Categories: Baseball & Marketing

Com’era bello il mio programma

Ho avuto modo di occuparmi per lavoro di parecchi sport, ma personalmente ne amo tre: il baseball, che paragono a una moglie fedifraga e manesca dalla quale finisco comunque sempre per tornare, perché proprio non riesco a vivere senza di lei; il basket, che è per me la dolce amante nelle cui braccia mi rifugio per lenire i dolori domestici (son virtussino!) e infine il golf, misteriosa virago conosciuta in un club privée per sado-maso dove lei impersona sempre la parte sado e io quella maso.
Per deformazione professionale finisco con il prendere in considerazione e analizzare gli aspetti di comunicazione anche degli ambiti in cui sono coinvolto principalmente per passione, a maggior ragione questo avviene per il beis, nel quale ho vissuto le prime esperienze da comunicatore sportivo.
Ho avuto in passato e ho tuttora il privilegio di collaborare con professionisti (dai quali ho imparato e continuo a imparare molto) che hanno contribuito a far nascere e sviluppare la Lega Pallacanestro Serie A e la Lega Volley, che sono certamente le strutture sportive più efficienti e all’avanguardia per quanto riguarda un approccio di marketing volto a massimizzare la visibilità mediatica e i ritorni (rigorosamente documentati) per gli sponsor.
La Lega Basket, pioniere in questo, è il modello cui dovrebbero ispirarsi tutti i movimenti che abbiano serie intenzioni di emergere, costruendosi un’immagine positiva e appetibile per i media, per le aziende, per il pubblico e per le famiglie dei ragazzi in procinto di scegliere un’attività sportiva, che sono i quattro mercati nei quali si trovano a competere tutti gli sport. La pallacanestro, che pure ha mille difficoltà (non mi lascio certo ingannare dall’ottica deformata di chi vive a Basket City), ha innanzitutto preso atto dei problemi e attivato una struttura che opera per la loro soluzione, forte, pur nella dialettica spesso accesissima e nelle frequenti crisi, della vera volontà di crescita comune a tutte le componenti. Volontà che temo latiti alquanto nel baseball italiano, che continua imperterrito a sprecare tempo prezioso, quando ci sarebbe così tanto da fare. A cominciare proprio dalle basi, perché, ad esempio, se chiedete a dieci adolescenti presi casualmente da diverse zone d’Italia in cosa consistano basket, golf e baseball, probabilmente nove risponderanno correttamente nel primo caso, sette nel secondo (ma difficilmente gli altri tre parlerebbero di maglioni e automobili), mentre per il baseball la maggioranza borbotterebbe di mazze e ‘palloni a punta come il rugby”, nonostante Robert Redford, Kevin Costner, gli Orsi, i cartoni animati giapponesi e magari il cappellino degli Yankees che hanno in testa.
Una delle accuse spesso rivolte (e giustamente!) ad Aldo Notari è stata quella di mortificare il baseball italiano in un movimento di bassissimo profilo, praticamente invisibile, con la scusa del risanamento del bilancio federale (da una parte tiriamo la cinghia e dall’altra ci imbarchiamo nella costruzione del Quadrifoglio, mah!), perseguendo in realtà la strada del ‘tanto più piccolo, tanto più gestibile” allo scopo di tenerne le funzioni vitali al minimo indispensabile affinché gli facessero da supporto per la scalata ai vertici internazionali. In questo è stato bravissimo: ha raggiunto il suo fine agendo da grande politico qual è, ma da altrettanto pessimo manager non aveva capito che le continue improvvisazioni (programmare vuol dire impegnarsi, molto più facile stare sul vago fino all’ultimo momento in modo da poter tranquillamente effettuare la scelta più conveniente dal punto di vista personale), la gestione clientelare delle cose, con le solite routine affidate ai soliti accoliti, la calma piatta, anzi, il soffocamento sistematico delle idee che avrebbero potuto turbare lo status quo avevano a tal punto frustrato ed esasperato il mondo del baseball e del softball italiani da portarlo a un’inattesa (?) trombata elettorale.
Nella sua soporifera enunciazione della relazione di fine mandato, Notari aveva anche accennato un tardivo risveglio di sensibilità nei confronti della comunicazione e, nell’ambito delle nuove disposizioni dello Statuto Coni, dei potenziali partner commerciali, ma, sinceramente, qualcuno ritiene possibile convincere i media ad ampliare gli spazi e le aziende a investire in un ambiente che vive costantemente una situazione di drammatica provvisorietà? In cui si gioca nei più diversi orari e nelle più varie condizioni, in cui bastano le ferie di uno per inceppare tutto il meccanismo, in cui non si conoscono mai la sede e il calendario di una manifestazione internazionale prima del playball?
Come scriveva il collega Semprini su Anteprima.net con parole sacrossante: le aziende hanno le loro tempistiche ben determinate per la destinazione del budget pubblicitario, hanno il loro preciso linguaggio, non si può pensare nemmeno di essere presi in considerazione se non ci si adegua e non ci si esprime allo stesso modo. I mezzi di comunicazione sono bersagliati da mille stimoli, i giornalisti (delle varie) sono tirati per la giacca da tutte le parti, vanno contattati, seguiti, aiutati con un servizio personalizzato, se si vuole sperare nella conquista di un po’ di spazio in più.
Così una larga parte del popolo del baseball (compreso chi scrive) ha sbattuto gli occhietti increduli quando si è visto di fronte un candidato come Everardo Dalla Noce, celeberrimo Uomo di Comunicazione, presentarsi con uno staff operativo organico e apparentemente ben affiatato, composto da un responsabile comunicazione e PR, un segugio amministrativo, un esperto di sponsoring e uno stuolo di altri consulenti legali e tecnici ai quali cedeva di volta in volta la parola in quella che pareva una sinfonia per le nostre orecchie. Per non parlare poi del progetto, che partiva da una presa d’atto della grave crisi in cui versa il movimento (dopo anni di ‘va tutto bene, i tesserati crescono, la Nazionale vince, il Coni ci ama, ecc. ecc.”) per enunciare poi una soluzione, sintetizzabile nel recupero della visibilità, che sarebbe stata riempita di contenuti operativi dallo staff di cui sopra. La vittoria di Everardo è stata per il sottoscritto il picco più alto di fiducia nel futuro in diciott’anni di baseball.
Poi, che succede? Invece di partire lancia in resta alla conquista dei fulgidi obiettivi si comincia a sgretolare il nostro stesso castello: via il responsabile comunicazione e PR, via il segugio amministrativo, via l’esperto di sponsoring e via pian piano anche quasi tutto il resto del ‘gruppo di lavoro”.
Abbiamo oggi conferma dalle parole dello stesso Presidente federale nella sua lettera aperta al Consiglio che l’allontanamento è stato dovuto all’avidità dei consulenti stessi e voluto nell’interesse della Federazione. Le cifre non sono dichiarate, perciò non ho elementi per una valutazione dei singoli casi e, anche se trovo curioso che non ne avessero parlato prima dell’avvenuta elezione, nemmeno voglio farla, perché quello che trovo inspiegabile non è l’allontanamento, ma la non sostituzione, come se, persi gli interpreti, anche i ruoli perdessero di valore e con essi l’intera formula di lavoro proposta, l’intera metodologia.
‘Hanno cambiato idea” accusa un’email pubblicata sul sito federale. No, rispondo io, non ho cambiato idea, sottoscrivo e sottoscriverò sempre la proposta elettorale Dalla Noce e, personalmente, ne descriverò volentieri i successi punto per punto, non appena se ne avrà un segnale di messa in pratica.
Purtroppo, ancora una volta, il nostro sport vive in un vuoto informativo allucinante, e rimane invisibile, evanescente.
Non è con il metodo ‘io le cose sul sito federale le metto, vienitele a leggere” o snobbando le realtà locali (le uniche che ancora si occupano di baseball e softball con spazi e continuità decenti) che si possono riconquistare spazi ‘al di fuori del mondo limitato degli addetti ai lavori”. Questa è solo dimostrazione di scarsa conoscenza di come vanno oggi le cose nelle redazioni.
Non è ignorando completamente le Coppe internazionali di club o tenendo nascoste le amichevoli della Nazionale che si recupera visibilità (mi creda Presidente, io li leggo i giornali, venti al giorno, non parlo per sentito dire).
Non è, signor Presidente e signori Consiglieri, arroccandosi su cavilli statutari e rifiutando il confronto che si fa il bene del nostro sport.
Questo è il momento del FARE, non vorremo lasciar correre un altro anno come se niente fosse cambiato?

Marco Landi

Nato a Bologna nel 1965, è sposato con Barbara e papà di Riccardo (31/12/96, batte destro e tira mancino) e lavora da sempre nell'ambito della comunicazione.Dal 1993 al 2004 alla Master Key Bologna, agenzia di consulenza in comunicazione, con competenze specifiche inerenti l'area below-the-line, sponsoring e sales promotion in particolare, e i servizi per l'ufficio stampa.Nel 1991-92 è Coordinatore responsabile della Lega Baseball Serie A, di cui gestisce l'attivita di back office e di comunicazione.Dal 1988 al 1991 è Responsabile marketing e comunicazione della Fortitudo Baseball è stato membro del C.O.L. Bologna per i Mondiali di Baseball Italia '88.In questi anni svolge il lavoro di coordinamento nella redazione dei periodici Fuoricampo e Baseball Magazine.Nel 2002 rientra in Fortitudo e dal 2004 è marketing professional per la Federazione Italiana Baseball Softball. Lettore onnivoro, predilige tematiche di aggiornamento per la propria professionalita, ama il fantasy e colleziona fumetti.Ascolta hard rock in tutte le sue forme.Tenta disperatamente, con il poco tempo a disposizione, di abbassare il suo handicap di golfista, ma questa e un'altra storia...

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