E se anche il baseball avesse il suo B-Day?

L'assegnazione a "partita secca" del titolo nazionale del volley fa storcere il naso ad alcuni puristi, ma piace tanto a pubblico, sponsor e media. Una soluzione applicabile anche al nostro baseball? Forse no, ma almeno da considerare

Domenica 22 aprile, ore 17.30. A Milano, oltre 11.000 spettatori riempiono all'inverosimile il Forum di Assago, uno tra i più grandi palazzetti sportivi italiani. Motivo? Assistere alla finalissima scudetto del campionato di pallavolo fra Trento (267 km di distanza dalla metropoli lombarda) e Macerata (486 km), rispettivamente prima (24 vittorie e 2 sconfitte) e seconda (20-6) della regular season. Dicevamo, oltre 11.000 tifosi, dopo i 9.200 di Roma nel 2011 e gli 8.400 di Bologna nel 2010. Numeri impressionanti per quello che è stato soprannominato "V-Day"., ovvero il Volley Day che da tre stagioni ha sostituito, con successo, la precedente formula del "Best-of-5". Un unico grande evento, dove convogliare tutti gli sforzi di marketing e mediatici; una partita sola, con tutto l'entusiasmo e la tensione agonistica che ne consegue. La formula è sicuramente vincente anche se i puristi sono subito pronti a far notare che con formule come questa non è detto che a vincere sia la squadra migliore e che la "cara vecchia" formula darebbe l'opportunità di far emergere il vero vincitore. Tant'è. Lo sport ad alti livelli è preparazione, è gruppo, è individualità ma è anche investimenti, tanti, di risorse; è divertimento ed emozione per i tifosi; è importante e strategico – o almeno dovrebbe esserlo – per gli sponsor.
Per questo, eventi del genere "sfondano", hanno successo e piacciono, quantomeno alla maggioranza, che poi è quella che conta. Cito alcuni numeri: l'incasso – solo biglietteria – è stato superiore ai 250.000 euro, che per metà andranno alla formazione vincitrice; la partita è stata trasmessa in diretta da RaiSport1, Eurosport2, Al Jazeera, senza citare la copertura mediatica (on e offline); le foto postate su Facebook dai tifosi, i commenti su Twitter, etc… l'indotto per i bar (dentro e fuori il palazzetto) e i gadget (sciarpe, bandiere, trombe…). La Lega Volley ha organizzato e saputo gestire un evento che è diventato un successo, allestendo per l'occasione persino una "VolleyBand" che intrattenesse il pubblico nei tempi morti. Eventi come questo offrono anche la possibilità di dare allo sport quella ribalta che ha magari perso nelle grandi città (non sono casuali le scelte di Milano, Roma e Bologna per la pallavolo), attrarre tifosi e curiosi, sponsor e media.
Una domanda. Ma questo format potrebbe essere applicato anche al baseball? Esistono diversi esempi nel mondo di campionati che si concludono a "partita secca", anche dopo aver disputato i play-off, come il SuperBowl o il campionato universitario americano di basket per citare quelli più famosi. Altri li utilizzano per i trofei: tipicamente Coppe (nazionali e non) per club e All-star game. Comunque lo si utilizzi è un formato che piace e che, spesso, funziona. Certamente la continuità paga e quindi se si decide di percorrere questa strada occorre mettere sul piatto almeno tre edizioni consecutive prima di tirare le somme. La "variabilità" continua, ovvero l'incertezza, spaventa infatti qualsiasi investitore (sponsor). Il successo registrato l'anno scorso dall'All-Star Game di Nettuno (oltre 6mila persone) ne è la conferma, tanto che la Federazione lo ha messo in calendario anche quest'anno. Che sia questo un formato già applicabile, rifondandola, alla Coppa Italia? Certamente, se questa tornerà a valere qualcosa (accesso alla European Cup?). E riguardo al campionato, è possibile immaginare un "B-Day"? Forse no, anche se permetterebbe di riavvicinare il pubblico delle grandi città al baseball attraverso la creazione di eventi a contorno. Ve la immaginate una "gabbia di battuta" in Piazza Duomo a Milano? Sarebbe stupendo. Senza dimenticare gli indubbi vantaggi economici e di marketing. Attendiamo i vostri commenti. D'altronde sognare non costa nulla.

Informazioni su Marco Micheli 87 Articoli
Nato nel 1980, metà trentino e metà vicentino (ma veronese d'adozione), vive e lavora a Milano dove si occupa della comunicazione nel Sud-Europa per Boston Consulting Group (BCG), la multinazionale della consulenza aziendale. Grande appassionato di tutto ciò che è USA, dallo sport ai "dunkin' donuts", dai grattacieli della East Cost alle spiagge assolate della West. Marco scopre il baseball all´età di 10 anni quando, complice un regalo della madre insegnante, inizia a calpestare lo storico diamante della Polisportiva Praissola sotto la guida del "mitico" Bissa. Gli anni dell´università lo allontanano dalla terra rossa, prima a Feltre e poi a Milano. Ma è con il conseguimento della laurea in Relazioni Pubbliche allo IULM di Milano e il conseguente viaggio-premio a Boston che si ritrova e decide di curare la comunicazione dei Dynos Verona. Due anni favolosi, densi di soddisfazioni e ricordi indimenticabili, impegnato nella promozione del sodalizio scaligero sulla stampa locale e sportiva. Per Baseball.it scrive del "batti e corri" giocato nella sua terra, il Nord-Est, ma non disdegna di "intrufolarsi" anche in questioni a carattere nazionale e internazionale.

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