Marcon tra crescita, innovazione, Lega e Accademie regionali

Seconda parte dell'intervista al candidato alla Presidenza del gruppo Change Up: "Baseball e softball non sono vendibili. Bisogna ripartire dalla base, avere più squadre, più campionati e più attività"

Marcon, come immagina l'organizzazione della federazione del futuro e, in particolare, il consiglio federale?
La mia idea di organizzazione della Federazione e del Consiglio Federale è molto semplice: credo sia finito il momento del "One Man Show", non ci può essere una sola persona che stabilisce tutte le regole. Il compito principale di gestire questa Federazione deve essere affidato al Consiglio Federale, che rappresenta tutte le società. Ovviamente all'interno del Consiglio ci saranno persone con delle competenze, delle conoscenze e delle attitudini diverse, che dovranno essere valorizzate in modo specifico; non si può pensare che ogni consigliere federale si possa occupare di tutto. A ognuno devono essere demandati lo studio e l'approfondimento circa determinate tematiche, che saranno poi condivise con tutti gli altri per un momento di confronto e di sintesi finale. La mia è un'idea di Federazione in cui tutti si mettono a disposizione e anche l'organizzazione interna della stessa Federazione deve essere improntata a un sistema in cui le società trovino risposte certe e celeri in ogni situazione. Voglio un Consiglio Federale forte e critico: in sede consiliare è giusto che emergano anche differenti posizioni che permettano di creare un confronto vero e costruttivo. Non mi interessa l'idea di avere consiglieri federali che votino sempre SI, ciò che è fondamentale è creare un gruppo che riesca a trovare nelle differenze e nelle specificità personali un valore aggiunto, con il solo obiettivo di fare il bene comune del baseball e del softball nel nostro Paese. Noi dobbiamo metterci a disposizione delle società in questo senso. È il momento delle decisioni forti e non dobbiamo avere paura di prenderle. Qui non si tratta di avere paura di vincere o paura di perdere, ma di non avere paura di fare ciò che è giusto.

Parliamo di crescita. Una parola chiave, di grande attualità per il rilancio del sistema paese, che ben si applica anche al nostro movimento. Quali misure avete allo studio e intendereste attuare?
Il discorso sulla crescita è di semplice attuazione: dobbiamo avere più bambine e più bambini che giocano a baseball e softball e per questo dobbiamo trovare un modo per far conoscere il nostro sport e renderlo coinvolgente. Bisogna andare nelle scuole con un progetto condiviso a livello nazionale: si deve trovare un modo per essere incisivi e per questo le strutture federali, partendo dall'alto, devono assistere le società che vanno nelle scuole e nell'attività conseguente. Si deve cambiare l'idea di base: iniziare a 9 anni a giocare è troppo tardi; bisogna iniziare dall'ultimo anno dell'asilo, ovviamente non con un'attività agonistica o propriamente sportiva, ma c'è la necessità di fare in modo di avvicinare i bambini al nostro movimento, far conoscere a loro e alle famiglie il mondo del baseball e del softball e dimostrare che il nostro sport ha tanto da offrire.

Secondo lei, quali sono le vie della ripresa? Bisognerebbe partire dalla base, quindi dal settore giovanile, o lavorare contemporaneamente anche sul vertice?
Bisogna ripartire dalla base, quindi dai settori giovanili: è necessario avere più squadre che giocano, più campionati e più attività che permettano di far giocare i nostri ragazzi. Non può più succedere che ci si alleni per dieci mesi l'anno, con il rischio, che è realtà purtroppo in alcuni posti, di giocare cinque partite in una stagione. A livello di vertice invece, bisogna ristrutturare l'organizzazione dei campionati dando delle regole che siano serie e certe, che siano mantenute nel tempo e che permettano una programmazione a lungo termine. Non possiamo più pensare di poter "navigare a vista", come è stato fatto negli ultimi anni.

Spesso si dice che il problema principale è rappresentato dalla crisi e dalla mancanza di risorse finanziarie: se è così, dove e come trovare i soldi per fare attività?
Diciamoci la verità: il baseball e il softball non sono vendibili. Non possiamo pensare di avere un appeal tale che ci permetta di accedere a risorse finanziarie legate alle sponsorizzazioni private, che sono molto limitate rispetto a ciò che accade in altre realtà sportive. Del resto, cosa possiamo offrire oggi a uno sponsor in modo da giustificare il suo investimento? Noi dobbiamo ripartire dall'attività giovanile con un progetto serio, creando degli eventi che possano condurre tanti ragazzi e tante ragazze sui campi, in modo da creare qualcosa di vendibile singolarmente ai possibili sponsor interessati. Questa è la principale strada percorribile ed è appunto quella rappresentata da un rilancio di immagine che parta dal movimento giovanile. Dopodiché esistono altre cose: ad esempio, abbiamo già creato uno staff che si occuperà di fare ricerca per quanto riguarda i bandi europei: esistono molti finanziamenti a cui noi non accediamo per il semplice fatto che non sappiamo che ci sono. Bisogna ragionare in questi termini: è vero che ci sono poche risorse finanziare, ma è anche vero che ci sono determinate situazioni su cui possiamo intervenire, dando una mano alle società per spendere meno soldi e permettere a tutti di giocare a baseball e a softball.

IBL, serie A o un campionato che contempli una e l'altra? In definitiva, qual è la formula che la convince di più…
L'IBL al momento è un mondo a sé stante e deve essere messa nelle condizioni di andare avanti in autonomia. Come già sottolineato in diverse occasioni, ci deve essere un manager esterno che gestisca la creazione della Lega. Se, entro un paio di anni, si viene a dimostrare che questa Lega non può funzionare, allora tutto deve rientrare nell'ambito federale, dove la Serie A deve essere il campionato principale. Mi piacerebbe l'idea di una serie A divisa in tre gironi: Nord, Centro-Nord, Centro-Sud, ma ovviamente tutte le varie formule dovranno essere discusse con tutte le società. Il concetto fondamentale per me è questo: le regole devono essere scritte una volta per tutte e devono essere mantenute perlomeno fino alle prossime elezioni. In questi ultimi anni è stato impossibile effettuare una programmazione, in quanto le regole sono cambiate continuamente di anno in anno, non creando i presupposti per la creazione di un efficace sistema che funzioni.

E per i campionati delle serie inferiori cosa prevedete?
La serie B deve essere messa nelle condizioni di costare meno e poter giocare di più. Deve essere una serie in cui possiamo far crescere i nostri ragazzi con l'ambizione di poter arrivare più in alto. La serie C invece dovrebbe essere la categoria del vero cambiamento, dove dobbiamo riuscire ad avere più squadre e più movimento attraverso sinergie ad esempio con gli enti di promozione quali la Uisp, il Csi etc. L'attività amatoriale che viene fatta attraverso questi enti è importantissima ma non dobbiamo arrivare al punto di vedere ragazzi di 20 anni che ci giocano perché non è possibile trovare una giusta collocazione per loro in ambito federale; non ci deve interessare il "come" sono tesserati, ci deve interessare che si giochi di più, e per questo penso che la serie C possa accogliere anche loro. Prevenendo le contestazioni a questa affermazione, non venitemi a parlare di problemi assicurativi o comunque formali, perché sono tutte cose facilmente risolvibili. Infine la serie C sarebbe perfetta per testare qualche cambiamento che possa poi essere importato nelle categorie superiori. È vero che siamo lo sport della tradizione per eccellenza, ma qualcosa dobbiamo pur fare per migliorare lo spettacolo che offriamo. Se la pallavolo è passata dal cambio palla al punto su ogni azione, io credo che anche il nostro mondo potrebbe provare a cambiare qualcosa per rendere lo spettacolo più godibile per il pubblico. Ora, uscirò forse dalla traccia della domanda, ma il vero cambiamento che dobbiamo attuare è quello che tutti insieme dobbiamo lavorare sul rendere i nostri sport attraenti per chi non li conosce e non fruibili solo a chi sa già cosa sono il baseball ed il softball.

Oltre al baseball, anche il softball ha bisogno di rilanciarsi…
Direi che il softball ha assolutamente bisogno di rilanciarsi. Leggo in questi giorni che Fochi si è accorto della "piramide rovesciata", concetto su cui noi lavoriamo da più di un anno. In questo momento, per una serie di motivazioni che non mi sembrano molto chiare, abbiamo l'ISL che ha più squadre di quante ce ne siano in serie B. Dobbiamo ripartire dal basso: si deve giocare di più e aumentare la qualità e il livello del gioco. Non credo che in questo momento abbiamo i numeri per pensare di poterci permettere l'ISL a 16 squadre: si deve ritornare a un campionato unico, con massimo 10 squadre, per poi strutturare i campionati della serie A2 e della serie B. Il tutto deve partire da un concetto fondamentale: ci vogliono i giocatori e quindi, ribadisco, è necessario ripartire dalle scuole e dall'attività giovanile, accompagnando la crescita delle ragazze e conseguentemente quella del movimento. Bisogna trovare la sintesi affinché le società lavorino di più insieme, capendo che l'interesse comune deve prevalere su quello singolo perché altrimenti non si può ottenere nulla di buono. Sono anche convinto che non si possa spiegare tutto il programma che riguarda il softball in una sola domanda. Sono sicuro che avrò occasione di poter approfondire i progetti che abbiamo in mente per il softball.

Accademia, un'iniziativa che funziona e da valorizzare ulteriormente o cosa?
Su questo tema siamo stati chiari fin dall'inizio: bisogna avere la possibilità di avere più ragazzi e di seguirli di più; per questo penso che il futuro sia rappresentato dall'Accademia Regionale, mentre quella Nazionale, a parer mio, deve essere più specifica per quanto riguarda i ruoli determinanti: lanciatore e ricevitore. Sul tema dell'Accademia ci sarebbe molto da dire: nel corso degli anni abbiamo potuto constatare che ha lati positivi e negativi, ma sicuramente ha bisogno di essere rivista, anche partendo da un coinvolgimento delle società. L'Accademia forma dei ragazzi, poi questi tornano nelle loro società di appartenenza dove fanno tutt'altro: quindi non c'è coordinamento tra l'Accademia e le realtà sul territorio e per questo probabilmente il progetto dell'Accademia regionale può essere un modo per creare quel raccordo che oggi manca e per rendere più stabile ed efficiente il sistema. Quello che ho detto vale per il baseball, il softball è una realtà diversa e penso che possano essere adottate soluzioni differenti in grado di portare un risultato positivo. Non vedo perché non possiamo sfruttare delle realtà che sono già presenti nel mondo: penso ad esempio alla scuola di lancio di Michele Smith, con cui posso dire di avere un rapporto di amicizia che mi permette di parlare con lei di quello che può essere effettivamente il futuro. L'Accademia per il softball non è una cosa praticabile e non penso possa portare risultati, ma credo che la creazione di collaborazioni con queste realtà internazionali possa essere un modo per valorizzare il nostro patrimonio di giocatori.

E i rapporti con la Major League?
Devono essere riallacciati e diventare sempre più forti. L'idea di andare verso il Giappone non è la strada più facilmente percorribile. La tradizione del baseball italiano è sempre legata a quello americano. La Major League sta sempre più puntando su aspetti diversi rispetto al passato: ad esempio l'attenzione da parte loro si è spostata dagli under 18 agli under 15. Per questo ritengo che il progetto delle Accademie regionali possa essere più interessante per loro, perché permetterà di seguire più il territorio e allargare la base. Ritengo anche che ci sia un concetto fondamentale da cui partire: i nostri ragazzi non devono pensare che l'Accademia li porterà a giocare in Major League, ma devono comprendere che questo progetto li aiuterà a sviluppare le loro qualità e le loro caratteristiche. Per quanto riguarda specificamente la collaborazione nell'ottica dei giocatori che saranno scelti dalla Major League, trovo che ci sia molto da lavorare, ma sono fiducioso sul fatto che si possa arrivare ad una conclusione positiva.

Si fa un gran parlare di innovazione: che ruolo può giocare in questo scenario?
Siamo nel 2016 e non possiamo non sfruttare tutte le occasioni e le opportunità che ci vengono dalla tecnologia perciò dobbiamo utilizzare tutti i mezzi che ci vengono forniti per entrare nelle case degli italiani, rendendo la nostra federazione adeguata ai tempi che stanno cambiando. Tempo fa parlai con un dirigente di una società che mi disse: "La sera mi ritrovo a guardare la tv con a fianco mio figlio che guarda la stessa trasmissione, ma sul tablet". Dobbiamo stare al passo con i tempi sia per quanto concerne l'evoluzione tecnologica, ma anche per quanto riguarda il cambiamento delle abitudini dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze. Si può fare fatica certo, sinceramente anch'io a volte guardo stranito il mio staff che si occupa di tale argomento perché non capisco quello che dicono, ma i tempi sono cambiati ed anche la Fibs deve mettersi alla pari.

 

Informazioni su Filippo Fantasia 668 Articoli
Nato nel 1964 ad Anzio (Roma) è giornalista pubblicista dal 1987. Grande appassionato di sport USA, e in particolare di baseball e basket, svolge a tempo pieno attività professionale a Milano come Responsabile Ufficio Stampa e Relazioni con i Media italiani e internazionali presso importanti corporate. Nel corso degli anni, ha collaborato con diverse testate nazionali e locali tra cui Il Giornale, La Stampa, Il Resto del Carlino, Tuttosport, Guerin Sportivo, Il Tirreno, Corriere di Rimini, e con testate specializzate come Play-off, Newsport, Sport Usa, Baseball International e Tuttobaseball. In ambito radio-tv ha lavorato per molti anni come commentatore realizzando anche servizi giornalistici per diversi network ed emittenti quali Radio Italia Solo Musica Italiana, Dimensione Suono Network, RDS Roma, Italia Radio e Radio Luna. Ha inoltre condotto programmi e realizzato speciali legati ad importanti avvenimenti sul territorio per alcune televisioni locali. Nel 1998 ha ideato e realizzato il video "Fantastico Nettuno" dedicato alla conquista dello scudetto tricolore della squadra tirrenica di cui è stato per oltre un decennio anche capo ufficio stampa. Significative sono state anche le esperienze professionali negli USA, grazie agli ottimi rapporti instaurati con gli uffici di Media Relations di diversi club (in particolare dei Boston Red Sox) e con le redazioni dei quotidiani Boston Globe e Boston Herald che gli hanno permesso di approfondire i diversi aspetti legati alla comunicazione sui media del baseball professionistico americano. E' stato il primo Responsabile Editoriale di Baseball.it nel 1998, anno di nascita della testata giornalistica online, incarico che ha dovuto momentaneamente abbandonare per impegni professionali, tornando poi in seguito ad assumere il ruolo di Direttore Responsabile. Nell'ottobre del 1997, ha curato il primo “play-by-play” in diretta su Internet del baseball italiano durante le finali nazionali del massimo campionato. Nell'estate del 1998 ha fatto parte del team dell'Ufficio Stampa del Campionato del Mondo di baseball.

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