Morville lontano dal campo "dopo una vita"

L'addio all'Anzio ("non c'erano più le condizioni rispetto al progetto che c'eravamo dati"), la stagione che inizia, l'evoluzione del gioco. L'allenatore si racconta in un'intervista a "Il Granchio"

Lontano dal campo "dopo una vita". Carlo Morville si racconta in un'intervista in edicola domani sul settimanale "il Granchio" di Anzio e Nettuno. Un anno di pausa dopo che ad Anzio  "non c'erano più le condizioni rispetto al progetto che c'eravamo dati". Quello di arrivare, un giorno, all'IBL con i giocatori che adeso disputano la massima serie e qualche rinforzo. Nessun rancore, la mancanza del campo "se dicessi di non averla sarebbe una bugia" e uno sguardo al movimento: "La A federale è un buon campionato, può essere una vetrina per i giovani ed è paragonabile all'A1 degli anni '90".
Mentre l'IBL "è cresciuta molto, ma per la regola degli Asi non c'è più un italiano nei ruoli chiave". E poi "si gioca poco, come fa la Major a interessarsi di un giocatore che fa 40 partite?". Critica al progetto franchigie "che doveva tener conto del fatto che non siamo negli Stati Uniti". Morville che ha lanciato nidiate di giovani non ha mai avuto incarichi per una Nazionale. Racconta di un contatto nell'81, poi più nulla: "Sarebbe un piacere ma non cerco raccomandazioni e la Fibs magari dà spazio ad alcuni per motivi diversi".
Una piccola stoccata: "Il baseball è semplice nella sua complessità: prendere la palla, tirare la palla, battere la palla. Non servono algoritmi". Poi un accenno alle Major, all'Accademia, a Liddi ("giocò contro di noi, era al Rosemar, si vedeva che era un predestinato), agli allenatori e al gioco che sono cresciuti "perché ci aggiorniamo, abbiamo altri professionisti al nostro fianco". Infine la stagione che inizia nella quale il baseball non mancherà "lo seguirò da spettatore". E, ma saremo più precisi nei prossimi giorni, anche da Baseball.it.

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