Nanni orgoglioso della sua Fortitudo

Il manager di Bologna commenta il campionato della sua squadra, arrivata a gara-7 della serie-scudetto. "Abbiamo fatto i salti mortali. Unico rammarico: non aver saputo contenere Yepez". E ora altre battaglie: finali Coppa Italia e European Cup

Brucia. Dopo tre giorni brucia ancora, maledettamente, lo scudetto perso. Di un solo punto nell'ultimissima delle sette battaglie con il Cariparma. Crudele quell'1-2 di sabato scorso al Quadrifoglio parmense. Come dolorosa, e anche beffarda, era stata per la Fortitudo di Marco Nanni un'altra sconfitta con un solo punto di scarto: lo 0-1 del giugno 2009 nella finalissima di Coppa dei Campioni a Barcellona contro il Nettuno.
Dentro lo Yankee Stadium italiano (così è stato etichettato il "Nuovo Europeo" di Parma) la UGF Fortitudo Bologna ha lasciato quello scudetto trionfalmente conquistato un anno fa quando seppe vincere tre partite – una notte dopo l'altra – sul diamante sammarinese di Serravalle. Ma quella Fortitudo dell'agosto 2009 era una formazione imperiosa, potente, in gran salute, che faceva regolarmente volare le palline oltre la recinzione. Quella Fortitudo era la squadra di sluggers come Richard Austin e Claudio Liverziani, nonché di un personaggio importante con il suo carisma come Lele Frignani.
Ebbene: perdi dei giocatori di questo spessore, "regali" uno straniero a tutti (nel senso che, per motivi principalmente economici, la dirigenza bolognese ha rinunciato in questa stagione al quarto "visto" per i giocatori extracomunitari), investi sui giovani inserendo dei ragazzi interessanti ma ovviamente con limitatissima esperienza per la IBL, parti per un campionato che doveva essere di transizione (o comunque tutto da scoprire) e… ti trovi clamorosamente in finale-scudetto. E lì te la giochi fino alla settima decisiva gara, non prendi mai imbarcate riuscendo anche a reggere "abbastanza" l'urto con il cast di battitori più forte del campionato.
E allora? Allora, mi sento di affermare che questa UGF – seppure alla fine sconfitta – ha realizzato un piccolo capolavoro. Chiaro, se qualcuno vuol vedere il bicchiere mezzo vuoto può parlare anche di ghiotte opportunità non sfruttate (il 2-0 in apertura della serie, con due partite vinte subito a Parma, e poi il possibile e mancato 3-1 quando in gara4 Bologna s'è trovata in vantaggio all'ottavo inning e c'erano soltanto tre out da compiere…). Però, non sarebbe giusto un discorso di questo tipo. Perché significherebbe non tener conto del valore, della pericolosità, delle motivazioni dell'avversario. In campo c'era anche il Cariparma. Eccome!
Ad aprile, all'inizio del viaggio, la Fortitudo aveva sicuramente un potenziale inferiore a squadre come Nettuno, San Marino e Rimini. Consapevole dei propri limiti, la squadra di Nanni ha lavorato duro per mascherarli. Umiltà e rigorosa applicazione, sempre: per ridurre, limitare certi difetti. E' cresciuta nella post-season dopo avere raggiunto migliori equilibri in fase difensiva. E s'è guadagnata la qualificazione alla finale-scudetto con la compattezza del gruppo (una risorsa che accomuna le diverse Fortitudo di questi anni).

La premessa era doverosa. Ora la parola al timoniere della Fortitudo Baseball. Marco Nanni. Ecco le sue riflessioni sul campionato appena concluso, e le prospettive per le ultime importanti settimane della stagione, attraverso un incalzante botta e risposta.

Marco, resta intenso l'amaro in bocca. Ma anche l'orgoglio per quello che la Fortitudo ha saputo fare in un campionato che presentava squadre con roster più profondi e una maggiore potenzialità…
"Indubbiamente in questo campionato c'erano società con dei budget di ben altra caratura rispetto al nostro. Noi ci siamo presentati con un roster corto, non per scelta, bensì per necessità. Le risorse economiche non ci permettavano di andare oltre, in fase di costruzione della squadra. L'amarezza, per lo scudetto perduto c'è ed è innegabilmente forte. E' stata una serie sul filo dell'equilibrio, con punteggi stretti. A decidere sono stati degli episodi, e in questi episodi non abbiamo avuto buona sorte. Penso, ad esempio, a quella smanicata di De Simoni in apertura del settimo attacco di Parma in gara6, quand'eravamo passati in vantaggio in quella che poteva diventare per noi la partita dello scudetto. La battuta di De Simoni è stata fortunosa. E' stato attribuito errore al nostro seconda base Santaniello, ma non sono d'accordo, non è giusto: anche se non gli fosse caduta la pallina al momento del tiro, De Simoni che è veloce sarebbe comunque arrivato salvo in prima base. Il nostro vero sbaglio di quell'inning fatale è stato certamente la difesa del bunt effettuato da Dallospedale. Lì siamo stati insicuri. Dopodichè, tutti ci aspettavamo il bunt di Yepez con corridori in prima e seconda base e situazione di zero out. Loro invece non l'hanno fatto. Ma sono sicuro che hanno concesso a Yepez un lancio per girare la mazza, e se Yepez non avesse battuto o avesse fatto un foul, sul lancio successivo ci sarebbe stato il bunt al cento per cento. Ecco, ammetto che lì ci hanno sorpreso. Milano ha cercato di andare in vantaggio, com'era giusto, per fargli fare il bunt. E Yepez è stato abile a capire il lancio e a battere valido. Bravo lui. L'unica colpa che potrei dare a Fabio è l'aver dato i quattro balls a Camilo, però capisco la situazione, e capisco l'improvviso disagio: sei sopra, e in un attimo ti trovi a basi piene con zero eliminati. Dunque, un po' di timore in quel momento credo che potesse passare nella testa di tutti. Sono certo che se avessimo superato indenni quell'inning, avremmo portato a casa partita e scudetto".

Com'è bizzarro e imprevedibile, a volte, il baseball. Sei in vantaggio per 4 a 3 al settimo inning (parlando ancora di gara6), il tuo lanciatore partente (Betto) ha fatto ottimamente il suo lavoro, pensi di mettere in cassaforte la vittoria affidandoti al tuo miglior rilievo, Fabio Milano, il re dei closer. E subisci quattro punti in un attimo…
"Succede. A volte le cose non vanno come pensavi. Non mi sento di dare colpe particolari a Milano. Ci sono anche gli avversari, e sono bravi. E magari anche fortunati. Fabio era mentalmente pronto a fare i tre inning. E anche fisicamente. Ne avevamo parlato in settimana. Gli avevo detto che in gara6 avremmo potuto aver bisogno di lui non per un inning o due, come fa di solito, ma anche di più. Indubbiamente era un rischio da parte mia. Era un rischio metter dentro Milano a tre inning dalla fine perché se lui per due riprese avesse tenuto a bada le mazze del Parma e nell'ultimo inning avesse preso dei punti, io… avrei sbagliato tutto. Nel senso che non avrei saputo valutare bene la tenuta del mio lanciatore. Ripeto, al settimo inning non abbiamo difeso bene sul bunt di Dallospedale e poi è stato molto bravo Yepez a sorprenderci, piazzando quella valida quando ci si aspettava un bunt. Da lì hanno poi preso sostanza i 4 punti: base su ball a Camilo, volata di sacrificio di Munoz, doppio di Bertagnon".

E quei 4 punti, con i quali il Cariparma ha appunto ribaltato la sesta partita quand'eravate avanti nella serie per tre vittorie a due, rappresentano l'unico vero big-inning concesso alla formazione ducale in tutta la serie. E' corretto dire che la Fortitudo ha fatto i salti mortali nell'essere riuscita a reggere l'urto con il line-up più potente e continuo del campionato? Portando il Cariparma fino a gara sette…
"Sì, è corretto. Su Baseball.it avevate proprio usato questo termine – salti mortali – circa un mese fa. Per indicare quel che eravamo già riusciti a fare, pur con un roster corto, un line-up non potente, una squadra rinnovata e ringiovanita. Confesso che mi sono servito di quel che avete scritto per stimolare ulteriormente il gruppo. Chiedendogli di fare altri salti mortali. Volevo che i giocatori mi mostrassero che ne erano capaci. Loro hanno accettato la sfida. E ci sono riusciti, raggiungendo la finale-scudetto e combattendo fino alla settima gara. Sono orgoglioso del gruppo che alleno. Per contenere la potenzialità, l'efficacia dell'attacco parmense abbiamo usato le nostre armi: astuzia, precisione, solidità mentale e, soprattutto, rispetto per i battitori avversari. Purtroppo non siamo riusciti ad arrivare fino in fondo su quello che volevamo, perché avremmo dovuto non farci fare così male da Marco Yepez".

Già, Yepez. Il match-winner del Cariparma. L'uomo che nella post-season ha spesso fatto la differenza.
"Sapevamo che era in gran forma, sapevamo che era carico e che stava girando molto bene la mazza. Usando le dovute accortezze, eravamo riusciti a contenerlo bene nelle prime due partite. Quelle da noi vinte a Parma. Poi? Poi… è stato bravo lui a fare degli aggiustamenti che noi abbiamo capito tardi. Qualche lancio sbagliato c'è stato. Non avremmo mai voluto tirare basso a Yepez, perchè sappiamo che lui è un abile battitore di lanci bassi. Purtroppo, qualche lancio un po' basso è scappato. Non volutamente. E quando una cosa non è voluta, non si può accusare più di tanto i lanciatori… Chiaro che la bravura di un battitore sta nel cogliere l'occasione. E Marco Yepez si è sempre accorto per tempo che arrivava il suo lancio prediletto, e ci ha punito. Il rammarico, appunto, è quello di non essere riusciti a spegnere un po' Yepez, da gara3 in poi. Lui è il campione che ha fatto vincere al Cariparma le partite. Quando Yepez non è stato pericoloso, Parma ha perso".

E allora si può usare uno slogan per fotografare questo campionato 2010: Parma con uno Yepez in più, Bologna con uno straniero in meno…
"No, io non cerco scuse. E' vero che la Fortitudo ha tesserato tre giocatori stranieri anziché quattro, ma il roster nostro era questo, e con questa formazione abbiamo affrontato il campionato senza andare a cercare alibi. Il gruppo ha funzionato, abbiamo prodotto buone cose, altrimenti non saremmo arrivati fino a gara7 della serie-scudetto. Parlando di Yepez, debbo dire che – aldilà della media battuta che non è stata altissima in regular season – lui ha avuto il merito d'essere stato parecchie volte un battitore clutch. Guardando i play by play, ho notato che ogni volta che Parma ribaltava una partita c'era sempre il segno di Yepez. Lui è stato il vero trascinatore del Cariparma, molto più di Camilo".

E invece a te, Marco, è clamorosamente venuto a mancare per tutto il campionato il rendimento offensivo di Garabito. La brutta copia del giocatore ammirato nel 2009. Che cos'è accaduto a Eddie?
"Ovviamente io non mi aspettavo da lui un campionato di altissimo livello come quello dell'anno scorso. Ripetersi sui 380 di average, con 12 fuoricampo e 49 RBI, era sicuramente difficile e quasi impossibile. Però chiaramente mi aspettavo una media un po' più alta considerando la sua classe, la sua storia e un anno già fatto in Italia. Ero sicuro che 300 abbondanti li avesse battuto. Aveva cominciato bene il campionato, poi si è infortunato, problemi ad un tallone, un fastidio che s'è portato dietro per un bel po' di tempo. Da quell'infortunio ha perso sicurezza. Sono scattati problemi anche psicologici. Ha fatto dei brutti turni in battuta, non è stato determinante in partite che abbiamo perso, sentiva il peso della squadra sulle spalle: e da lì, se ti infili dentro un tunnel, è dura poi venirne fuori. Debbo anche dire, che Garabito fino ad ora non ha mai, mai avuto un pizzico di fortuna. In parecchie situazioni, e credetemi sono state davvero parecchie, Eddie ha prodotto battute belle, profonde. Con la pallina finita nel guantone degli esterni, magari prese ad un passo dalla recinzione. Di solito, nel corso di un campionato, i line-drive, le prese in tuffo, e altre prodezze che ti annullano una valida, si pareggiano con le valide di manico, le valide con la mazza rotta e così via. Insomma, generalmente tante battute belle te le prendono e tante battute fortunose ti vengono fuori. Invece a Eddie quest'anno, statisticamente parlando, sono mancate diverse battute valide che avrebbe meritato. Ad esempio, venerdì sera: ha sparato una cannonata impressionante: nella parte più lunga del campo e proprio in un attimo che il vento s'era fermato. S'è dovuto accontentare di un fly di sacrificio. Noi tutti pensavamo che quella palla andasse fuori! Poi… nel valutare il campionato di Garabito in battuta c'è anche da mettere un pochino in conto che i lanciatori avversari adesso lo conoscono meglio e cercano di dargli il meno possibile dei lanci nella sua zona preferita".

E ora bisogna recuperare in fretta energie nervose e fisiche. Altre battaglie sono in arrivo. La finale di Coppa Italia, sabato e domenica al Falchi, che vale un posto per la Coppa dei Campioni del 2011. Poi il 25-26 settembre a Barcellona la Final Four di Coppa dei Campioni di quest'anno. Non si può rimanere a mani vuote…
"La stagione non è finita. Le pile si debbono ricaricare per forza. Dobbiamo rialzarci. Non è importante come si è caduti, ma è importante come uno si rialza. Sono sicuro che la mia squadra si rialzerà in fretta. In fin dei guai, non abbiamo nulla da recriminare. Passati quei due-tre giorni di comprensibile arrabbiatura, credo che con la mente più serena capiremo le grandi cose che abbiamo fatto in questo campionato italiano. E allora non saremo depressi".

La finale di Coppa Italia, tutta a Bologna, si giocherà al meglio delle tre partite. Venerdi sera alle 21, sabato pomeriggio alle ore 16 ed eventualmente la "bella" sabato alle 21. Occorrono due vittorie. Arriva un Nettuno che sta esprimendosi meglio, o con migliore equilibrio, adesso rispetto alla regular season del campionato…
"Sì. Ha coinvolto e responsabilizzato maggiormente i giovani. Quello che noi abbiamo fatto per l'intera stagione, il Nettuno lo sta facendo in Coppa Italia. Inoltre, ha dato fiducia a Joel Hernandez come pitcher partente in una partita e lui sta ripagando questa fiducia. E' un Nettuno battagliero, che vuol vincere in Coppa Italia per tornare in Europa. Non mi aspetto partite semplici, tutt'altro. Ci vorrà tutta la nostra intensità. Loro hanno ottimi lanciatori partenti come Hernandez e Richetti, e poi hanno "braccio di gomma" Leal che a 46 anni è stato capace di tirare tredici inning in due giorni: addirittura una "completa" sabato nella terza sfida contro Grosseto, con 11 strikeout".

 

Informazioni su Maurizio Roveri 192 Articoli
Maurizio Roveri, giornalista professionista, è nato il 26 novembre 1949. Redattore di Stadio dal 1974, e successivamente del Corriere dello Sport-Stadio, fino al gennaio 2004. Iscritto nell'Albo dei giornalisti professionisti dal luglio 1977. Responsabile del basket nella redazione di Bologna, e anche del pugilato. Caporubrica al Corriere dello Sport-Stadio del baseball, sport seguito fin dal 1969 come collaboratore di Stadio. Inviato ai campionati mondiali di baseball del 1972 in Nicaragua, del 1988 in varie città d'Italia, del 1990 a Edmonton in Canada, del 1998 in Italia, nonché alle Universiadi di Torino del 1970 e ai campionati Europei del 1971, del 1987, del 1989, del 1991, del 1999. Dal 2004 al 2007 collaboratore del quotidiano "Il Domani di Bologna" per baseball, pugilato, pallavolo.  

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