell'idem sentire necessario a programmare al di là del singolo anno. Come già scritto varie volte, è necessario un Progetto per il baseball europeo al 2020: dove vogliamo andare, cosa vogliamo essere… Senza un progetto, una strada da percorrere, non attireremo mai quegli investimenti di marketing necessari a finanziare la crescita del nostro sport. Senza regole certe, calendari condivisi, pianificazione (anche dei costi), quale investitore rischierebbe di suo? Il continuo cambio di formati delle coppe europee per club, un campionato europeo per nazioni asfittico, non vanno in questa direzione.
Con la chiusura dell'ufficio di Francoforte, prendiamo atto di un fallimento totale che vede due compagini contrapposte (Olanda e Italia) incapaci di collaborare per il bene del nostro sport. Leggo e sento spesso parlare di "abbiamo un prodotto da vendere", peccato siano solo parole. Ad una base intenta a far quadrare i conti, a riempire i vivai, in una parola a "sopravvivere", corrisponde un vertice incapace di pianificare, programmare e decidere.
Resto convinto che il nostro sport abbia un assoluto bisogno di quella vetrina continentale – alla stregua dell'Eurolega di basket o della Celtic League di rugby – che solo un campionato europeo d'elite per club possa dargli. Un prodotto in grado di attirare sponsor e media, oltre che pubblico. Un prodotto che solo una Federazione Europea lungimirante può creare e gestire. Peccato che una Federazione Europea non l'abbiamo più, o quanto meno è senza una casa.

Informazioni su Marco Micheli 87 Articoli
Nato nel 1980, metà trentino e metà vicentino (ma veronese d'adozione), vive e lavora a Milano dove si occupa della comunicazione nel Sud-Europa per Boston Consulting Group (BCG), la multinazionale della consulenza aziendale. Grande appassionato di tutto ciò che è USA, dallo sport ai "dunkin' donuts", dai grattacieli della East Cost alle spiagge assolate della West. Marco scopre il baseball all´età di 10 anni quando, complice un regalo della madre insegnante, inizia a calpestare lo storico diamante della Polisportiva Praissola sotto la guida del "mitico" Bissa. Gli anni dell´università lo allontanano dalla terra rossa, prima a Feltre e poi a Milano. Ma è con il conseguimento della laurea in Relazioni Pubbliche allo IULM di Milano e il conseguente viaggio-premio a Boston che si ritrova e decide di curare la comunicazione dei Dynos Verona. Due anni favolosi, densi di soddisfazioni e ricordi indimenticabili, impegnato nella promozione del sodalizio scaligero sulla stampa locale e sportiva. Per Baseball.it scrive del "batti e corri" giocato nella sua terra, il Nord-Est, ma non disdegna di "intrufolarsi" anche in questioni a carattere nazionale e internazionale.

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