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Quel giorno che conobbi Pablo Miguel Abreu…

1983. Era il terzo anno che il Club Italia si trasferiva in inverno a Cuba per preparare al meglio le Olimpiadi di Los Angeles. Ricordo che era un giorno come tanti altri: dopo l'allenamento mattutino c'era il riposo obbligatorio in camera, anche perché fuori c'erano 35 gradi, il sole altissimo e non tutti avevano voglia di andare a passeggio. Io, Sandro Cappuccini, Stefano Manzini e Roberto Bianchi, decidemmo di andare al Coppelia a mangiare un gelato di "fresa". Eravamo alloggiati all'hotel Habana Libre, quindi bastava attraversare la strada ed eravamo in gelateria. Stavamo per ordinare quando si presenta davanti a noi un "gigante ". Un ragazzo di colore (a quel tempo in forma smagliante), pensammo tutti e quattro indistintamente: "questo di sicuro ci vuole scroccare un gelato", invece (a parte il gelato "scroccato") ci disse che era un lanciatore della Nazionale cubana giovanile. Noi, scettici, non gli demmo abbastanza peso, però già si vedeva (o perlomeno aveva già conquistato la mia attenzione) che le sue movenze fossero quelle di un atleta con la A maiuscola. La cosa fini lì, perchè noi tornammo in stanza per riposare visto che dopo un paio di ore iniziava la seconda seduta giornaliera.
Passarono due giorni, era in programma una partita amichevole contro una squadra giovanile cubana: andammo allo stadio tranquilli che quella volta sarebbe stata più facile delle altre volte. La sorpresa però non tardo ad arrivare. Giocammo a San Jose (poco fuori L'Avana), lo stadio era stracolmo, non ci avevano detto che quella partita era contro la Nazionale giovanile cubana. Tutti Under 18, tutti pronti per giocare in ogni parte del mondo… Lanciò Pablo Miguel Abreu. Avrebbero potuto scrivere chiunque, tanto quel nome non era ancora famoso. Solo quando lo vedemmo riscaldare, Bianchi mi dice: "Reggie, ma quello non è il tuo amico? Lo guardo e dico: meno male va, cosi oggi ci divertiamo un pò…"
Pablo lancio 7 riprese e fece 15 strike-out, due dei quali su di me… e meno male che era mio amico. Prendemmo una batosta che ancora oggi, se mi viene in mente, considero un incubo. Noi avevamo incontrato quello che poi sarebbe diventato il più forte lanciatore del mondo. Dopo quella partita diventammo amici veri, mi invitò a casa sua, mi presentò sua mamma, una signora bellissima, molto raffinata, dai modi gentili di nome Paulina,ed il papà Marcelino detto " El Nino", molto serio ma anche lui molto gentile con me. Era la prima volta che un cubano dopo 3 anni di permanenza mi invitava a casa sua per una cena e la cosa vi giuro mi colpì molto. In un giorno normale in mezzo la settimana, dopo l'allenamento, chiesi una serata di libertà al mio manager che me la accordò. Logicamente non credette alla cena a casa di Pablo ma pensò, immaginate voi, con chi sarei andato a cena. Dopo scherzi e sberleffi dei miei compagni presi il taxi e mi diressi a casa di Pablo che a quel tempo abitava nel quartiere di Miramar Playa. Mi fermai in una pasticceria su calle Linea, comprai un dolce e andai all'appuntamento. Quella sera mangiammo riso, fagioli neri, tostones e un tipo di carne buonissima: solo dopo qualche anno appresi che quel piatto così squisito si chiamava "lomo ahumado" (bistecca di maiale affumicata).
Fu una serata magnifica che segnò per sempre la mia vita: io e Pablo diventammo come fratelli e per tutto il tempo che io stavo a L'Avana eravamo inseparabili. Pablo Miguel Abreu, tre anni dopo in Olanda, risultò il miglior giocatore del Mondiale 1986 e rifiutò un offerta da 11 milioni di dollari dei Baltimore Orioles. Ve lo posso assicurare, perchè era con me quando gli fecero la proposta: ma lui era molto legato alla sua famiglia e soprattutto alla sua terra. Pablo vinse 2 Mondiali, 1 Coppa Intercontinentale e non gli fu permesso di diventare campione olimpico, perchè Cuba ai Giochi di Seul dell'88 venne esclusa per motivi politici. Poi nel 1989 si infortunò gravemente e questo incidente gli compromise tutta la carriera: frattura del polso sinistro, quello da dove uscivano le fiammate, 95 miglia di velocità, aveva la curva migliore che abbia mai visto tirata da un mancino.
Ci incontrammo a San Juan di Portorico per la Coppa Intercontinentale e mi raccontò tutto. Non poteva più lanciare, cercai di parlargli, tenendolo su, ma per uno che ha conosciuto la gloria (quella vera) era difficile capire. Alla fine della manifestazione ci salutammo. Noi tornammo in Europa e dopo 20 giorni ci laureammo Campioni d'Europa a Parigi con una squadra di tutti giocatori italiani battendo l'Olanda alla quinta partita. Fu un trionfo, non era mai successo prima di vincere con tutti italiani, senza oriundi. La politica di Beneck prima e Notari poi aveva dato i suoi frutti.
Non abbandonai mai il mio amico anche se era purtroppo caduto in disgrazia. Alla prima opportunità feci in modo che venisse a lavorare in Italia, la sua prima tappa fu logicamente Nettuno dove si fermò tre anni a lavorare con i giovani, poi si trasferì a Parma e Reggio Emilia, dove ha sposato Andreina. Hanno un bambino meraviglioso e ci sentiamo quasi tutte le settimane. U ragazzo eccezionale Pablo, una grande persona ed una amicizia che non finirà mai.
Questo è Pablo Miguel Abreu, il più forte lanciatore che abbia mai visto. Per tre anni il più forte del mondo ma al di là dello sport una grande persona. Pablo è mio fratello.

Ruggero Bagialemani

Ruggero Bagialemani è nato a Roma nel 1963. Inizia a giocare sin da bambino e si mette in luce già nelle giovanili. La sua carriera da giocatore è piena di successi, mentre l'ultima affermazione da allenatore è quella ottenuta l'anno scorso in Coppa Italia. E' alla guida della formazione verde-azzurra dal 2002 (con una interruzione nel 2009 e 2010, quando allenò il Grosseto) dopo aver vinto come giocatore 4 scudetti, 2 coppe dei campioni, 2 supercoppe europee, 2 coppe Italia e 3 coppe Ceb. Ha al suo attivo 14 "guanti d'oro", 10 come interbase e 4 da terza base. Bandiera per anni della Nazionale (convocato per ben 18 anni consecutivi, dall'82 al '98) con la quale ha vinto - unico in Italia - quattro campionati europei. Della formazione azzurra detiene ancora il record di presenze e battute valide, nell'89 è stato eletto miglior giocatore d'Europa e convocato con la All Star del resto del mondo nella partita disputata (e vinta) ad Atlanta nel '90. Di lui si ricorda anche la valida decisiva, agli extra inning, contro l'Australia a Grosseto, che portò l'Italia alla seminifale del Mondiale '98 e poi al quarto posto, miglior risultato di sempre mai raggiunto dagli azzurri. Vanta anche la partecipazione a 3 Olimpiadi, 7 campionati del Mondo e 5 coppe intercontinentali. Detiene ancora il record di battute valide (1.348) con il Nettuno, di cui è stato per 10 anni il capitano, vanta anche uno scudetto nei ranghi di dirigente nel 2001. Bagialemani detiene anche un singoolo primato: quello di 7 valide in un solo incontro (storico derby vinto dal Nettuno sull'Anzio per 44-0). Da quando guida la squadra laziale ha raggiunto quattro volte la finale scudetto, le ultime tre consecutive perse a gara-7.

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