E' concreto il rischio di uno sciopero?

Con quattro articoli Michael Duca analizza la questione per i lettori di baseball.it

Lo sciopero del 1994 fu un colpo durissimo per il baseball. Uno sciopero nel 2002 potrebbe essere mortale. E' concretamente possibile che ciò avvenga? Dagli Stati Uniti Michael Duca analizza l'eventualità per noi in questa storia divisa in 4 parti. Ecco la prima.

La Major League Baseball negli Stati Uniti dà lavoro a circa 750 giocatori. Sono invece migliaia coloro che si guadagnano da vivere orbitando attorno a questo mondo; sono dipendenti di grandi aziende proprietarie delle squadre, compagnie del valore di decine di miliardi di dollari.
Le franchigie in sè valgono dai 100 ai 600 milioni di dollari ciascuna.

Quando entra in una rosa di Grande Lega, un giocatore ha uno stipendio minimo di poco più di 200.000 dollari. C'è poi chi, parlo di Alex Rodriguez, si trova a 26 anni nella seconda stagione di un contratto decennale con il quale i Texas Rangers gli garantiscono una cifra complessiva di 252 milioni di dollari.
Il proprietario dei Rangers è Tom Hicks, che gestisce un'azienda di distribuzione per televisioni via cavo. Nella sostanza 'A Rod' gli fornisce lo spettacolo che lui poi rivende alle televisioni. Deve aver considerato questo, quando ha fatto la sua offerta ad Alex alla fine della stagione 2000.
Io, come immagino anche voi, pensavo che qualcuno con abbastanza soldi per comprarsi una squadra e per fare offerte da oltre 20 milioni di dollari all'anno dovesse per forza avere la capacità di giudicare il vero valore di un atleta o, almeno, l'acume negli affari per non fare offerte esagerate o fuori mercato. Ebbene, si è scoperto recentemente che il signor Hicks ha offerto a Rodriguez 100 milioni di dollari in più rispetto alla squadra che era entrata in concorrenza con lui. Un'esagerazione che rischia di costargli molto cara, più di quanto non sembri a prima vista.

Permettetemi di farvi una piccola lezione sul baseball in America.
La prima lega venne creata nel 1876 e da quel giorno per 92 anni il baseball è stato gestito esclusivamente dai proprietari delle squadre, che pagavano gli stipendi che decidevano e detenevano il diritto sulle prestazioni di un singolo giocatore per sempre. Il primo tentativo di formare un sindacato dei giocatori andò in porto nel 1868 con la MLBPA (Major League Baseball Players' Association).
Dal 1968 sono inziate le contrattazioni per un accordo di lavoro collettivo, che hanno portato nel complesso a 7 blocchi dell'attività, in alcuni casi scioperi, in altri interventi dei proprietari che hanno letteralmente chiuso fuori dagli stadi i giocatori.
Inizialmente, con piena solidarietà dei tifosi, i giocatori avevano lottato per vedersi riconosciuti diritti basilari, come una pensione o il diritto di scegliere in che squadra giocare, più tardi conosciuto come 'free agency' (in italiano 'svincolo', n.d.t.).
Nel 1972 gli atleti scioperarono per il piano pensionistico. Saltarono 86 partite o, se preferite, 2 settimane di un calendario di sei mesi. Un accordo venne raggiunto prima della fine della stagione e le gare furono recuperate.
Nel 1973 furono i proprietari a cacciare i giocatori e la situazione durò fino a quando non venne raggiunto un accordo e le gare vennero recuperate.
Nel 1976, quando l'accordo raggiunto nel 1973 finì con lo scadere, ci fu un'altra minaccia da parte dei proprietari, che però si videro imporre dal Commissioner la riapertura dei campi da allenamento durante le trattative. Si giocò fino a luglio senza un accordo, ma tutte le partite vennero regolarmente disputate.
Le cose andarono peggio nel 1980. Il primo sciopero arrivò all'inizio dello 'Spring Training'. A seguito di questo, proprietari e giocatori si accordarono su molte cose ma non sullo svincolo.
Nel 1981 arrivò, inevitabile, uno sciopero pesantissimo, che tra giugno e luglio fece cancellare 700 partite. Si arrivò ad un accordo.
Nel 1985, alla scadenza del contratto di lavoro, ripartirono le trattative e nessuna delle parti vide la necessità di arrivare agli estremi.
Non andò così nel 1990. Questa volta furono i proprietari a chiudere i giocatori fuori dagli spogliatoi per 32 giorni durante lo Spring Training. In un primo tempo saltarono 78 gare, che però vennero recuperate.
La stagione 1994 iniziò senza un contratto di lavoro per i giocatori. Venne presa una decisione apparentemente saggia: iniziare comunque la stagione. Si rivelò un disastro, perchè sul finire di agosto iniziò uno scioperò che portò addirittura a cancellare le World Series. Non accadeva dal 1904 e lo scioperò riuscì là dove avevano addirittura 'fallito' 2 Guerre Mondiali. E la discussione tra le parti non verteva su nessuna questione di principio: solo soldi.
I proprietari, insoddisfatti di aver concesso l'arbitrato di salario per chi aveva dai 3 ai 6 anni di servizio, avrebbero voluto cancellarlo o limitarlo in maniera significativa. L'altro argomento di discussione riguardava il tetto salariale.

Per capire perchè il tetto salariale è difficile da applicare, dobbiamo capirci sul sistema di suddivisione degli introiti in vigore nel baseball fin dall'inizio del 20esimo secolo.
Le squadra dividono in maniera molto squilibrata quel che arriva dalla vendita dei biglietti. La squadra di casa si tiene il 90{3f52c24bce554ef20a57cdd9a34a08abf99d7e7cc6206c15a458454320a7f8ff} del biglietto e tutto quello che introita dalla vendita di cibo, gadget e quant'altro. Inoltre, alla squadra di casa spettano interamente gli introiti per la cessione dei diritti a radio e televisioni locali. In maniera equa vegono invece divisi gli introiti dei diritti televisivi nazionali.
Essendo però molto diversi i mercati su cui operano le diverse società, la disparità resta enorme. Gli Yankees, ad esempio, ricavano 55 milioni di dollari all'anno vendendo i diritti radio televisivi locali. I Montreal Expos incassano 300.000 dollari.
Appare adesso chiaro perchè gli Yankees non possono accettare un tetto salariale condiviso dagli Expos. (1-continua)

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traduzione di Riccardo Schiroli

Informazioni su mich 5 Articoli
50 anni, Michale Duca vive nei pressi di San Francisco in California. Collabora al sito mlb.com, sia per quel che riguarda le partite degli A'S che quelle dei Giants. Nel passato ha scritto per diverse pubblicazioni specializzate nel baseball e ha contribuito al 'Grande libro delle statistiche del baseball americano'. Michael è sposato con Kelli e ha 5 figli: Ryan di 17 anni, 3 gemelli di 16 di nome Stephen, Arthur e Ad e una ragazza di 12 anni di nome Maureen.

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