Kelli Ramos, l'importanza di un grande catcher

IBL: il dominicano ha portato a Nettuno leadership, cervello, carattere, mentalità vincente. E invece la Telemarket Rimini fallisce l'obiettivo-playoff: squadra senza personalità e un club senza un progetto

Nella penombra del dugout, all'una di notte, immersi in un silenzio gonfio di delusione e di rabbia, gli uomini della Telemarket Rimini non trovavano la forza né la voglia di andare nello spogliatoio. Restavano lì, con le divise da gioco ancora addosso, seduti sulla panchina inchiodati al muro oppure appoggiati sui gradini. Ciascuno con la propria tristezza. Chi con le mani sul volto, chi con gli occhi persi nel vuoto a guardare il campo cercando l'ennesimo "perché" ad una sconfitta. Mille pensieri, mille interrogativi, mille riflessioni a flagellare i Pirati e a tormentarli nella notte dei veleni. Nei loro occhi tutta la frustrazione per un obiettivo fallito e per una stagione che, a metà aprile, veniva immaginata in ben altra maniera!
I playoff erano appena scivolati via dalle dita dei riminesi, negli ultimi inning d'una battaglia intensa, lunga, drammatica, crudele. Il Nettuno era orgogliosamente risalito dall'1-6, addirittura ribaltando la partita (8-6), per poi riacciuffarla nuovamente (dopo il pareggio riminese dell'8-8) vincendola 10-9 al 10° inning. Il Nettuno ha avuto resistenza, solidità mentale. Ha avuto il coraggio di crederci sempre. E la capacità di soffrire: quella risorsa che – nei momenti delicati – sorregge una squadra quand'è veramente "unita".
Era un match-chiave per allungare le mani sui playoff, quello di sabato sera. Decideva la serie. E c'è da dire che "stavolta" i Pirati di Romagna ci hanno messo il cuore. Ma il responso del campo non è cambiato. E' arrivata un'altra beffa. Atroce. Un'altra sconfitta, simile a diverse altre accusate in questa stagione da un Rimini specialista nel complicarsi la vita. La sconfitta stagionale numero 17 è diventata la più dolorosa, perché segna la fine di un sogno. Il cuore non basta, se non si è abituati a vincere soffrendo. Quante partite "strette" gettate al vento in questa regular season! Sono 15 (ben 15) le gare perse da Rimini con un margine oscillante fra 1 punto e 4 punti. Esattamente: quattro sconfitte di 1 punto, sei di 2 punti, due di 3 punti e tre di 4 punti. Al contrario, quante sono state le vittorie dei Pirati in "partite strette"? Appena 4: una di 1 punto, una di 2 punti, una di 3 e un'altra di 4. Di piratesco c'è stato ben poco… Piratini, dunque. Altro che Pirati!
L'incapacità di amministrare vantaggi, o di tenere sotto controllo gli arrivi in volata, sta a indicare che non c'è chiarezza. E che la squadra vive su equilibri instabili. In questa Telemarket 2011 non abbiamo mai visto una vera identità tecnica. Né una forte personalità di gruppo. Si spiega così un campionato fatto di insicurezze, di ansia, di inquietudini, di paure, anziché di entusiasmi e di coraggio. Adesso Rimini, per sperare di agguantare l'ultimo posto utile per i playoff, dovrebbe vincere tutte le prossime sei partite che restano. E contemporaneamente il Nettuno perderne tre su sei. La vedo dura, molto dura, direi al confine dell'impossibile. Rimini ha due lunghezze di ritardo dai nettunesi, ma è come fossero tre. Infatti, in un eventuale arrivo a pari merito, sarebbe comunque il Nettuno a guadagnarsi i playoff in virtù dei confronti diretti: 4 le partite vinte dai nettunesi, 2 i successi romagnoli.

Sarebbe troppo semplice, e ingeneroso, adesso, scaricare le colpe su Dushan Ruzic il pitcher australiano il cui rendimento non è stato propriamente affidabile (3 partite vinte, 7 perse e 4.81 di ERA). E ovviamente sarebbe troppo comodo aggrapparsi all'alibi dell'attuale indisponibilità per infortunio del bomber Mario Chiarini. Vorrei far notare che il Cariparma dal 28 aprile gioca senza il lanciatore straniero! Eppure è terzo in classifica, e ha vinto cinque partite più del Rimini. Il Nettuno ha giocato per un periodo abbastanza lungo senza Juan Camilo, e anche con Peppe Mazzanti indisponibile o a mezzo servizio. E sarà proprio la squadra tirrenica (che è costata la metà del Rimini…) ad entrare nei playoff.

Cesare "Rino" Zangheri, il Presidentissimo di tutti gli 11 scudetti del Baseball Rimini (dal 1975 al 2006) e delle 3 Coppe dei Campioni, non è in Italia in queste settimane. Non ha visto i cinque KO delle ultime sei partite. Ma immaginiamo il suo sfogo, amaro e rabbioso, al telefono con chi lo teneva aggiornato. Non le merita, Zangheri, queste delusioni. Lui che ha fatto "grande" il baseball a Rimini, a partire dalla metà degli Anni Settanta. Lui che vive visceralmente questo sport, e questo Club che è la sua "creatura". E' uno degli ultimi mecenati. Anche quest'anno Zangheri ha speso, e speso tanto. Di tasca sua. Non costano poco (tutt'altro…) giocatori come Panagiotis Sikaras, come Josh Phelps, Bryant Nelson, Brandon Chaves, e anche Max De Biase, oltre a Sandy Patrone, Enorbel Marquez, Mario Chiarini, Dushan Ruzic. A proposito di Ruzic: sì, ha deluso, il suo rendimento non è stato pari alle aspettative. Però sarebbe ingiusto sostenere che è stato un acquisto sbagliato: non si può considerare mediocre un pitcher che nel 2010 ha vinto il campionato olandese con un Club prestigioso come il Neptunus Rotterdam facendo registrare uno straordinario 9-0 sul monte (più 2 salvezze) e 1.56 di ERA. Senza dimenticare che Dushan Ruzic ha partecipato a due edizioni del World Baseball Classic con la casacca della Nazionale australiana. Se a Rimini il suo rendimento è stato deludente, vien da chiedersi se sia stata corretta la gestione dell'australiano da parte dello staff tecnico. Forse non è stato messo nella condizione di esprimersi al meglio. Forse non gli è stato dato neanche il tempo di ambientarsi, di adattarsi ad un campionato (l'Italian Baseball League) che non è per nulla semplice. Costretto a sopportare "sotto pressione", e dunque senza serenità, una stagione difficile.
Tornando a Zangheri: Rino è un grande imprenditore, titolare di un'affermata azienda di lavorazione del legno. Personaggio molto noto e apprezzato, uno della "vecchia guardia" dell'imprenditoria riminese. E allora, potrebbe far sì che il Baseball Rimini abbia una managerialità che non ha. O che aveva. Nei suoi anni ruggenti il baseball riminese è stato un modello, per risultati prestigiosi e per organizzazione. Senza andare troppo indietro nel tempo, vorrei ricordare che fino al 2004 Zangheri ha avuto come preziosissimo collaboratore un "signor dirigente" come Alberto Antolini. L'avesse adesso un direttore sportivo di questo spessore… Zangheri dunque deve tornare ad "investire" in dirigenti e tecnici, perché il Baseball Rimini attuale è un Club che non ha un progetto. E si sa: senza una programmazione, e senza una solida struttura organizzativa, non si va lontano. Anzi, non si entra neppure nei playoff. Pur avendo giocatori di qualità.

IL NETTUNO DEI GIOVANI E DI KELLI – Il Nettuno che entra nei playoff (al 90{947471b319fcfc17ee58fe31e0e3b187459371bac22f8f456d2c94c4a7f47895} è fatta!) è un piccolo capolavoro, di orgoglio, di coraggio, di aggressività, di convinzione, di carattere. Il Nettuno è l'arte di arrangiarsi. Roster buono ma senza il potenziale di un San Marino, di un Bologna, di un Parma e anche di quella Telemarket Rimini che sta dietro ai nettunesi. Soprattutto un roster "corto" dopo i ritiri delle "bandiere" Roberto De Franceschi (diventato a gennaio batting coach dello staff di manager Bagialemani) e Igor Schiavetti, che per motivi familiari prese ad aprile la sofferta decisione di lasciare. Poi, mettiamoci l'inutile tentativo di recupero dello sfortunato Marco Costantini (il quale da tempo convive con tre ernie al disco), la doppia frattura di tibia e perone che ha messo KO per tutta la stagione il giovane pitcher Valerio Simone, i problemi di lavoro di Matteo Modica. E… come non bastasse, nel corso di questa regular season ci sono stati lunghi stop per i due bomber Juan Camilo e Peppe Mazzanti, nonché problemi fisici che hanno condizionato in maniera sostanziosa il rendimento di Carlos Richetti. Una coperta corta: tirala una volta di qua, tirala un'altra volta di là, Bagialemani e il suo staff hanno spesso dovuto fare i salti mortali. Andando – nelle situazioni d'emergenza – a pescare nella IBL2 di Guglielmo Trinci. E portando in prima squadra ora Alessandro Grimaudo (classe 1993) e Mattia Mercuri (1994), ora Milvio Andreozzi (1993) o Giuseppe Sellaroli (1992). Al punto che… sulla testa del povero Trinci (anch'egli con un roster corto) pendeva costantemente una spada di damocle.

A Nettuno ci si arrangia. Si è abituati a far di necessità virtù. Quest'anno nell'ambiente è tornato il vecchio spirito nettunese. Lo spirito da battaglia. E quando le motivazioni sono forti, i nettunesi – si sa – quadruplicano le loro energie e la loro intensità di gioco. Per due stagioni (2009 e 2010) il Nettuno aveva clamorosamente smarrito la propria identità. Il ritorno di Ruggero Bagialemani alla guida tecnica ha fatto recuperare alla squadra della N stellata spirito aggressivo e personalità. E' squadra con dei limiti tecnici, ma capace di "graffiare".

Ruggero, er Pantera, ha la molla carica. Lancia messaggi. Pretende rispetto per il suo Nettuno. Prende spunto dal finale snervante della terza partita di Rimini, così intensa nella sua drammaticità. "Io chiedo che gli arbitri siano all'altezza della situazione, perché partite di questo genere non debbono essere condizionate da sviste clamorose. Si può discutere su uno strike e su un ball, o su un arrivo, ma quando uno swing come quello di Phelps al 10° inning (che significava strikeout) non lo vede né l'arbitro capo né l'arbitro di prima, allora cominci a pensare che c'è qualcosa che non va. Oppure che il Nettuno ha rotto le uova nel paniere a qualcuno…". Bagialemani sottolinea come nel rovente finale d'una battaglia decisiva il Nettuno avesse in campo un ragazzo sedicenne (Mattia Mercuri) e un diciassettenne (Alessandro Grimaudo). "Noi giochiamo con diversi italiani sotto i venticinque anni. Questa nostra scelta sta dando fastidio a qualcuno? Non importa. Andiamo avanti per la nostra strada".

E' l'immagine passionale del suo timoniere, questo Nettuno. E a Ruggero piace quando la sua ciurma combatte così. "E' quel che voglio vedere: il Nettuno che non molla mai, il Nettuno che non ha paura di niente. Faccio i complimenti a tutti i miei giocatori. Fra le prime cinque della classifica, noi eravamo la squadra meno accreditata. Quella considerata con un potenziale inferiore. Ebbene, la grande vittoria mia e del mio staff è l'aver portato avanti un intenso lavoro di tipo psicologico. C'era uno spirito da recuperare nel gruppo, nell'ambiente. Abbiamo inculcato nei ragazzi il gusto della vittoria, il sapore della sfida. E il Nettuno è tornato ad essere una banda di duri".

E' il Nettuno di Juan Camilo e di Olmo Rosario, i soli che battono sopra i trecento. E' il Nettuno di Renato Imperiali (276 di average e 974 di percentuale difensiva), è il Nettuno di un Enzo Sanna positivissimo (273 di average) e di un Peppe Mazzanti che – finalmente uscito dai sentieri insidiosi dei problemi fisici – ha ripreso a lasciare il segno. E' il Nettuno di un "Catozza" Masin quasi commovente per come riesce ancora (a 43 anni) a gettare il cuore oltre l'ostacolo; è il Nettuno di Kris Wilson "il re del controllo" e di un Carlos Pezzullo che sta producendo un campionato importante per concentrazione e regolarità. E' il Nettuno di esterni impeccabili come Retrosi e Sparagna; è il Nettuno di Caradonna e dei rookie.
Ma se c'è un giocatore da prendere come uomo-immagine, per carattere, personalità, testa e cuore, io credo che debba essere Kelli Ramos. Il catcher. Il cervello. L'uomo che guida i pitchers. L'uomo che dietro il piatto di casabase blocca tutto, facendo da scudo con il suo corpo ad eventuali "lanci pazzi". Kelli, il dominicano già campione d'Italia con Bologna (2005) e con Grosseto (2007), sempre lucido. Sempre pronto a trasmettere la carica ai compagni e a distribuire utili indicazioni. Un duro. Un vincente. Un leader. Sicuramente il miglior catcher visto nel massimo campionato italiano dal 2005. A Nettuno, dove l'anno scorso avevano il mediocre Navarro e un Parisi alla frutta, il popolo del baseball sta rendendosi conto cosa vuol dire avere un professore come Kelli "fosforo" Ramos in un ruolo così impegnativo e importante come quello d catcher. Tanta sapienza. Tanta leadership. E tanta sostanziosa difesa. In 33 partite, 239 eliminazioni, 25 assistenze. Mai un errore.

LA "TOP TEN" DEL 12° TURNO

Lanciatore: Marco Grifantini (Parma)
Catcher: Kelli Ramos (Nettuno), a pari merito con Danilo Sanchez (Knights Godo-Verona)
Prima base: Daniele Malengo (Bologna)
Seconda base: Livinston Santaniello (Bologna)
Terza base: Peppe Mazzanti (Nettuno)
Interbase: Anthony Granato (San Marino)
Esterno sinistro: Daniele Santolupo (Rimini)
Esterno centro: Ennio Retrosi (Nettuno)
Esterno destro: Rodney Medina (Parma)
Battitore designato: Orlando Munoz (Parma)

Informazioni su Maurizio Roveri 192 Articoli
Maurizio Roveri, giornalista professionista, è nato il 26 novembre 1949. Redattore di Stadio dal 1974, e successivamente del Corriere dello Sport-Stadio, fino al gennaio 2004. Iscritto nell'Albo dei giornalisti professionisti dal luglio 1977. Responsabile del basket nella redazione di Bologna, e anche del pugilato. Caporubrica al Corriere dello Sport-Stadio del baseball, sport seguito fin dal 1969 come collaboratore di Stadio. Inviato ai campionati mondiali di baseball del 1972 in Nicaragua, del 1988 in varie città d'Italia, del 1990 a Edmonton in Canada, del 1998 in Italia, nonché alle Universiadi di Torino del 1970 e ai campionati Europei del 1971, del 1987, del 1989, del 1991, del 1999. Dal 2004 al 2007 collaboratore del quotidiano "Il Domani di Bologna" per baseball, pugilato, pallavolo.  

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