Rodriguez e Smoak, le voci dei vincitori

Il manager statunitense raggiante: "Abbiamo giocato da grande squadra contro una grande avversaria". L'MVP del mondiale: "Sapevamo che potevamo segnare in qualsiasi momento"

Se ne sta un po' in disparte, guardando i suoi ragazzi che festeggiano la vittoria. Eddie Rodriguez, manager degli Usa, mastica l'ennesimo chewing gum di un pomeriggio vissuto "pericolosamente", molto di più di quanto non suggerisca il punteggio di 10 a 5 con il quale gli Usa hanno affondato Cuba. "Aspetto che finiscano di festeggiare, in fondo sono loro che sono andati in campo. E' stata una partita dura, loro sono una grande squadra, lo avevamo capito già giovedì sera quando li abbiamo incontrati e battuti per la prima volta". Tra un abbraccio e l'altro, ci confessa che in quel periodo di pausa dell'attacco dopo il terzo punto ha avuto un po' di timore. "Il lanciatore aveva ricominciato a lanciare alla grande, e non riuscivamo ad avere buoni contatti. Ma i ragazzi non si sono scomposti e hanno ricominciato a battere come hanno fatto sino a quel momento del torneo. Ci hanno creduto sempre, anche quando hanno pareggiato". Il fuoricampo di Borrero poteva spostare l'inerzia del match dalla parte di Cuba, ma non è andata così. "Hanno sempre creduto di poter vincere, è da ieri che li ho visti molto carichi e convinti, non avevo dubbi che sarebbe andata a finire così".

Una vittoria che anche negli Usa è stata accolta con entusiasmo, a quanto sembra. "La partita è stata trasmessa in tv e so che i nostri incontri hanno avuto un buon seguito, buon segno. Tutti questi giocatori d'altro canto hanno buonissime possibilità di emergere nelle Major, oggi hanno anche dimostrato di giocare come una grande squadra".

Si gode il suo premio, forse frastornato da tanta celebrità arrivata tutta in un momento. Justin Smoak, Mvp del mondiale, ha la classica faccia da bravo ragazzo americano, ma in campo ha dimostrato che forse allo Steno Borghese si è visto all'opera un futuro fuoriclasse. Come tanti altri giocatori del team Usa. "Questo premio è molto importante, ovviamente sono contento che a vincerlo sia stato io, ma quello che era maggiormente importante era vincere come squadra, giocando una grandissima partita". Anche Smoak ci fa capire come la partita sia stata veramente dura. "C'è stata una frazione di partita in cui il lanciatore partente di Cuba ci ha messo in serissima difficoltà, ma avevamo la consapevolezza che potevamo risolvere la partita in qualsiasi momento. Infatti abbiamo segnato sei punti con una situazione di due eliminati". Un premio di Mvp che potrebbe aiutarti per la tua carriera? "Lo spero, è splendido che sia accaduto a me. Ho firmato con i Rangers, adesso milito nel AAA e vediamo il prossimo anno". Un commento sul livello del mondiale? "Squadre molto forti, poi non è che posso fare paragoni. Se è da doppio o triplo A, è baseball".

Dalla parte cubana nessuno parla, volti scuri da tutta la squadra e il manager che ci rimanda ad una conferenza stampa a dir poco ipotetica. Così, parlando della splendida cornice del pubblico (seimila spettatori almeno, tribune piene quasi per intero allo Steno Borghese) con un giocatore americano, questi ci ha chiesto perché in un momento della partita si sono sentiti due distinti boati, senza che in campo fosse successo niente di significativo. Gli abbiamo spiegato che probabilmente si riferiva al momento del pareggio della Lazio prima, e della Roma poi. "Oh, soccer… Great!".

Informazioni su Mauro Cugola 546 Articoli
Nato tre giorni prima del Natale del 1975, Mauro è laureato in Economia alla "Sapienza" di Roma, ma si fa chiamare "dottore" solo da chi gli sta realmente antipatico... Oltre a una lunga carriera giornalistica a livello locale e nazionale iniziata nel 1993, è anche un appassionato di sport "minori" come il rugby (ha giocato per tanti anni in serie C), lo slow pitch che pratica quando il tempo glielo permette, la corsa e il ciclismo. Cosa pensa del baseball ? "È una magica verità cosmica", come diceva Susan Sarandon, "ma con gli occhiali secondo me si arbitra male". La prima partita l'ha vista a quattro mesi di vita dalla carrozzina al vecchio stadio di Nettuno. Era la primavera del '76. E' cresciuto praticamente dentro il vecchio "Comunale" e, come ogni nettunese vero, il baseball ce l'ha nel sangue.

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