"La Sicilia può tornare presto in alto"

Con un occhio al recente passato e soprattutto al futuro, Antonio Consiglio, presidente della Franchigia Siciliana, fa il punto della situazione puntando su aggregazione, azionariato popolare ed un campionato allargato. Con il supporto di una Lega

Presidente Consiglio, un'autentica bufera si è abbattuta all'inizio dell'anno sul baseball siciliano: prima la rinuncia alla IBL, poi il forfait alla serie A federale. Ma cosa è successo esattamente?

Sono state scelte difficili e travagliate. L'atavico problema del campo a norma e soprattutto la mancanza dell'impianto d'illuminazione hanno inciso in modo determinante. In un progetto come quello del campionato a franchigie, è impensabile sradicarsi dal proprio territorio perché si disperdono energie, risorse, pubblico, potenziali sponsor etc. In altre parole, si perdono interesse e attrattività. La mancanza poi di un main sponsor, il taglio dei contributi pubblici, una compagine societaria ancora da consolidare per potersi esprimere a certi livelli, hanno fatto il resto. Oggi ritengo sia stata una scelta sana e responsabile, seppur amara, che abbiamo cercato con tutte le forze di scongiurare fino all'ultimo. A proposito della rinuncia al campionato di serie A Federale: dopo un'attenta analisi, pur con qualche incomprensione anche al nostro interno, abbiamo visto che era altrettanto difficile e oneroso come la IBL. Ecco perché si è deciso di dare forfait anche alla Serie A.

Qual è stato, a suo avviso, l'errore più grosso (se di errore si può parlare) che è stato commesso e che ha portato a questa situazione?

E' una bella domanda a cui bisogna rispondere con attenzione e dovizia di particolari. Maradona diceva che i rigori li sbagliano coloro i quali hanno il coraggio di tirarli. Inizio dal campo di gioco: non credo affatto che siano stati commessi degli errori, tutt'altro. Cosa chiedere di più a coloro che si sono impegnati a realizzare un campo regolamentare privato, sottolineo privato? Il Warriors Field non può che essere un vanto per tutto il movimento e il fatto che manchi qualcosa, in particolare le luci, non può certo essere considerata una colpa, anzi direi che il terreno di gioco e la location sono assolutamente all'altezza dei migliori impianti. Gli semmai errori vanno ricercati nell'assenza di una classe politica e istituzionale che, dopo 40 anni e nonostante un solido movimento e risultati di assoluto prestigio, non è riuscita a dotare la provincia di Catania di uno stadio di baseball a norma. Certo, con spirito autocritico, bisogna anche ammettere che in tutti questi anni la classe dirigente del baseball e softball, ancor oggi esigua e non adeguatamente professionalizzata, non è stata in grado di relazionarsi al punto tale da poter interloquire con le istituzioni. Oggi uno dei problemi che in particolare vive il movimento siciliano è che in giro ci sono pochi dirigenti, e per tali intendo coloro i quali hanno fatto una vera e propria scelta di campo nel volersi dedicare esclusivamente alla gestione e all'organizzazione delle società. All'interno dei club ci sono ancora, ahimè, poche persone e queste fanno tutto di tutto, quando invece di replicarsi bisognerebbe duplicarsi. Quindi tante persone che fanno poche cose ciascuno. Occorre lavorare in quantità sui settori giovanili. Non scopriamo certo l'acqua calda nell'individuare un potenziale serbatoio importante e qualificato nei genitori dei bambini che frequentano le nostre discipline. Questi potranno essere i dirigenti di domani, così come tifosi, volontari, classificatori, arbitri etc. A proposito sempre degli errori direi che, nonostante gli sforzi, evidentemente non sufficienti, non si è concretizzato il processo di identificazione con la franchigia siciliana. A un certo punto, aldilà dei presupposti iniziali, e ricordo che esiste un accordo quadro del gennaio 2009 sottoscritto da ben 13 società, è sembrato quasi che fosse il percorso e il progetto di uno o di un numero ristretto di soggetti, dunque piuttosto che un consorzio quasi una ditta individuale. Probabilmente, e lo dico con quello spirito autocritico che da sempre mi contraddistingue, c'è stata qualche mancanza: evidentemente non siamo stati bravi nel far capire che era ed è tuttora il progetto di tutto un movimento. Ma è altrettanto vero che forse fisiologicamente magari non tutti erano pronti a interpretare il percorso nella maniera più coerente e funzionale al progetto stesso, così come ritengo che siano ancora molto radicati i sensi di appartenenza e che rappresentano un ostacolo. Ancora, il fatto di non aver concretizzato una partnership con il Cus Messina è inevitabile che abbia creato dei contraccolpi. Il dialogo è ancora aperto, basti anche pensare che quest'anno 4 nostri atleti hanno fanno parte della formazione messinese che ha partecipato al campionato di serie A Federale e mi auguro veramente che possano realizzarsi progetti sviluppi futuri insieme. Infine, si è fatto un grave errore nel considerare il campionato a franchigie la panacea di tutti i mali, quel qualcosa che doveva risolvere tutti i nostri problemi, da quello organizzativo a quello soprattutto economico. Su questo punto voglio soffermarmi. Il campionato a franchigie è per il nostro sport uno strumento utile e vincente, certamente da svezzare e far crescere. Solo per citare alcuni punti di forza, il fatto di radicarsi sul territorio con una presenza tecnica ai massimi livelli del baseball italiano, di sviluppare il cosiddetto farm-system, di poter pianificare e organizzare un percorso di medio-lungo termine, la mancanza di retrocessioni, sono da considerarsi fattori determinanti e irrinunciabili. Per qualcuno tutto questo può sembrare poco, soprattutto se rapportato alla questione economica. Certo, non sono arrivati i soldi della Major League e/o da qualsiasi altra struttura e/o organizzazione, e onestamente non so se mai arriveranno. Dirò di più, non ho mai tenuto personalmente in considerazione tali ipotesi. Vorrei fare ulteriori considerazioni: molti hanno probabilmente trascurato o messo in secondo piano il fatto che lo sport ad alto livello, a mio avviso qualunque sia la formula a franchigie o tradizionale, deve tenere conto di una componente economico-finanziaria che è determinante. Con il campionato a franchigie si richiedono organizzazione, infrastrutture, valori tecnico-agonistici ma si richiede soprattutto una soglia di tranquillità economica che devi essere in grado di garantire. Nel progetto Franchigia Siciliana, proprio a tutela degli aspetti economico-finanziari, si dovevano creare economie di scala, presupposti di mutualità, aggregazioni di risorse, oltre che umane, economiche, maggiori opportunità nella ricerca di sponsor, e quant'altro. Tutto questo non si è purtroppo realizzato. Tutto questo non deve essere letto come una critica, me ne guarderei bene. E' solo una mera e semplice constatazione, una valutazione oggettiva dei fatti, che serve anche a chiarire le idee a coloro i quali sono stati alla finestra, hanno criticato e magari hanno avuto un ghigno di soddisfazione nell'apprendere delle nostre rinunce. Oggi siamo probabilmente in quella fase dove, come spesso accade e come recita un vecchio proverbio, le cose le apprezzi di più quando non ce l'hai. Dal primo giorno della mia Presidenza ho lasciato la porta aperta a tutti coloro i quali si fossero fatti avanti per portarci la loro collaborazione. Sappiate che la porta è sempre aperta e continuerò a tenerla aperta.

E oggi quale futuro intravede per il baseball e softball siciliani?

Gli scenari sono presto delineati. La Sicilia è riuscita a mantenere una presenza importante nel campionato di Serie A Federale con il Cus Messina, mentre nel softball siamo rappresentati a livello nazionale dal Polizzi che partecipa alla Serie A2. Come Catania Warriors, abbiamo fatto delle scelte radicali sia societarie che tecniche. Abbiamo rivisto l'organigramma e, dopo aver mandato i nostri atleti a giocare in altre società, abbiamo partecipato al campionato di Serie C con una filosofia ben precisa: aggregare risorse locali, compresi anche i veterani, per renderle partecipi dei nostri progetti presenti e futuri. Vogliamo valorizzare tutti. Il fiore all'occhiello della stagione è stato il ritorno del softball in quel di Catania con la formazione Wild Think. I nostri sforzi si sono concentrati nel riprendere tale attività, di lunga e consolidata tradizione, partecipando al campionato di Serie B, dove abbiamo ottenuti brillanti risultati, anche se gli obiettivi di crescita tecnica sono orientati in un'ottica di medio termine. Infine, ed è la cosa più importante, ci stiamo dedicando con estrema determinazione all'attività giovanile: abbiamo svolto con l'ausilio di nostri tecnici locali, ai quali va il mio più sentito ringraziamento, un importante lavoro presso alcune scuole elementari. Il nostro obiettivo è quello di potenziare il settore giovanile sia di baseball che di softball e sono certo che nei prossimi anni potremo avere risultati più che soddisfacenti.

Secondo lei, quale dovrebbe la strada maestra da seguire affinché la Sicilia possa tornare presto nell'elite del baseball italiano?

Perseguire l'aggregazione, non a parole ma con fatti concreti e soprattutto con precise responsabilità oggettive. Un'aggregazione vera, sincera, scevra da qualsiasi condizionamento e retaggio del passato, anche recente. Occorre innanzitutto trovare un percorso di identificazione comune, anche a costo di ripartire da zero su tutto, anche con un nuovo soggetto, dove tutto il movimento siciliano, e magari non solo, si possa identificare. Se una cosa non la senti tua dall'inizio alla fine, non funziona. Per far ciò bisogna che ci si metta in prima linea tutti, o perlomeno tutti coloro i quali ci credono e hanno voglia di mettersi in gioco; ma non possiamo essere solo in pochi. Successivamente è necessario affrontare la questione economica-finanziaria, decisamente più spinosa e delicata. Intravedo una possibilità attraverso una sorta di azionariato popolare dove un gruppo di persone inserite a pieno organico nel nuovo soggetto, si assumono degli impegni ben precisi nel reperire o apportare risorse finanziarie tali da creare uno zoccolo duro per garantire un'adeguata soglia di tranquillità. Gli aspetti tecnici, strutturali (come il campo da gioco) e organizzativi si potrebbero poi affrontare in modi diversi e comunque risolvibili con il giusto confronto e analisi. Resta comunque la necessità di avere un main sponsor all'altezza della situazione e un insieme di abbinamenti più piccoli. L'esperienza di questi anni, patrimonio senz'altro da salvaguardare e da valorizzare, e soprattutto il buon senso farebbero il resto.

E in questo scenario come si inseriscono le giovani leve? Avete già in mente specifiche iniziative per lanciare il farm-system?

E' fondamentale investire sui giovani. Perché poi arriva un momento in cui ci si rende conto che si è fatto sempre troppo poco. Qualche tempo fa durante una conversazione, Nino Saccà, dirigente del Cus Messina, mi ha fatto riflettere sul fatto che se alle nostre squadre giovanili chiediamo di fare più di 100 chilometri per disputare una partita diventa davvero dura! Questo è un grosso handicap e infatti dovremmo partire proprio da ciò per rinvigorire le attività giovanili a livello locale. Con il sostegno di dirigenti, tecnici e altre risorse, perché l'attività giovanile è una cosa estremamente seria e va affrontata con organizzazione ed impegno. Qualcosa si sta muovendo, vedo iniziative interessanti nelle piazze di Catania, Paternò, Bronte e Randazzo, e mi piacerebbe vedere lo stesso nella Provincia di Messina così come in quella di Palermo. Per non parlare poi delle altre province siciliane che dovrebbero cominciare a esprimere qualcosa di concreto e cito ad esempio l'esperienza di Modica in provincia di Ragusa. Ribadisco che la nostra vision è di puntare sempre più sulle attività scolastiche e sulle attività giovanili in generale per avvicinare tanti giovani, individuare i talenti e investire negli anni all'interno del farm-system.

Fuori dai denti, lei ritiene che a tutt'oggi il modello franchigia sia ancora vincente? Cambierebbe qualcosa eventualmente? O esistono altre soluzioni alternative per far uscire il nostro baseball dall'anonimato?

Credo che ogni progetto che muove i primi passi non può essere considerato perfetto, e poi soprattutto, piaccia o non piaccia, va calato nella nostra realtà aldilà di ciò che recita il vangelo americano. Scusate, anche se può sembrare di parte, ma dove è scritto che si deve giocare per forza di sera? Se esistono delle regole, con il benestare di tutti o comunque con la maggioranza, queste possono essere anche cambiate. Lascerei dunque tale scelta alle società e libererei dall'obbligo quelle squadre, come la nostra, che causa forza maggiore, non dispongono di un impianto di illuminazione. Giocare poi alle 21 è troppo tardi. Anche negli USA stanno anticipando molte partite e sono ridotte al minimo quelle che cominciano tardi. Allargherei poi il campionato a Franchigie a 10-12 squadre: se qualcuno storce il naso, perché pensa che poi ci saranno due campionati in uno per differenza tecnica, dico che già adesso è così. Suvvia, sappiamo che le squadre di fascia bassa fanno un campionato a sé, si danno battaglia due squadre e quando va bene tre al massimo. Con un campionato allargato ci sarebbe più tensione agonistica con almeno 5-6 squadre impegnate e a turno ognuno di questa potrebbe fare da guastafeste alle grandi. Con il campionato a 12 squadre si potrebbero giocare 2 partite settimanali piuttosto che 3, il tutto con notevoli risparmi di costi per tutti. E se proprio non si può rinunciare alle 3 partite, che almeno si giochino su due giorni, e dove non c'è l'illuminazione, sabato pomeriggio, domenica mattina e pomeriggio: arrivo della squadra il sabato mattina, una sola notte di albergo, rientro domenica sera. Ricordiamoci infine che se vogliamo davvero valorizzare i giovani, e non attingere sempre a piene mani da bacini oltre confine, dobbiamo tener conto che queste nostre giovani leve non vivono di baseball e non dobbiamo dare loro l'illusione di poterlo fare. Parecchi di questi giovani, se non tutti, sono anche dei lavoratori o nel migliore dei casi degli studenti, che non possono permettersi di mancare intere giornate da casa o fare sempre le ore piccole per giocare a baseball. Un'ultima indicazione: sarebbe il caso di cominciare seriamente a pensare di costituire la Lega tra le società. Mi rendo conto che è un percorso complesso ed articolato, non voglio assolutamente banalizzarlo tantomeno sottovalutarlo. Solo per fare un esempio a titolo esemplificativo: sarebbe il caso di cominciare a prendere qualche giocatore o allenatore straniero in meno ed investire tali risorse per pagare dei professionisti cui affidare degli incarichi con precisi obiettivi all'interno della Lega. A proposito di possibili alternative per uscire dall'anonimato. Quanto detto può già essere un buon viatico, non credo esistano pozioni magiche o qualcuno che è in grado di far uscire il coniglio dal cilindro, qui si tratta solamente di avere magari coraggio nel cambiare qualcosa, determinazione e tanta voglia di lavorare.

E la Sicilia come dovrebbe organizzarsi?

La Sicilia deve lavorare duro. Deve a mio avviso fare uno scatto in avanti, uno sforzo in più, sia a livello di mentalità che culturale. Se ci mettiamo tutti di buzzo buono, con serenità, umiltà e coraggio, se usciamo dall'individualismo, se riusciremo a valorizzare le risorse locali e se evitiamo inutili antagonismi, ce la possiamo fare. Altrimenti, ci abbiamo provato.

Presidente, ha un sogno nel cassetto?

Certamente, se mi giro intorno, vedo i miei familiari, i miei amici e ciò che mi circonda, tutto è riconducibile al baseball e al softball, ed è così anche per la maggior parte di coloro che fanno parte del movimento. Ti guardi indietro e ti accorgi che sono più o meno quarant'anni che vai dietro ad una pallina. Figurati, poi, pensi anche che c'è qualcuno che lo fa da più tempo di te. Dopo, ti guardi avanti e ti accorgi che si può dare continuità a tutto ciò, perché oggi stai lavorando anche per questo, e allora hai la speranza, che tutti ci auguriamo diventi sempre più consapevolezza, che qualcuno alla fine sarà in grado di raccogliere e portare avanti ciò che sei stato in grado di realizzare. E' il ciclo normale della vita e delle generazioni che si susseguono. Il sogno? Io dico sempre che i sogni ci devono aiutare ma il pragmatismo ci deve accompagnare. A questo punto, visto che siamo in gioco, elencherei almeno quattro desideri. Uno stadio, una solida attività giovanile, il ritorno ai massimi livelli con baseball e softball e che i nostri due sport possano diventare i più seguiti in Sicilia.

Informazioni su Filippo Fantasia 665 Articoli
Nato nel 1964 ad Anzio (Roma) è giornalista pubblicista dal 1987. Grande appassionato di sport USA, e in particolare di baseball e basket, svolge a tempo pieno attività professionale a Milano come Responsabile Ufficio Stampa e Relazioni con i Media italiani e internazionali presso importanti corporate. Nel corso degli anni, ha collaborato con diverse testate nazionali e locali tra cui Il Giornale, La Stampa, Il Resto del Carlino, Tuttosport, Guerin Sportivo, Il Tirreno, Corriere di Rimini, e con testate specializzate come Play-off, Newsport, Sport Usa, Baseball International e Tuttobaseball. In ambito radio-tv ha lavorato per molti anni come commentatore realizzando anche servizi giornalistici per diversi network ed emittenti quali Radio Italia Solo Musica Italiana, Dimensione Suono Network, RDS Roma, Italia Radio e Radio Luna. Ha inoltre condotto programmi e realizzato speciali legati ad importanti avvenimenti sul territorio per alcune televisioni locali. Nel 1998 ha ideato e realizzato il video "Fantastico Nettuno" dedicato alla conquista dello scudetto tricolore della squadra tirrenica di cui è stato per oltre un decennio anche capo ufficio stampa. Significative sono state anche le esperienze professionali negli USA, grazie agli ottimi rapporti instaurati con gli uffici di Media Relations di diversi club (in particolare dei Boston Red Sox) e con le redazioni dei quotidiani Boston Globe e Boston Herald che gli hanno permesso di approfondire i diversi aspetti legati alla comunicazione sui media del baseball professionistico americano. E' stato il primo Responsabile Editoriale di Baseball.it nel 1998, anno di nascita della testata giornalistica online, incarico che ha dovuto momentaneamente abbandonare per impegni professionali, tornando poi in seguito ad assumere il ruolo di Direttore Responsabile. Nell'ottobre del 1997, ha curato il primo “play-by-play” in diretta su Internet del baseball italiano durante le finali nazionali del massimo campionato. Nell'estate del 1998 ha fatto parte del team dell'Ufficio Stampa del Campionato del Mondo di baseball.

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