Piazza: “Io in maglia azzurra? Magari in futuro…”

Le impressioni del catcher dei Mets, raccolte nel corso della sua giornata romana

Senza barba, Mike Piazza ha un aspetto molto meno ‘imponente” rispetto al suo vecchio look. Di certo il nuovo aspetto lo ringiovanisce, e visto da vicino la stella dei Mets dimostra decisamente meno dei suoi 34 anni. Visto che l’argomento ‘caldo” della giornata è il tono possibilista con cui Piazza ha accolto le domande su un suo possibile impiego futuro nelle file della nazionale italiana, cominciamo riprendendo in mano la questione.

Mike, c’è davvero la possibilità che un giorno indosserai la maglia della nazionale italiana?
Mah…non si sa mai, nella vita. A volte, parlando con altri giocatori di Major League che hanno origini italiane, nomi molto conosciuti come Craig Biggio o John Franco, ci siamo detti: perché non contattiamo le nostre famiglie, cerchiamo di prendere il passaporto italiano e di giocare qualche partita per la nazionale azzurra in una delle maggiori competizioni internazionali? Ci sono molti giocatori americani che conosco e a cui non dispiacerebbe vestire la casacca dell’Italia. Ovviamente, la cosa non è facilmente realizzabile, a livello pratico, e i problemi sarebbero moltissimi. Ma non si sa mai… (gli chiedono quante possibilità su 100 ci sono che succeda veramente…ride) Non posso dare una percentuale…potenzialmente la possibilità c’è. Continueremo a parlarne e vedremo. Considerate anche che sto invecchiando, e non sono sicuro di riuscire a rimanere in forma…l’importante per ora è aiutare coloro che stanno già indossando la maglia azzurra, o coloro i quali la potranno indossare in futuro, a migliorare, ed è quello che abbiamo fatto oggi insegnando i fondamentali a questi ragazzi.

Pensi che sia possibile esportare il modello dello sport professionistico americano anche qui da noi?
Bè, per quanto mi riguarda vorrei lasciare il mio segno sullo sport ‘ripagando” la comunità di quello che mi ha dato con iniziative come quella di oggi, a livello mondiale. Poi, essendo di origine italiana, sono ancora più contento di essere qui e magari di dare una mano allo sviluppo del baseball in Italia. Per me è importantissimo, anche in Europa, riuscire magari ad incoraggiare dei ragazzi ad intraprendere l’attività; in questo senso vorrei lasciare il mio segno sul baseball, e visto che anche per me gli anni cominciano a passare penso sia questo il momento giusto per iniziare un’attività di questo tipo.

In che senso pensi che la tua presenza qui sia importante per l’internazionalizzazione del gioco?
Si tratta di un piccolo passo, in uno schema molto più grande creato dalle Major League per avvicinare sempre più giovani al baseball, anche in territori dove il calcio è padrone. Il fatto che ci siano molti giocatori stranieri nelle Major League, e alcuni sono stelle di primissimo livello, conferma che ci stiamo muovendo nella direzione giusta.

E’ la prima volta che vieni a Roma? Cos’hai visto finora?
Sì. Sono stato già una volta, da piccolo, in Europa, ma mai in Italia. Finora, il tempo libero che ho avuto l’ho dedicato allo shopping, anche se oggi ho visto il Colosseo, ed è stato favoloso

Cosa pensi del livello del baseball europeo?
Penso che sia aumentato notevolmente negli ultimi anni, e, ripeto, ciò è confermato dalla presenza di così tanti stranieri nelle Major League. Noi stiamo cercando di alzarlo ulteriormente, cercando di avvicinare il maggior numero di giovani allo sport.

C’è qualche italiano famoso nel cinema, nello sport, che ti piacerebbe incontrare?
Sì … Diana Bianchedi.(Ride, perché l’ex schermitrice è seduta al suo fianco…)

Cosa ti avevano detto dell’Italia? E’ come ti aspettavi?
Io sono molto vicino alla comunità italoamericana a New York, si tratta di un gruppo di persone molto orgogliose delle loro origini, e che spesso vengono a visitare l’Italia. Alcuni di loro, che sono miei amici, mi hanno detto che l’Italia e Roma in particolare mi sarebbero piaciute moltissimo. Anche solo nel tragitto dall’aeroporto a qua ho visto delle cose fantastiche a livello di storia, di architettura; venire qui ti rende ancora più orgoglioso di essere di origine italiana, anche se sei americano, e infatti io ne sono molto orgoglioso. Sono molto emozionato di essere venuto, anche perché so che mio padre e mio nonno sono anche loro molto orgogliosi delle loro origini; adesso, alla mia età, riesco veramente ad apprezzare le mie origini, anche a livello culturale e architettonico. In un certo senso, ho realizzato un sogno, e spero di poter tornare spesso; purtroppo questa volta mi posso fermare sono in una città, ma mi piacerebbe girare la nazione e visitare altre città e altre regioni.

Quindi non andrai a Sciacca, il paese di origine di tuo nonno?
Mi piacerebbe moltissimo, ma in questa occasione non posso. Spero però di poter tornare presto, magari addirittura prima dell’inizio della prossima stagione, o altrimenti al termine dell’annata 2003, così da poter visitare Sciacca.

Tuo padre parla italiano?
Sì, parla un po’ della vostra lingua, perché in casa mio nonno parlava molto in italiano.

Come vive il tuo successo la comunità italoamericana?
Il fatto che io sia arrivato a questo livello è importante non solo per me, ma credo anche che sia una cosa molto importante per loro e, ripeto, io a loro sono molto vicino. Ricordo ancora come festeggiarono sulle strade quando l’Italia di Paolo Rossi vinse i mondiali dell’82.

Domani sarai ricevuto da Giovanni Paolo II …
Sì, e la cosa mi emoziona molto e mi rende anche abbastanza nervoso. Stasera penso di telefonare a mia madre e chiederle di dire una preghiera per me. A parte gli scherzi, sono veramente molto emozionato perché sia mia madre che mio padre sono cattolici praticanti, e io stesso sono cattolico, quindi per me è una cosa molto importante, e soprattutto lo è stato per la mia crescita. Comunque, penso che qualunque sia il tuo credo sia importante essere forti di spirito; ho sempre considerato questo un punto importantissimo nella mia vita e nella mia carriera, e credo che mi abbia aiutato molto. So che molta gente meravigliosa ha pregato per me, e anche questo mi ha aiutato molto.

Che sensazione hai provato nel vedere così tanti ragazzini, oggi sul campo?
Tanta emozione e, devo ammetterlo, anche un po’ di ‘paura” … erano veramente tantissimi.

Come mai Barry Bonds è considerato così ‘antipatico”? Lo è veramente?
E’ perché non è italoamericano. (Ride…) A parte gli scherzi … io posso solo parlare a titolo personale, e personalmente considero Barry un buon amico, è sempre stato molto cordiale, molto gentile con me. Mi dispiace che non tutti la pensino così, ma non credo che sia una cattiva persona, penso che a volte sia soltanto molto ‘concentrato”, e questo ed uno dei motivi per cui è il giocatore che è. Quando si arriva a quei livelli c’è una lunga serie di distrazioni che influiscono negativamente sul tuo rendimento, e se si riesce a dare un taglio a queste, a tenere la distanza, è un gran vantaggio.

Questa vacanza è un modo di riprendersi dopo le delusioni dell’annata dei Mets?
Direi di sì. Le ultime due stagioni, per me e per la squadra, sono stati molto frustranti. C’erano grosse attese, e non siamo stati in grado di realizzarle. E’ stato frustrante, ma quest’anno abbiamo un nuovo manager, Art Howe, e il nostro general manager sta cercando con determinazione di migliorare la nostra squadra. Ciò è incoraggiante, e sono convinto che l’anno prossimo potremo fare molto meglio, e magari arrivare lontano, nei playoffs.

Cosa pensi del vostro nuovo manager?
Bè, penso che sia stata un’ottima scelta. Chi ha già giocato per lui mi ha detto che è un’ottima persona, e che è un piacere essere allenati da lui. Staremo a vedere

Come mai i Mets hanno faticato così tanto la scorsa stagione?
Io penso che dopo aver raggiunto le World Series nel 2000 ci siamo un po’ seduti sugli allori, e non siamo riusciti a giocare bene insieme, come squadra. Abbiamo fatto molti cambiamenti a livello di personale, sostituito molti giocatori, ma a volte è dura far giocare insieme atleti anche di ottimo livello. Il concetto di giocare insieme come squadra per me è importantissimo e quello che dobbiamo trovare è proprio l’armonia di squadra; penso che abbiamo il talento per arrivare lontani.

Come pensi che i Mets, che hanno da poco offerto un contratto a Tom Glavine, possano migliorare nella off-season?
Penso che la lezione più importante che abbiamo imparato negli ultimi anni è quanto sia difficile vincere. C’è la tendenza nelle Major League a credere che solo le squadre più ricche possano arrivare in fondo; in alcuni casi ciò può essere vero, ma credo che negli ultimi 4 o 5 anni si sia visto che molte squadre come Minnesota o Anaheim, che non ci si aspettava potessero essere competitive in tempi brevi, sono arrivare molto in alto, e i loro giocatori hanno subito un rapido sviluppo. Anche i Florida Marlins, che hanno ceduto un gran numero di ottimi giocatori, in questi anni, me compreso, hanno alcuni tra i migliori talenti in assoluto. Il gioco cambia, ed è un po’ diverso da com’era 20 o 30 anni fa, ma penso che sia migliore, più emozionante, e penso che non possa fare altro che migliorare.

Da anni si parla di un tuo possibile spostamento ad altri ruoli, magari in prima base. Cosa ne pensi?
Per ora, nei Mets, in prima base c’è Mo Vaughn, quindi di sicuro la prossima stagione giocherò ancora come ricevitore. E’ una cosa di cui si parla dall’inizio della mia carriera, e uno dei motivi, ovviamente, è il tentativo di prolungare la mia carriera; per ora, il mio ruolo è quello di ricevitore, e mi concentrerò su quello, cercando di giocare nel modo migliore, fino a che arriverà il tempo di pensare ad un cambiamento.

Hai appena superato Johnny Bench, e stabilito il record di fuoricampo in carriera nella National League per un catcher. Cosa pensi di ciò?
Quando è successo, c’è stata una cerimonia favolosa allo Shea Stadium, a settembre. E’ venuto anche lo stesso Bench, ed è stata una cosa fantastica, di cui sono molto orgoglioso. Io voglio sempre cercare di migliorare, e questo significa anche misurarsi con i grandi del passato; migliorare costantemente è una cosa che mi sono imposto di fare sin dall’inizio della mia carriera

Ora che la parte ‘ufficiale” della tua visita si è conclusa, cosa farai? Ti butterai su un piatto di spaghetti?
Sì, ma gli spaghetti devono essere al dente.(scatena le risate dei presenti perché ‘al dente” lo dice in italiano)

In conclusione …
In conclusione sono molto contento dell’ospitalità che mi avete riservato. Ovviamente, le Major League cercano di promuovere il baseball e di contribuire alla sua crescita; oggi, abbiamo visto quanto entusiasti erano i bambini, e ciò testimonia quanto sia forte la presenza del baseball qui. Il nostro scopo è quello di renderla ancora più forte, e continueremo a cercare di farlo. Penso che i dirigenti della federazione italiana, i tifosi e i giocatori stessi dovrebbero essere molto orgogliosi del fatto che ci sia una tradizione così radicata, e io credo che non possa fare altro che crescere. Vorrei anche ringraziare l’Italia, per avermi dato…mio nonno e mio padre

Informazioni su Matteo Gandini 704 Articoli
Giornalista pubblicista e collaboratore di Baseball.it dall’ottobre 2000, Matteo è un grande appassionato in genere di sport, soprattutto del mondo sportivo americano, che segue da 10 anni in modo maniacale attraverso giornali, radio, web e TV (è uno dei pochi fortunati in Italia a ricevere la mitica ESPN).Per Baseball.it ha iniziato seguendo le Majors americane. Ora, oltre ad essere co-responsabile della rubrica giornaliera sul baseball a stelle e striscie, si occupa di serie A2. Inoltre, nel 2002, per il sito e l’ufficio stampa FIBS ha seguito da inviato lo stage della nazionale P.O. in Florida, la Capital Cup e i mondiali juniores di Sherbrooke (Canada), il torneo di Legnano di softball, e la settimana di Messina, a cui ha partecipato anche la nazionale seniores azzurra. Nel 2003 è stato invece inviato agli Europei Juniores di Capelle (Olanda). Nel 2001 ha anche collaborato alla rivista “Tutto Baseball e Softball”.Per quanto riguarda il football americano, da 3 anni segue il campionato universitario e professionistico americano per Huddle.org, oltre ad essere un assiduo collaboratore alla rivista AF Post. Nel 2003 partecipa al progetto radio di NFLI, ed è radiocronista via web delle partite interne dei Frogs Legnano.Dopo aver collaborato per un periodo di tempo ai siti web Inside Basketball e Play it, nel 2001 ha seguito i campionati di basket americani (NBA e NCAA) per Telebasket.com, in lingua italiana e inglese. Ora segue la pallacanestro d’oltreoceano per Blackjesus.it.Più volte apparso come opinionista di sport americani a Rete Sport Magazine, trasmissione radiofonica romana, lavora stabilmente nella redazione di Datasport, dopo una breve esperienza in quella di Sportal.Nel 2003 ha lavorato anche per l’Ufficio Stampa delle gare di Coppa del Mondo di sci a Bormio.Ha 26 anni, è residente in provincia di Lecco e si è laureato in scienze politiche alla Statale di Milano. La sua tesi, ovviamente, è legata allo sport: il titolo è “L’integrazione dei neri nello sport USA”. Il suo sogno è dedicare tutta la vita al giornalismo sportivo, in particolare nel settore sport USA.

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