Mazzanti: "Dura andare via, non potevo far altrimenti"

Intervista all'ex capitano del Nettuno che spiega molti retroscena dietro la sua partenza verso Rimini. Pesano come un macigno i rapporti con la società e la mancanza di un progetto

Fuori piove che “Dio la manda” ma per fortuna la struttura dell'Academy of Nettuno Baseball è al coperto. L'ondata di maltempo ha messo in ginocchio praticamente mezza Italia, ovviamente senza risparmiare Nettuno dove vista la situazione viene facile dire che piove sul bagnato. No, una battuta così non può passare, dimenticatela in fretta…

Ma è con un sorriso che Giuseppe Mazzanti ci accoglie dentro. E' venerdì pomeriggio ed i corsi invernali vanno avanti. Un venerdì che ha visto concretizzarsi in maniera definitiva il suo passaggio al Rimini, ultimo giocatore di una lunga serie che lascia il Nettuno per accasarsi altrove, una cosa annunciata da baseball.it già il 2 gennaio scorso . Questo però è il capitano, e quando un capitano parte non è mai affar semplice… Nel calcio è successo recentemente con Alessandro Del Piero “accompagnato” dalla Juventus in Australia, molti anni addietro con Alessandro Nesta venduto dalla Lazio al Milan. Un giocatore di riferimento non va via senza strascichi, ecco perché la voglia di ascoltarlo è tanta.

– Cosa si prova ad andare via dal Nettuno, e che Nettuno lasci?
Dopo tanti anni è un dispiacere, essendo cresciuto qui e avendo fatto tutto il settore giovanile. A 16 anni subito inserito in prima squadra per trascorrerne poi undici di carriera, vincendo anche qualcosina: due Coppe Campioni e una Coppa Italia, e disputando quattro finali scudetto. E' un dispiacere, lo ripeto, penso che la tifoseria e anche la città non meritassero tutto questo, ma è una scelta obbligata. Il Nettuno che lascio? Non so nemmeno che Nettuno sarà, non saprei dirti altro al momento.

Il giorno dopo un primo gruppo di giocatori, agli ordini di Claudio Scerrato e proprio all'Academy dove Giuseppe opera, si sarebbe riunito per un primissimo allenamento. Per restituire un po' di normalità ad un ambiente che ne ha tanto bisogno in un momento così difficile.

I tifosi hanno capito che tipo di momento si sta vivendo. Ma non temi che qualcuno ti accusi di non essere attaccato alla maglia, o di abbandonare la barca che affonda?
I tifosi non sanno molte cose che sono successe in questi anni. Parlo a livello personale, ma Giuseppe Mazzanti negli ultimi due anni è venuto incontro alla società dimezzandosi lo stipendio e in quello scorso ha accettato di disputare la stagione gratis. Quest'anno non c'erano le garanzie per rimanere, sino all'ultimo ho aspettato il Nettuno, ho atteso sino a Natale poi mi hanno detto che non potevano fornire più garanzie. Io a quel punto gli ho fatto un'ulteriore proposta, ovvero che degli arretrati non me ne sarebbe importato niente e che sarei rimasto. A patto che si fosse allestita una formazione competitiva e che ci fosse un minimo di rimborsi spese. Non mi hanno proprio risposto, ed è differente rispetto ad un “no”. Sono stato anche costretto a fare questa cosa, altro che abbandonare la nave.
– Quindi non c'erano le condizioni per continuare…
– Qualsiasi giocatore sogna di fare una carriera qui, che è la Juventus del baseball. Chi vorrebbe mai lasciare il Nettuno? Io non avrei mai voluto, ma non ci sono più le condizioni per rimanere, preferisco allora andare in un'altra società dove spero di trovare più stimoli che sin da adesso ho. Già da oggi. Trattare con il Nettuno negli ultimi tempi mi aveva pure fatto un po' passare la voglia di giocare. Nella scorsa stagione era una forzatura andare agli allenamenti, che c'erano e non c'erano, un'ora e mezza e finiva la seduta. E per far questo mettevo da parte anche la mia famiglia, perché il baseball rimane la mia passione.
– Sei l'ultimo in ordine di tempo che dice che andare avanti così era diventato inutile.
– Non voglio fare polemiche oggi, il mio pensiero adesso è andare a Rimini e giocare. Ma è facile fare uno più uno se si conosce un po' la situazione. Io non porto rancore per nessuno, ma fino a che ci sono certi personaggi nel Nettuno io non ho alcuna intenzione di tornare.
– Ma se ci fosse stato un piano chiaro sin dall'inizio, e se ci fossero stati i cambiamenti che erano stati annunciati, si sarebbe trattato su basi diverse?
– Io speravo in questo. Già solo con un progetto, con l'idea di un nuovo allenatore, sicuramente qualcuno sarebbe rimasto. La scelta è stata obbligata non solo per me, ma anche per quegli altri che sono andati via, e mi sento adesso di parlare anche a nome loro. Ma vorrei sottolineare una cosa, Mazzanti anche negli anni scorsi ha ricevuto offerte sostanziose da altre società, però ha sempre scelto di rimanere a Nettuno anche dimezzandosi lo stipendio.
– Il fatto che nel 2013 avete giocato gratis è stata una scelta vostra?
– Quando abbiamo saputo della rinuncia dello sponsor ci siamo guardati in faccia tra giocatori, staff tecnico e presidente e abbiamo convenuto che se c'era qualcuno che poteva salvare il baseball questi erano i giocatori, non la società e non l'allenatore. Avremmo continuato la stagione gratuitamente. Il presidente ci ha spiegato che potevamo affrontare una stagione gratuitamente ma che lui si sarebbe impegnato a saldare i debiti con i giocatori. Questo non è avvenuto, e noi abbiamo giocato senza rimborso spese. C'è stato quello della vendita degli abbonamenti, ma parliamo di cifre modeste perché alla fine per il gruppo di 16-17 italiani che eravamo ne è uscito un singolo stipendio, a dire la verità. Questo è quanto, gli impegni non sono stati rispettati ma avevamo messo da parte anche questo, pur di rimanere a Nettuno.
Ma c'è stato un fattore scatenante?
A fine anno, quando già era emersa questa situazione, scopriamo che qualcuno della società aveva chiamato le altre squadre italiane per girare in prestito oneroso i sei giocatori di proprietà del Nettuno. A quel punto veniva facile prendere la palla al balzo e andare via.
– Quali sono le condizioni del tuo trasferimento a Rimini? Ti rivedremo ancora qui?
Andrò a Rimini con la formula del prestito annuo. Le condizioni per tornare? Che nel Nettuno cambino totalmente sia l'aspetto dirigenziale che quello manageriale. Un progetto che oggi non c'è o che perlomeno non vedo, la mia paura è che visto che non lo hanno fatto sino ad adesso non lo faranno mai”.

Anni fa, e parliamo dell'inizio degli anni 2000, vedendolo giocare per la prima volta in serie A gli affibbiammo un soprannome: The Natural, il titolo in lingua originale del film “Il Migliore” con Robert Redford. Nickname che lui sembrò proprio apprezzare, se è vero che di tanto in tanto ce lo ricorda. Se lo godranno i tifosi del Rimini.
Adesso cancellerò tutto e penserò alla mia nuova squadra, ed a vincere il mio primo scudetto nella massima serie. Quando il Nettuno vinse il suo ultimo, nel 2001, stavo in America. I tifosi romagnoli possono stare tranquilli che darò il massimo per far tornare il titolo italiano a Rimini”.
– Ed i tifosi del Nettuno?
– Loro sono la parte migliore. Una tifoseria così non esiste in tutta Italia, li porto sempre nel cuore. Spero che tra qualche anno, chissà anche già il prossimo, io possa tornare a giocare qui. Mi dispiace per loro, lo avevo detto prima e lo ripeto adesso, perché vengono sempre in tanti allo stadio, lo scorso anno capirono il problema e comprarono gli abbonamenti per aiutarci, un'infinità di piccole e grandi cose. Tanto di cappello e tanti ringraziamenti di cuore ai tifosi nettunesi, ai miei tifosi.

Informazioni su Mauro Cugola 547 Articoli
Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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