Io, amico persino degli arbitri

Si conclude il viaggio tra le categorie 'disagiate' del baseball. E inizia quello verso Cuba

Sono solo in una camera d'albergo. Status abbastanza normale per un cronista itinerante, ma ottimo inizio per un diario. Quindi, fate finta che non sia abituale e immaginatevi la scena di questo umile scribacchino che vuole consegnare al mondo i suoi pensieri baseballistici. La lettura del diario ne trarrà giovamento.

Inizio scusandomi con la mia amica degli 'sms', che mi aveva pregato di farle gli auguri di compleanno (ma quanti saranno, anche se a una signora non si chiede) attraverso la rubrica. Visto che me lo ha chiesto una settimana fa o forse di più, in realtà gli auguri non avrebbero significato. Ma ogni promessa è debito.
Il mio amico degli 'sms' invece mi ha dato una brutta delusione. Per una volta, gli avevo chiesto io di mandarmi un messaggio (contenente i risultati della giornata di calcio, per la cronaca). Ebbene: si è dimenticato. Le prossime consulenze che mi chiede giuro che gliele fatturo.

Dopo essermi definito amico degli oriundi e anche degli olandesi, credo sia ora che io confessi di essere persino amico degli arbitri.
Queste tre sono le categorie che, secondo l'esponente medio del baseball italiano, non possono sbagliare. Perchè se lo fanno, vuol dire che sono in mala fede.
Specie al riguardo degli arbitri, sono spettacolari i giocatori (tutti: italiani, stranieri e anche gli oriundi, che nonostante i miei sforzi restano una categoria “intermedia”) e i manager. L'arbitro capo di una partita di baseball prenderà 300 decisioni a sera, ma è sicuramente in malafede se ne sbaglia una, chiamando ball una palla strike o viceversa, cosa che difficilmente può influenzare l'andamento di una gara. Un giocatore che nello stesso tempo prende una sola decisione (esempio: un bel pick off in prima) ha molte più probabilità di far perdere la sua squadra (ad esempio se sbaglia il tiro e porta il corridore in terza) ma certamente avrà più scusanti. Per non parlare di un manager, che magari mette in campo il suo rilievo migliore in svantaggio e per 2 giorni consecutivi e ha il coraggio di dare la colpa di un paio di sconfitte al signore in blu.
Sia chiaro, non è che gli arbitri siano immuni da colpe, ma proprio non riusciamo a valutare il loro operato con lo stesso metro con cui si valuta quello dei giocatori e degli allenatori?

Parliamo un po' di 'oriundi', che ho voglia di farmi dire qualche cattiveria.
Leggendo il forum ho letto strepitose classificazioni. Ci sono gli oriundi che “non si sa se ci sono l'anno prossimo', quelli che “sono venuti da giovani e quindi meritano di più di andare in nazionale”, quelli che “io lo so che ci tengono alla nazionale” e quelli che “ci vanno solo per i soldi tanto non hanno un cavolo da fare”.
Io credo che non si comprenda bene la portata di questi ragionamenti. Trovo brutto differenziare le persone così, è proprio alieno alla mia natura. Ma non sarò troppo severo. Voglio chiedere solo: e chi stabilisce le regole? Quanto tempo un oriundo deve giocare in Italia per essere considerato uno di noi? Cosa vuol dire 'fare la differenza'?

Domani mattina mi imbarco con gli azzurri per l'Avana.
Non ci crederete, ma per me si prepara un periodo di stress. Oddio, so che se lavorassi in una miniera belga patirei più stress (e i miei figli, se volessero giocare a baseball in Italia, sarebbero oltretutto oriundi) ma cercate di capirmi: da un lato, sono un membro del gruppo. Dall'altro, devo scrivere le cronache del Mondiale ed essere obbiettivo. Io so di essere in grado di lavorare distaccato, ma sono preoccupato per i vari filibertipittini che son lì, pronti a cogliere un accento 'grave' scritto al posto di uno 'acuto', pronti a ravvisare i segni della decadenza del baseball italiano in quello che scrivo. Lasciatemeli tranquillizzare: io sono solo un cronista di baseball. Per Satana, bussate ad un'altra porta.

Informazioni su Riccardo Schiroli 1199 Articoli
Nato nel 1963, Riccardo Schiroli è giornalista professionista dal 2000. E' nato a Parma, dove tutt'ora vive, da un padre originario di Nettuno. Con questa premessa, non poteva che avvicinarsi alla professione che attraverso il baseball. Dal 1984 inizia a collaborare a Radio Emilia di Parma, poi passa alla neonata Onda Emilia. Cresce assieme alla radio, della quale diventa responsabile dei servizi sportivi 5 anni dopo e dei servizi giornalistici nel 1994. Collabora a Tuttobaseball, alla Gazzetta di Parma e a La Tribuna di Parma. Nel 1996 diventa redattore capo del TG di Teleducato e nel 2000 viene incaricato di fondare la televisione gemella a Piacenza. Durante la presentazione del campionato di baseball 2000 a Milano, incontra Alessandro Labanti e scopre le potenzialità del web. Inizia di lì a poco la travolgente avventura di Baseball.it. Inizia anche una collaborazione con la rivista Baseball America. Nell'autunno del 2001 conosce Riccardo Fraccari, futuro presidente della FIBS. Nel gennaio del 2002 è chiamato a far parte, assieme a Maurizio Caldarelli, dell'Ufficio Stampa FIBS. Inizia un'avventura che si concluderà nel 2016 e che lo porterà a ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione FIBS e di presidente della Commissione Media della Confederazione Europea (CEB). Ha collaborato alle telecronache di baseball e softball di Rai Sport dal 2010 al 2016. Per la FIBS ha coordinato la pubblicazione di ‘Un Diamante Azzurro’, libro sulla storia del baseball e del softball in Italia, l’instant book sul Mondiale 2009, la pubblicazione sui 10 anni dell’Accademia di Tirrenia e la biografia di Bruno Beneck a 100 anni dalla nascita. Dopo essere stato consulente dal 2009 al 2013 della Federazione Internazionale Baseball (IBAF), dal giugno 2017 è parte del Dipartimento Media della Confederazione Mondiale Baseball Softball (WBSC). Per IBAF e WBSC ha curato le due edizioni (2011, 2018) di "The Game We Love", la storia del baseball e del softball internazionali.

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