Categories: I libri del dugout

Lancio dopo lancio, giocare con la morte nel cuore

Il linfoma di Hodgkin è uno dei tumori più silenziosi. I pochi sintomi iniziali ti permettono di condurre una vita normale, persino di svolgere per un certo tempo un'intensa attività fisica. È per questo che quando Henry Wiggen riceve un'improvvisa telefonata dal suo catcher Bruce Pearson che gli dice di essere affetto dalla malattia mortale, Henry tende a non credergli.
Con questa telefonata comincia Bang The Drum Slowly (1956), il secondo romanzo della tetralogia di Mark Harris avviata tre anni prima con The Southpaw. Il protagonista è ancora il pitcher mancino Henry Wiggen, che è diventato ormai una star dei New York Mammoths e che i suoi compagni di squadra hanno soprannominato "Author", proprio in seguito alla pubbliazione di The Southpaw. Ma stavolta la sua vicenda -raccontata sempre in prima persona- si intreccia con quella di Bruce Pearson, un "cather di terza fila" usato più che altro per far scaldare i lanciatori nel bullpen. Bruce viene dalla Georgia, dal profondo Sud rurale e razzista, ma per lui non è un problema stringere la mano a un nero. Bruce è semplice, ingenuo, istintivo anche se di carattere chiuso. Dotato di un intelligenza non eccelsa, in attacco dimentica i segnali e ruba le basi facendo di testa sua, mentre come ricevitore si limita a poco più che fermare i lanci del pitcher:
"Per Bruce un lanciatore è solo un tizio che tira una palla, e il ricevitore è lì solo per fermarla ed impedire così che il gioco si prolunghi, ma un pitcher e un catcher non sono questo, tranne forse che nell'Alabama State Amateur Baseball League, ed ecco perché è la Alabama State Amateur Baseball League e non New York. Un pitcher invece è un tizio con una palla in mano che affronta un figlio di puttana che ha in mano un bastone di legno, e cerca di impedirgli di colpire la palla, perché se quello batte troppo spesso allora il pitcher diventa un disoccupato, e quindi cerca di lanciare col braccio, col cervello, con la memoria e bluffando, per amore del suo portafoglio e della sua famiglia, e ha bisogno d'aiuto. Il suo catcher deve aiutarlo, e quindi deve usare anche lui braccio e memoria e deve bluffare e non solo fermare la palla nel caso il battitore non la colpisca.
Un catcher deve essere tutto occhi e orecchie, deve guardare i corridori, il vento, il terreno attorno ai box. il tabellone con il punteggio, i segnali, cogliendo ciò che sfugge al pitcher, e Bruce non è stato tutto ciò, né quest'anno né in tutta la sua vita, perché non gli è mai piaciuto giocare da ricevitore. A lui piace battere. Gli piacerebbe poter andare solo in battuta e non dover giocare in difesa, fare solo ciò che sa fare meglio, che è quello che ti viene richiest in molti altri sport: puoi essere un blocco di cemento e fare solo ciò che può fare un blocco di cemento, e chiamarlo football; o puoi essere alto 2 metri e 10, e stare lì in piedi a mettere un pallone in un canestro, e chiamarlo basket; o colpire una pallina con un bastone e poi andargli dietro a piedi e poi colpirla di nuovo e poi camminare un altro po' e chiamarlo golf. Ma non è questo che succede nel baseball".
Ingenuo, poco sveglio, non brillante in difesa, Bruce fa le sue apparizioni soprattutto come pinch-hitter, e gli altri giocatori non mancano di prenderlo in giro. Ma Henry e sua moglie Holly gli sono particolarmente legati, ed è per questo che quella mattina in cui Bruce lo chiama per telefono da una clinica sperduta nel Minnesota, Henry si mette in macchina e lo va a prendere per poi accompagnarlo a far visita alla sua famiglia nella poverissima Georgia rurale, in un viaggio invernale per la geografia degli USA che per un momento crea nel lettore assonanze con On The Road (Sulla strada, il romanzo-simbolo della Beat Generation che Jack Kerouac stava scrivendo proprio in quegli anni). Bruce è un uomo di campagna, il "naturale" che da bambino giocava su un diamante ricavato in un campo coltivato, una specie di Roy Hobbes (il protagonista de Il migliore di Malamud) con molto meno talento ma in perfetta sintonia con un paesaggio che è quello dei miti agrari e pastorali delle origini americane (e del baseball):
"Sapeva distinguere il nord dal sud e l'est dall'ovest, cosa che io a malapena riesco a fare fuori da un campo di baseball. Guidavamo senza una cartina stradale, di giorno e anche di notte quando ne avevamo voglia, non percorrendo forse le strade più veloci ma in ogni caso andando grosso modo verso sud e verso est. "Segui il fiume", mi dice. "Quale fiume?", gli dico io, "non vedo nessun fiume". "Ci sei accanto", mi fa lui, e credo avesse ragione. Viaggiava seguendo i fiumi. Non ne conosceva i nomi, ma sapeva in che direzione scorrevano, anche se non sembravano scorrere affatto, mi capite?, anche se erano gelati, e all'inizio lo erano, lo capiva dal profilo della riva, o da dove si accumulava il ghiaccio o i detriti, quando eravamo vicini alla riva tanto da poterla vedere, il che accadeva a volte quando ci fermavamo per pisciarci dentro. Lui preferiva pisciare in un fiume piuttosto che in una stazione di servizio. […]
Andando verso sud lui notava le vacche davanti alle case. "Si vede che stiamo andando bene verso sud" diceva "perché laggiù tengono le mucche fuori dalla porta di casa". Sapeva di che razza erano, se erano da carne o da latte, e a cosa erano coltivati i campi, se a granturco o a grano o a altro, se gli uccelli erano invernali o se erano i primi uccelli a tornare a casa per la primavera."
Henry -che è l'unico a sapere della malattia di Bruce- decide di "proteggere" in qualche modo il suo amico nel seno della squadra. E così, quando durante lo spring training arriva il momento di rinnovare i contratti, chiede che nel suo venga inserita una clausola speciale: Henry Wiggen giocherà per contratto solo nella squadra in cui milita Bruce Pearson. Se uno dei due sarà licenziato anche l'altro se ne andrà.
Ecco la situazione iniziale di un romanzo davvero eccezionale, il degno seguito di The Southpaw, che ci presenta un personaggio indimenticabile come Bruce, il catcher morente, che sullo schermo fu interpretato prima nello stesso 1956 da Albert Salmi in un episodio televisivo della serie US Steel Hours (in cui Henry Wiggen era impersonato nientemeno che da Paul Newman) e poi nel 1973 da Robert DeNiro in un celebre film diretto da John Hancock.
Recentemente è stato approntato un interessante adattamento teatrale del romanzo ad opera della compagnia Raven Theatre (in questo momento in cartello allo Steep Theatre di Chicago, se qualcuno passasse di là…, altrimenti cliccate qui per vedere la presentazione dello spettacolo.
Da noi il titolo del film diventò Batte il tamburo lentamente e, a quanto sembra, c'è stata una qualche traduzione in italiano del romanzo, probabilmente una quarantina d'anni fa a ridosso dell'uscita del film, traduzione che non sono però riuscito a rintracciare. Sarebbe bello se qualche casa editrice italiana pensasse di ripubblicarlo oggi. Nel frattempo, torneremo a parlare di Bang The Drum Slowly nel nostro prossimo appuntamento.

Luigi Giuliani

Un vita spezzata in tre: venticinque anni a Roma (lanciatore e ricevitore in serie C), venticinque anni in Spagna (con il Sant Andreu, il Barcelona e il Sabadell, squadra di cui è stato anche tecnico, e come docente di Letteratura Comparata presso le università Autónoma de Barcelona e Extremadura), per approdare poi in terra umbra (come professore associato di Letteratura Spagnola presso l'Università di Perugia). Due grandi passioni: il baseball e la letteratura (se avesse scelto il calcio e l'odontoiatria adesso sarebbe ricco, ma è molto meglio così...).

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