Quando il baseball viene a patti con il diavolo

Vendereste l'anima al Diavolo pur di diventare un campione? È quanto propone John Douglass Wallop in "The Year The Yankees Lost The Pennant", un romanzo del 1954 fra i più noti classici sul baseball

La sera del 21 luglio 1958 il coperchio di un tombino a un incrocio deserto della periferia di Washington si solleva. Ne esce uno strano personaggio che, nonostante il caldo, indossa un pesante cappotto. L'uomo estrae dalla tasca un foglietto di carta su cui è scritto un nome, quello di Joe Boyd, cinquantenne agente immobiliare che in quel momento è a casa sua, lì vicino, con una birra in mano, che ascolta la radiocronaca dell'ennesima sconfitta della squadra di cui è tifoso, i Washington Senators. Sono ormai nove anni di seguito che gli Yankees vincono la American League mentre i Senators arrivano sempre ultimi, e Boyd, amareggiato, esce a fare quattro passi per non dover sentire le battute sarcastiche di sua moglie Bess. Si imbatte così nell'uomo del tombino che gli si presenta con il nome di Mr. Applegate e gli fa una proposta sorprendente: lo farà tornare giovane, lo trasformerà in un campione di baseball che aiuterà i Senators a risalire in classifica e impedirà agli odiati Yankees di conquistare il loro decimo pennant consecutivo. In cambio, vuole la sua anima.

Comincia così un vero classico della "baseball fiction", il romanzo del 1954 The Year The Yankees Lost The Pennant ("L'anno che gli Yankees persero il campionato", purtroppo non ancora tradotto in Italia) di John Douglass Wallop, un libro che, due anni dopo l'apparizione di The Natural di Malamud, raggiunse una grande popolarità negli Stati Uniti tanto da essere subito trasformato in un musical di successo con il titolo di Damn Yankees (1955) e più tardi in un film (1958, diretto da Tab Hunter).

Quando Wallop scrisse il romanzo gli Yankees avevano vinto il pennant ininterrottamente dal '49 al '53 e sembravano effettivamente invincibili. Erano la formidabile squadra allenata da Casey Stangel, che vide nello stesso anno (1951) giocare per l'ultima volta Joe DiMaggio e debuttare il mitico Mickey Mantle -il più grande switch hitter di tutti i tempi, con 2.415 valide e 536 fuoricampo in carriera-, che schierava come catcher l'italoamericanoYogi Berra e sul mound alternava Whitey Ford, Allie Reynolds, Vic Raschi e Eddie Lopat, il pitching staff che passò alla storia come "The Big Four".

Invece i Washington Senators (chiamati anche Nationals), fondati nel 1901 e con un discreto passato di successi negli anni '20 e '30, vivevano ormai da anni ai piani bassi della classifica. Proprio i loro scarsi risultati degli anni '50 avrebbero motivato più tardi, nel 1960, la decisione di trasferire la franchigia a Minneapolis, dove presero il nome di Minnesota Twins.

Il dominio assoluto degli Yankees nell'American League era dunque tale da non lasciare speranze alle altre squadre. Così Wallop ambientò la sua storia nel futuro e immaginò che la striscia di vittorie della squadra di New York sarebbe durata fino al 1958, cinque anni dopo la pubblicazione del romanzo (ma non fu buon profeta: in realtà gli Yankees continuarono a vincere il pennant fino al 1964 -con due interruzioni nel 1954 e 1959). Chi avrebbe mai potuto fermare una squadra siffatta che sembrava possedere poteri soprannaturali? Ma ovviamente un "campione venuto dal nulla"!

Ecco allora che Wallop rispolvera la trama tradizionale del giocatore misterioso che appare all'improvviso a risollevare le sorti di una squadra in declino e la incrocia con il mito del Dottor Faust, l'uomo che vendette la propria anima al diavolo in cambio della giovinezza e della sapienza. Il tema tragico di Faust possiede una tradizione letteraria plurisecolare che va da Christopher Marlowe a Goethe a Thomas Mann, ma in The Year The Yankees Lost The Pennant Wallop lo riprese giocando ampiamente sul registro comico.

Dunque, il beffardo Mr. Applegate offre a Joe Boyd il consueto patto col diavolo. Joe accetta, ma pretende l'inclusione di una clausula di rescissione. Alla fine si giunge a un accordo: Boyd si chiamerà Joe Hardy, sarà dotato di straordinarie capacità atletiche, giocherà con i Senators e potrà annullare l'accordo solo nei primi due mesi successivi alla firma. Fino al 21 settembre seguente (proprio il giorno previsto della finale), Hardy potrà tirarsi indietro e tornare ad essere Joe Boyd.

Il cinquantenne trasformato ora in ventiquenne pensa di essere in una botte di ferro. Si presenta tranquillamente al campo dei Senators, chiede di essere sottoposto al solito provino e lì comincia a battere fuoricampo. L'allenatore non crede ai propri occhi e contratta subito il ragazzo, che prima viene impiegato come pinch hitter e poi entra stabilmente nel line-up. I tifosi cercano di capire da dove venga quel giocatore eccezionale, ma Joe si mantiene sul vago. Dice di provenire da Hannibal, Missouri (attenzione: è un'altra strizzatina d'occhio al lettore che sa che Hannibal è la cittadina dove Mark Twain trascorse l'infanzia) e di non aver mai giocato prima se non in partitelle fra dilettanti. Joe riesce a tenere a bada la curiosità della stampa, mentre i Senators sconfiggono una dietro l'altra tutte le squadre del campionato e si avvicinano alla finale con gli Yankees. Ma del Diavolo non ci si può fidare, e Mr. Applegate, come vedremo, ha in serbo una sorpresa per intrappolare per sempre l'anima di Joe Boyd.

Informazioni su Luigi Giuliani 102 Articoli
Un vita spezzata in tre: venticinque anni a Roma (lanciatore e ricevitore in serie C), venticinque anni in Spagna (con il Sant Andreu, il Barcelona e il Sabadell, squadra di cui è stato anche tecnico, e come docente di Letteratura Comparata presso le università Autónoma de Barcelona e Extremadura), per approdare poi in terra umbra (come professore associato di Letteratura Spagnola presso l'Università di Perugia). Due grandi passioni: il baseball e la letteratura (se avesse scelto il calcio e l'odontoiatria adesso sarebbe ricco, ma è molto meglio così...).

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