La festa al “Falchi”, dopo uno scudetto vinto, è ormai una tradizione per l’Unipolsai, ed oggi il rito è andato di nuovo in scena. Dirigenti, squadra, tifosi, assieme, a celebrare la prima volta di un successo nel campionato italiano messo di seguito a quello dell’anno prima e in accoppiata a una Coppa dei Campioni.
A dare un tocco particolare a questo titolo italiano numero 12, conquistato martedì scorso a San Marino, il fatto che sia stata annunciato da tempo come l’ultimo della presidenza di Stefano Michelini. Cinque scudetti vinti sono “suoi”, assieme a quattro Coppe dei Campioni (sulle sei del club bolognese), più sei Coppe Italia e una Supercoppa. In due tranche: 1999-2004 e 2010-2019. Per cui, magari, potrebbe non essere escluso un non c’è due senza tre, e qualcos’altro Michelini potrebbe ancora vincerlo.
In definitiva, fra discorsi del presidente in uscita, del manager Lele Frignani, del direttore sportivo Christian Mura e del capitano, Alessandro Vaglio, il passaggio più interessante è stato quello virtuale di consegne fra appunto Stefano Michelini e colui che sarà il nuovo presidente della Fortitudo, Pierluigi Bissa, per la prima volta dichiarato in una occasione ufficiale (anche se ormai lo sapevano tutti).
In ogni caso l’occasione per la nostra ultima intervista a Michelini da presidente più vincente della storia della Fortitudo Bologna, non potevamo mancarla. Così, visto che l’occasione era proprio la festa per lo scudetto appena conquistato, abbiamo chiedergli quando secondo lui l’Unipolsai ha cominciato a vincerlo. “I playoff azzerano tutto. Sarebbe stata già una bella stagione, con la Coppa Campioni vinta e la qualificazione per quella dell’anno prossimo in tasca con il primo posto in regular season. La semifinale col Parma, sotto di due, è stata il momento chiave. La Fortitudo ha tirato fuori il meglio e dimostrato di avere dentro un qualcosa in più, la consapevolezza di avere la possibilità di farcela sempre: non di farcela, ma di potercela fare. Anche se la squadra, i giocatori cambiano. La mossa decisiva credo sia stata quella di esserci tenuta fino all’ultimo la scelta sul terzo straniero”. Dopo aver toppato con i comunitari Jarreau Martina (olandese), Alex Rodriguez (da Curaçao) e Lionard Kindelan (cubano con passaporto spagnolo) aver trovato Andy Paz come franco-cubano ha permesso di usare il terzo visto per far tornare Stephen Perakslis. “La nostra forza è anche quella sì di un Mura che lavora tantissimo, e ovviamente anche lui come tutti a volte può sbagliare, ma noi sappiamo riconoscere i nostri errori, e la priorità è reagire e cercar di cambiare, senza arrabbiarsi o darsi per spacciati. Così abbiamo fatto”.
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