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E’ un Team Europe competitivo, ma per quanto lo sarà?

C’è una cosa della mia partecipazione alle Global Baseball Games (o CARNEXT Samurai Japan Series, nella dicitura formale) ed è la gente che si fermava agli incroci per salutare il passaggio dei 2 pullman che portavano il Team Europe dall’albergo allo stadio.

In Giappone in tanti sono preoccupati per il futuro del baseball, perché intriga le nuove generazioni sempre meno. Ma l’immagine che Osaka mi ha restituito cozza un po’ con questa versione dei fatti. Intanto, 53.000 spettatori in 2 giorni per veder giocare una Nazionale di casa sperimentale e una selezione della quale il tifoso medio conosceva probabilmente solo il pitching coach (Alessandro Maestri proprio a Osaka è stato un partente degli Orix Buffaloes nei suoi anni NPB) non è esattamente un segnale di crisi. E poi i Samurai Japan hanno presentato in campo talenti cristallini.

Poche righe fa ho definito la Nazionale giapponese che ha affrontato il Team Europe “sperimentale”. Che è corretto, ma non vorrei che fosse inteso come non dico “scarsa”, ma nemmeno “non un granché”. Riyoji Kuribayashi (classe 1997) ha abituato gli Hiroshima Toyo Carp a stagioni da 30 e più salvezze. Kaima Taira (1999) come rilievo era formidabile (20 salvezze e 20 “holds” nella stessa stagione), ma come partente secondo i Seibu Lions è anche meglio. Hiroya Miyagi (2001, Orix Buffaloes) son già 2 anni che va in doppia cifra come vittorie. Il suo compagno di squadra Shunpeita Yamashita (2002) ha esordito quest’anno. In 95 inning ha fatto 101 strike out. E a vederlo lanciare fiamme, ci si crede abbastanza facilmente. E poi c’era Yumeto Kanemaru, mancino classe 2003 della Kansai University. Non è tanto alto (meno di 1.80), ma la sua dritta tocca le 95 miglia all’ora. E come dice Marco Mazzieri “lancia sempre strike con il cambio e la split.”

Chi avesse storto la bocca notando giocatori di college nella rosa del Giappone, prenda anche nota del nome di Misho Nishikawa (Aoyama Gakuin University). Alla fine del settimo di gara 2, ha preso in tuffo e a un palmo da terra una legnata dell’olandese Delano Selassa che avrebbe rotto il perfect game e messo i presupposti per il pareggio del Team Europe.

Quella di Nishikawa è stata una giocata seccante, dal punto di vista del Team Europe. Ha fatto il paio con quella di Yasutaka Shiomi (veterano degli Yakult Swallows di Tokyo) del giorno prima: corsa all’indietro e presa in scioltezza su un missile nemmeno tanto alto. A quel punto il Giappone conduceva 2-0 e c’era un corridore in terza.

“Non posso essere contento dopo che non abbiamo segnato un punto in 18 riprese,” ha detto Mazzieri. Io aggiungo che segnare a una difesa praticamente perfetta, non è tanto facile. Tra gli altri, il Giappone presentava in campo stelle come Kensuke Kondoh (Fukuoka Softbank Hawks), Munetaka Murakami (Swallows), l’interbase funambolo Sousuke Genda (Lions).

Il fatto è che il Giappone detiene il titolo Mondiale (World Baseball Classic 2023), Olimpico (Tokyo 2020), ha vinto il Premier12, il Mondiale Under 23 e Under 18. Insomma, tanto in crisi non è.

Perdere 2 partite conto i numeri uno del mondo, non è certo qualcosa di cui il baseball europeo dovrebbe preoccuparsi. Semmai, una notizia non tanto buona è che su 28 giocatori del roster, solo 13 sono sotto i 30 anni e altri 3 (lo spagnolo Edison Valerio, Alberto Mineo e Luis Lugo) arrivano al traguardo nel 1994.

Di questi 13, gli Under 25 sono solo lo spagnolo Wander Encarnacion, lo svizzero Noah Williamson (23 anni), Ricardo Paolini, l’olandese Delano Selassa e il ceco Marek Chlup (24). Nessuno di loro è un lanciatore.

“Ho seguito l’Europeo Under 23,” ha spiegato Mazzieri. “Mi sono confrontato con Sidney De Jong, che lo ha vinto come manager dell’Olanda, e siamo giunti alla conclusione che non ci fosse nessun giocatore capace di meritarsi questa opportunità”.

Queste Global Baseball Games hanno insomma dimostrato che l’Europa può mettere assieme una selezione competitiva. Hanno però anche detto che non potrà continuare a farlo per molto tempo, se non cambia qualcosa a livello di formazione dei giocatori.

 

Riccardo Schiroli

Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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