Riflessioni di un prima base di slow pitch

Non ho itinerato. Ma di pensieri per voi ce ne sono sempre parecchi. E' meglio regnare all'Inferno o servire in Paradiso?

Sto ancora pensando a quella pallina. Sembrava facile e, anzi, ero già pronto a complimentarmi con il mio compagno che gioca in terza e che si era mosso bene, tagliando. Aveva anche fatto un bel tiro e l'out ci stava tutto. Ma, per la miseria, a piegarmi ci ho messo più del previsto e la palla non mi è rimasta in mano per un tempo sufficiente perchè il severissimo arbitro (non vi dirò chi è, ma sappiate che in campionati più seri è soprannominato con magistrale ironia “illegal pitch”) ha chiamato la cosa più umiliante per un prima base: “Out, no, salvo…palla a terra!”.

Lì per lì ho deciso di mettermi immediatamente a dieta, proposito che è tristemente naufragato durante la cena post partita davanti agli antipasti a buffet e ad una ricca macedonia con gelato alla crema.
Noi amatori millantiamo che giochiamo “per muoverci un po'”, ma in realtà lo sbilancio di calorie tra quelle consumate in campo e quelle assunte a cena è assolutamente negativo. Fosse per il “muoversi”, rimanere a casa a guardare 'La Squadra' in TV sarebbe meglio.

Non ho itinerato troppo, questa settimana. Il 'game of the week' era un appetitoso Parma-Nettuno e la distanza di circa 1 chilometro e mezzo tra casa mia e lo stadio non lo definirei 'itinerare'.
Le 3 partite col Nettuno però mi hanno fatto riflettere. Innanzi tutto, ero particolarmente propenso ad influenzare i classificatori ufficiali sui potenziali errori dei prima base. Scorrettamente, io tento di influenzare i giudizi dei classificatori ufficiali da almeno 15 anni, ma in effetti di solito lo faccio al contrario. Cerco, insomma, di renderli più severi. Nelle righe precedenti c'è la motivazione del mio cambio di prospettiva.

Non è ovviamente l'unica riflessione che le 3 partite mi hanno suggerito.
Ho visto giocare a baseball. Non sempre benissimo (d'altra parte siamo ad inizio stagione) ma quasi sempre con intensità. Infatti il pubblico ha partecipato. Venerdì anche come presenze, nonostante la concorrenza di Piero Pelù gratis in piazza, sabato soprattutto come calore e colore. Obbiettivamente, ce n'era bisogno.
Non voglio vendere la classica pelle dell'orso prima di averlo ucciso, ma il ritorno di interesse mi sembra di toccarlo con mano e anche un certo incremento del livello tecnico.

Vorrei però fare una raccomandazione ai tifosi: non dividete le squadre in bravi e cattivi, con i 'bravi' che sono tradizionalmente i ragazzi di casa coi quali siete cresciuti, che studiano e lavorano, che hanno la mamma in tribuna etc. etc. e i 'cattivi' che sono gli americani che sono mercenari e rubano il posto ai soliti bravi ragazzi e un po' anche alle loro mamme.
Ma dai! Ma nel 2003, andiamo avanti così? Provare per credere, vi voglio riferire il ragionamento demenziale del secolo: “Se si fa una squadra tutta di ragazzi di casa, si acquista anche pubblico. Perchè genitori e amici vengono a vedere il ragazzo di casa, l'americano no”.
E noi, che vogliamo convincere la Major League a investire sull'Italia, pretendiamo che lo facciano su uno sport che realizza il massimo degli incassi puntando su parenti e amici dei giocatori? Ripeto, ma dai!

Per avere gente allo stadio serve solo uno spettacolo degno. E magari uno stadio altrettanto degno (ma di questo parleremo un'altra volta). E per avere uno spettacolo degno servono dirigenti che assumano un allenatore degno e gli diano la possibilità di fare scelte.

Sempre che il nostro obbiettivo sia un certo baseball.
Come diceva il poeta? “Dovete scegliere se essere servi in Paradiso o regnare all'Inferno”.

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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