Burgazzi: “In A1… per restarci”

Il presidente del Saim Rajo Rho parla del campionato che ha visto la sua squadra promossa nella massima serie, e del suo futuro

Il Saim Rajo Rho è stata la squadra dominatrice del campionato di serie A2. 37 successi su 44 partite in regular season, poi la vittoria nei play-off contro la Oce Imola in quattro partite. Una serie che ha lasciato qualche strascico polemico: i romagnoli si sono lamentati dell’arbitraggio, soprattutto per quanto riguarda la partita decisiva. Criticata anche la decisione degli arbitri di ripetere dall’inizio la quarta partita, dopo la sospensione prima per un problema con le luci, e poi per il maltempo. Dei play-off e del futuro della squadra lombarda abbiamo parlato con il presidente Clemente Burgazzi.

‘Per me non c’è nessuno strascico polemico. Ovviamente, dipende da che faccia si guarda la medaglia: per me il risultato, 3-1, è nettissimo, e la nostra superiorità non è stata mai messa in discussione. Quando si perde è sempre così, ci si lamenta, e loro anche a Imola si erano lamentati. Ma noi già dalla regular season avevamo fatto vedere di essere superiori, vincendo quasi 40 partite. Tanto che abbiamo avuto anche il coraggio di allontanare qualche giocatore con cui c’erano dei problemi proprio alla vigilia dei match decisivi. Mi riferisco a Ryan Pini”

Gli imolesi hanno criticato il fatto che la domenica mattina la gara è ripresa dall’inizio…
Anche noi avremmo preferito che il match riprendesse dal quarto inning. Prima la gara è stata sospesa per il problema alle luci sabato, poi è arrivato il maltempo, e quando gli arbitri ci hanno detto che il campo non si poteva sistemare, e che si sarebbe proseguito il giorno dopo, anche loro non sapevano cosa fare. Ci hanno detto che avrebbero chiamato la federazione, e il giorno dopo ci hanno informato del fatto che il match avrebbe ripreso dall’inizio. Anche a noi avrebbe fatto comodo ricominciare dalla quarta, perché stavamo tenendo a riposo i lanciatori migliori per un’eventuale quinta partita. Poi abbiamo deciso, dopo che Marco Masiero aveva lanciato bene, di usare Jason Stefani come closer, sempre per risparmiare gli altri per un eventuale quinta”.

Immagino che la soddisfazione per la promozione sia enorme…
”Siamo contentissimi. E’ un risultato storico per una squadra come il Rajo che può essere definita ‘provinciale”. La nostra è stata una crescita record: nel giro di soli tre anni siamo passati dalla B, in cui eravamo nel 2000, alla A1. Ora che ci siamo, ci siamo per restarci, per essere protagonisti nel tempo. Ci siamo già mossi per acquisire rinforzi, ma come hanno dimostrato i fatti abbiamo fatto vedere di avere una squadra già molto solida, con diversi elementi che molte formazioni di A1 ci invidierebbero. La nostra parola d’ordine è mettere sul campo una squadra giovane, con elementi al massimo sui 23-24 anni. Non cerchiamo giocatori a fine carriera; vogliamo persone che vogliono far gruppo. Già lo scorso anno ho cercato di portare in gruppo solo giocatori che sapevo sarebbero rimasti fino alla fine, non quelli che immaginavo sarebbero partiti dopo qualche mese. E, comunque, è stato un gruppo per nulla facile da gestire. Siamo molto orgogliosi di aver chiuso il girone con largo anticipo. Solo ad Imola abbiamo peccato un po’ di ingenuità, anche perché la nostra mentalità è stata sempre quella di far giocare tutti, per quanto possibile”.

Per quanto riguarda il vostro campo di casa, vi saranno dei miglioramenti alla struttura?
‘Sono un po’ preoccupato. La nostra struttura, a livello di terreno di gioco è eccezionale, come confermano gli avversari che vengono a giocare contro di noi, ma ha dei problemi: quello delle luci, ad esempio, o degli spogliatoi, che sono un po’ lontani dal campo. C’è anche la questione delle tribune: per i play-off abbiamo aggiunto un paio di strutture mobili, ma sicuramente per la prossima stagione ci sarà del lavoro da fare. Quest’anno sono stato a vedere un po’ di altri impianti, come Bologna, Modena, Imola: mi sono accorto che dobbiamo migliorare molto, perché essere ospitali al massimo con avversari e appassionati è molto importante. Ma ne abbiamo già parlato con il comune, che ci ha promesso che ci verrà incontro: dall’amministrazione comunale mi aspetto buoni risultati. Andare a giocare a Milano? Lo escludo. Sarebbe facile, ma noi siamo cresciuti a Rho e qui resteremo”.

La sua squadra viene spesso tirata in ballo da chi critica la presenza di così tanti oriundi nel nostro campionato…
A tutti quelli che sollevano la questione davanti a me io rispondo in questo modo: sono un imprenditore, e ragiono con lo spirito imprenditoriale. Cioè: assumo le persone per quello che mi possono dare, le scelgo indipendentemente da luogo di nascita o altri fattori, per quello che possono fare sul campo, per mettere sul terreno di gioco il prodotto migliore possibile e per vendere nel modo migliore l’immagine della mia squadra. Il mio obiettivo è quello di vendere un prodotto, che è l’immagine della squadra. Ho voluto fare una scelta di questo tipo, anche se spesso sono soggetto di critiche. Noi al Rajo non solo abbiamo molti italo-americani, ma anche molti giovani. Perché nessuno fa mai notare che la mia squadra è piena di giovani? Io non lascio niente al caso, è la mia esperienza di imprenditore che mi ha permesso di creare una sorta di ‘scorza dura” nei confronti delle critiche, che poi spesso sono generate dall’invidia. Per costruire una buona squadra, bisogna mettere insieme qualcosa di grosso: lo scorso anno ci siamo salvati in extremis, e allora mi sono detto ‘non voglio più una stagione così, voglio lottare nelle zone alte della classifica’. Io cerco di curare nel modo migliore l’immagine della squadra, e anche di avvicinare radio e tv, mettendo sul campo un prodotto spettacolare. Gli oriundi hanno alzato moltissimo il livello di gioco: quest’anno in A2 ho visto delle gare veramente spettacolari, come Rajo-Bollate, in cui la percentuale di oriundi era molto elevata. Per portare la gente sulle tribune, c’è bisogno di mettere in campo giocatori che sappiano dare spettacolo. Poi io non devo rispondere a nessuno, perché rispetto le regole. Tra l’altro spesso i giocatori che vengono da lontano non sono facili da gestire: io ho iniziato con dieci, poi per vari problemi ho dovuto allontanarne alcuni, e alla fine del campionato erano cinque”.

Informazioni su Matteo Gandini 704 Articoli
Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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