Boston nella storia: World Series

I Red Sox completano una rimonta mai riuscita a nessuno nella storia del baseball: da 0-3 a 4-3. Allo Yankee Stadium gli eroi sono Johnny Damon (due homer, 6 pbc) e Derek Lowe (sei inning perfetti)

Nella storia, per la storia. I Boston Red Sox completano la più incredibile rimonta delle Major League, diventando la prima squadra a ribaltare uno 0-3 nei play-off e approdando alle World Series dopo diciotto anni. La squadra di Terry Francona ha vinto ancora allo Yankee Stadium, una garasette dominata, che stavolta non è sfuggita di mano alle calze rosse. ‘Believe”, crederci. Era questa l’unica parola, l’unico sottilissimo filo di speranza che ancora univa il popolo del New Eagland domenica sera, quando all’inizio del nono inning New York conduceva 3-0 la serie e 4-3 garaquattro con il signor Mariano Rivera. Ebbene, in quel momento è scattata la scintilla del destino: rimonta e vittoria agli extra-inning, 1-3. Stesso copione in garacinque, con i Bronx Bombers avanti 4-2 all’8°: rimonta e vittoria agli extra-inning, 2-3. Si torna allo Yankee Stadium: capolavoro di Curt Schilling, 3-3.
Mercoledì notte dunque si riparte da zero, con New York nettamente avvantaggiata come situazione lanciatori, ma con tutta l’inerzia del mondo per Boston. Sul monte di lancio di casa c’è Kevin Brown: primo uomo Damon, valida. Con un out e l’esterno in seconda arriva la valida di Ramirez, ma il taglio di Jeter è perfetto per l’out a casa base. Alè, la maledizione del Bambino comincia a fare il suo corso. Invece no, ‘not this time”, non questa volta, come recita uno striscione. E infatti David Ortiz, che diventerà indiscutibilmente l’mvp della serie, piazza il fuoricampo da due punti del vantaggio (2-0). Sul monte dei Red Sox, invece, tocca a Derek Lowe, pitcher che nel corso della stagione è stato accantonato uscendo dalla rotazione, per poi rientrarci, visto l’infortunio di Schilling, solo in garaquattro di questa finale. E’ l’occasione della sua vita e si vede subito che il lanciatore non vuole farsela scappare: out Jeter, out Rodriguez, out Sheffield. E sarà solo l’inizio. Torna nel box Boston, che riempie le basi. Per Joe Torre è troppo: fuori Brown, dentro Javier Vazquez. Tocca a Johnny Damon, 5/31 nella serie e già out a casa base al primo inning. Primo lancio e clamoroso grande slam: 6-0. Il miglior assist per Lowe, che infila sei inning strepitosi, con un solo punto subito e ben 14 eliminazioni su rimbalzanti in diamante. Nel frattempo, però, Damon torna nel box con un corridore in base. Primo lancio, homer chilometrico: 8-1 (ironia della sorte, nella storia solo Berra e Giambi, due Bronx Bombers, avevano battuto due fuoricampo in una garasette). Lo Yankee Stadium è ammutolito e non sa più in cosa credere. Un aiutino lo dà il manager di Boston, Terry Francona, che al 7° preferisce mandare sul monte Pedro Martinez. Stanco e con tanti incubi alle spalle in quello stadio, il pitcher subisce il doppio di Matsui, il singolo di Williams (8-2) e quello di Lofton (8-3). Al volte ritornano? ‘Not this time”, perchè la linea di Cairo finisce nel guanto di Nixon all’esterno destro, non lontano dal muro. ‘Not this time”, perché i Red Sox segnano ancora un punto all’8° (9-3) e un punto al 9° (10-3). ‘Not this time”, perché prima Mike Timlin e poi Allan Embree per l’ultimo out, completano l’opera e chiudono la porta in faccia agli Yankees (un solo dato: dopo i fuochi d’artificio delle prime tre partite, la coppia Rodriguez-Sheffield ha battuto 3/34, cioè 088!, nelle ultime quattro).
E’ fatta, il miracolo è compiuto. Nel baseball non era mai successo, nel basket non è mai successo, solo nell’hockey, nel lontano 1975 e nel lontanissimo 1942 Islanders e Meaple Leafs erano risaliti da 0-3 a 4-3. Incredibile, ma vero: sabato notte per Boston sarà tempo di World Series, che si apriranno proprio a Fenway Park. Contro la vincente della National League, che sia St.Louis o Houston, contro una maledizione che dura inesorabilmente dal 1918. Ma adesso con una sola parola d’ordine: ‘Not this time”. Non questa volta.

Informazioni su Andrea Perari 170 Articoli
Andrea Perari, 57 anni, è nato a Perugia ma vive a Rimini dal 1977. Sposato con Nicoletta e papà di Filippo, lavora come vice-capo servizio della redazione sportiva del "Corriere Romagna". Ha collaborato anche con "Superbasket", come corrispondente riminese per partite e interviste. La sua carriera nasce però dal batti e corri. Nel 1986, infatti, fresco di maturità scientifica, si occupa della pagina settimanale de "Il Fo" sull'allora Trevi Rimini. Nello stesso anno comincia l'avventura radiofonica, la sua vera passione, con trasmissioni settimanali sul baseball e soprattutto con le radiocronache delle partite interne ed esterne. Nel 1987 sbarca in Romagna la "Gazzetta di Rimini" e da collaboratore esterno per il baseball, Andrea finisce per essere assunto nel 1990 e diventare giornalista professionista nel maggio del 1992. Da allora ha sempre seguito in prima persona il baseball romagnolo per la Gazzetta (fino al fallimento del '93) e per il "Corriere di Rimini" dal 1993 ad oggi. Ha collaborato con "Tutto Baseball", "Baseball International", "Baseball & Softball", "Radio San Marino", "Radio Rimini" e nel 1999 con "Radio Icaro", riportando dopo tanti anni, con l'inseparabile collega e amico Carlo Ravegnani, le dirette radio dei Pirati in occasione della finali scudetto giocate a Nettuno dalla Semenzato. Super (a dir poco) appassionato di baseball americano, ama trascorrere le vacanze negli States o in Canada e ha già all'attivo una ventina di partite viste dal vivo a Toronto, Montreal, New York, Boston, Miami, Tampa Bay, Chicago, Los Angeles, San Diego, San Francisco e Oakland. Ha partecipato per anni al Fantasy Baseball della Cdm con ottimi risultati e...dollari guadagnati, e tra i sogni nel cassetto c'è quello di commentare su tv locali o nazionali le partite delle Major League.

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