"Incidenti" mondiali

Le palline rimaste alla dogana e quelle souvenir per le gare in Olanda. Inni sbagliati, ritardi e altre gaffe di casa nostra

Diciamolo subito: organizzare un Mondiale non è cosa da poco e qualche "incidente" può starci. Sbagliare, del resto, è umano, ma sono diversi i casi a dir poco singolari capitati in questa edizione del Mondiale Ibaf che se ha sostanzialmente vinto la sfida di andare in Paesi dove il baseball sta crescendo e di essere il primo con sede in mezza Europa, ha avuto più di qualche falla dal punto di vista organizzativo.

E' parso, questa l'impressione da spettatori, che tra Ibaf, Fibs, Comitati organizzatori vari, ci sia stato almeno qualche difetto di comunicazione insieme a qualche gaffe che se fosse successa non ai Mondiali di calcio – lasciamo stare paragoni così illustri – ma solo un mese prima a quelli di Nuoto ci saremmo tirati dietro l'ilarità dei media del globo. Nel poco seguito del batti e corri, allora, ci si "salva" evitando che certe figure abbiano una dimensione planetaria.

Non è certo un bene che le partite giocate ad Amsterdam, per esempio, in attesa che riaprisse la Dogana che è chiusa nel fine settimana, siano state disputate con le palline souvenir in vendita all'esterno dello stadio. Già, perché quelle ufficiali erano rimaste proprio lì, alla dogana, che forse qualcuno doveva sapere fosse chiusa e che, magari con un piccolo strappo alle regole, poteva essere fatta riaprire. Ma in Olanda, si sa, sono intransigenti e così le palline sono arrivate solo il lunedì. E qualcosa con gli aeroporti non deve aver funzionato per il meglio se mercoledì scorso le mazze di Taiwan sono rimaste a quello di Catania, mentre la squadra partiva alla volta di Roma. A questo si aggiunga che nel frattempo Cuba era rimasta "imbottigliata" sulla Pontina all'ora di punta – qualcuno aveva messo in conto ciò che su quella strada accade quotidianamente? – e solo in extremis si è mandata la Polizia stradale a recuperare il bus e a scortarlo fino a Nettuno. Dove aspettando le mazze da un lato e i cubani dall'altro la gara doveva inevitabilmente iniziare più tardi. Chi doveva comunicarlo, tra i diversi uffici comunicazione che ruotavano intorno all'evento? Chissà… Ci ha pensato quello del Comune di Nettuno.

E al "Borghese" non è che abbiano brillato in fatto di biglietti. La prevendita, certo, era fiacca, ma tenere chiuso il botteghino la mattina, con la gente che cercava i tagliandi per la finale, non è stata una bella figura. Come quella del metro che circolava per misurare l'altezza e far pagare, o meno, i biglietti ridotti. Ed evitata in extremis grazie alla traccia scaricata da internet la figuraccia con Taiwan per l'inno nazionale – si è rischiato di mettere quello cinese e causare un incidente diplomatico – nulla si è potuto per quello Usa.

Quando la formazione che poi si sarebbe lauretata campione del Mondo si è schierata in campo la prima volta, giovedì sera contro Cuba, di "The star spangled banner" neanche una nota. In compenso è partito l'inno australiano. Motivo? Sembra che nel cd ufficiale mandato al "Borghese" la traccia 20 corrispondesse a quella Usa, mentre c'era l'altro inno. Provare a cercarlo o chiedere scusa? Più facile – e veloce – la seconda.

In finale hanno provato prima le "tracce". Stessa gara e protesta finale, a sorpresa, di alcuni esponenti di Rifondazione che avevano introdotto uno striscione per chiedere la liberazione di prigionieri cubani. Nessuno, evidentemente, aveva controllato il testo all'ingresso, ma in compenso è scattata l'identificazione per alcuni militanti.

E che dire della finale annunciata in anticipo? E' successo alla Fibs che prima ha dato per certo lo scontro Usa-Cuba, quindi un minuto dopo (onore al merito, non è mai facile riconoscere gli errori) ha reso noto che la matematica non dava ancora certezze.

Alla fine se la sono giocato loro due il titolo, ma forse una formula più comprensibile, magari a eliminazione diretta – vai a spiegare a chi è incuriosito dal mondiale di baseball la "doppia" classifica – avrebbe aiutato tutti.

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