Stimac: un ricordo…

Anedotti non da giornalista, ma da amico…

Se Gary Alexander, nell'inverno del 1984, non avesse rifiutato all'ultimo momento di venire a giocare a Grosseto, il baseball italiano non avrebbe conosciuto Craig Steven Stimac. Io non lo avrei conosciuto ed oggi non sarei al computer a ricordare questo coetaneo (era nato il 18 novembre 1954) con un groppo in gola.

Non scrivo infatti solo di un giocatore, ma di un amico. Non uno dei tantissimi campioni che ho avuto il piacere di conoscere, ma uno diverso che si amava o si odiava per i suoi comportamenti, per le sue idee, per le sue passioni. Certamente tra gli stranieri è sul podio degli affetti con Olsen e Homs.

Ho un'infinità di ricordi che mi si accavallano nella testa, vorrei riuscire a farvi partecipi di qualcuno: il mio modo per ricordarlo…

Arrivò a Grosseto con due grandissimi giocatori, Chappas e Pate. Dopo le prime partite feci dei sondaggi sulle tribune dello Jannella per sentire chi dei tre fosse ritenuto dai tifosi il più forte. La prima volta vinse Chappas che godeva di maggiore fama e carriera (4 anni in "Major"), poi prevalse Pate, ma dopo un po' di giornate di campionato fu acclamato Stimac. D'altra parte le statistiche del numero "23" erano impressionanti. Nel 1984 vinse subito la media battuta con 436, quella dei punti battuti a casa con 74 e realizzò 23 fuoricampo (secondo dietro a Funderburk), sfiorando la tripla corona (da non dimenticare primo in media bombardieri con 855). Nel 1985 e 1986 ancora medie battuta sui 400 e nel 1985 il record ancora imbattuto di valide in una stagione nel Grosseto: 118.

In difesa da catcher ci ha fatto vedere ottime prestazioni e tanto coraggio negli scontri a casa. Con i lanciatori non tutto filava liscio, ma complessivamente si trovavano bene.

Era un chiacchierone ed aveva sempre da dire qualcosa agli arbitri ed ai battitori. Ricordo ancora Giampiero Faraone che dopo una partita di semifinale del 1986 con il Nettuno mi disse che non gli era mai capitato di incrociare uno così rompiscatole capace di far andare in crisi alcuni battitori.

In partita dava tutto e se si accorgeva che qualcuno non faceva altrettanto non glielo mandava a dire. Era quasi sempre l'ultimo ad uscire dal campo sempre con due borsoni enormi e lo vedo ancora adesso come se fosse un'immagine di oggi…

Quando lo salutai a settembre a Rimini nel 1984, gli chiesi se sarebbe tornato, mi rispose che me lo avrebbe detto a gennaio, ma che era probabile. Mi telefonò una mattina che ero in ufficio a Torino e mi disse: torno e faccio anche l'allenatore. Non risposi subito, ma presi tempo perché la mia risposta fu: "Sono felice, ma solo per metà, in quanto mi fa molto piacere che tu torni, però non condivido il fatto che farai l'allenatore-giocatore: ti rovinerai il rapporto con alcuni compagni, forse con il pubblico e forse renderai meno in campo". Su una scelta da me non condivisa (ma da tantissimi altri, a partire dal giocatore coinvolto) abbiamo discusso sulla porta dell'albergo San Marco di Parma per mezzora il sabato notte (compresi i giocatori sul pullman). Cosa? Aveva messo Gianmario Costa in seconda…

Alla mia domanda ripetuta in più occasioni del perché non lasciasse passare mai uno strike visto che in Italia non c'erano molti lanciatori di rilievo di alta qualità e che quindi avrebbe potuto prendere anche qualche base ball in più, la sua risposta fu sempre che lui era pagato per battere, altri avrebbero dovuto avere più pazienza nel box. Solo nella semifinale con il Nettuno e la finale con il Rimini nel 1986 contraddisse questa sua volontà, quando fu costretto a giocare con un dito del piede rotto ed allora puntò a qualche base, fece qualche bunt a sorpresa e in una partita ci regalò tre fuoricampo, record ancora imbattuto.

Dopo le incomprensioni dell'anno da allenatore sulle quali, purtroppo, ero stato facile profeta, arrivarono anche i rapporti difficili con l'allenatore Luciani. Ricordo che l'anno prima nella pizzeria Napoleone di Bologna, Craig si avventò contro Vic per quanto era successo in campo: non si toccarono per l'intervento degli altri, ma quando si ritrovarono nella stessa squadra il rapporto fu difficile. Andavano poco d'accordo ma, con le vittorie, si nascondeva un po' tutto. Però già a metà stagione Stimac cominciò a cercare una nuova squadra. Gli feci un'intervista per il mensile "Baseball International" la mattina prima del settimo incontro con il Rimini. Mi confermò che sarebbe andato via ma mi disse anche che sarebbe andato via con lo scudetto. E quel pomeriggio anche lui dette il suo contributo come sempre, anche chiamando il pick off a Cretis in prima con cui si concluse la partita.

Anche a San Marino ha dato un grande contributo. Non aveva il carattere per fare l'allenatore e non è riuscito a farlo.

L'ultimo ricordo è una sua apparizione in tv come commentatore di una partita e la telefonata alla fine nella quale mi disse: "Sono stato forte, vero?". Ed io non potevo che dirgli di sì, non avevo voglia di mettermi a discutere di nuovo perché non si poteva criticarlo senza discutere…

Ciao Craig

Informazioni su Fabrizio Masini 59 Articoli
Fabrizio Masini è nato a Grosseto, ma ha vissuto a Milano per oltre ormai 25 anni. Ha seguito il baseball come hobby per Il Tirreno e Radio Rbc Grosseto (prima radiocronaca nel 1978, per alcuni anni in coppia con il figlio Federico). I primi articoli risalgono al 1971. Ha seguito i 4 Mondiali in Italia, vari Europei (dal vivo gli ultimi due vinti a Parigi e soprattutto a Stoccarda nell'estate 2010), il World Baseball Classic del 2006 in Florida e tutti i campionati per oltre 40 anni. Ha commentato gli avvenimenti più importanti avvenuti in Italia per la Rai, TMC, Radio Rai e due tv private grossetane anche con Everardo Dalla Noce e Giancarlo Mangini. Fabrizio Masini è scomparso prematuramente a Milano il 29 ottobre 2012.

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